sabato 28 maggio 2011

CIBERNIX - Frustrazione ciibernetica

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I MISTERI DEI CODICI Post n°221 pubblicato il 28 Maggio 2011 da BROWSERIK Tag: codici indecifrati, storia La storia è ricca di segreti: messaggi cifrati, lettere indecifrabili, codici nascosti. Alcuni sono stati risolti, altri attendono ancora di essere compresi. Nonostante la potenza dei moderni computer, infatti, l’abilità degli uomini può essere così sofisticata da mettere in difficoltà anche le macchine più potenti. Ecco, su New Scientist, una carrellata degli otto codici ancora in attesa di soluzione: dal messaggio cifrato nascosto in un libro di poesia persiano alla lettera di un musicista inglese a un’amica. Primo mistero: un assassinio poetico Nel 1948, il cadavere di un uomo fu trovato sulla spiaggia di Somerton, in Australia. Nonostante l’autopsia parlasse di avvelenamento, nessuna sostanza tossica gli fu trovata in corpo. Le analisi delle impronte digitali e dei denti non portarono a nulla, lasciando l’identità dell’uomo avvolta nel mistero. Poi ci fu il colpo di scena: in una tasca nascosta dei suoi pantaloni, la polizia trovò un pezzo di carta con su scritto “ Tamam Shud”, che in persiano vuol dire “ finito”. Pochi giorni dopo questa scoperta, un uomo che aveva parcheggiato l’auto vicino al luogo dell’omicidio si ritrovò nella macchina una copia del libro del poeta persiano Omar Khayyam “ The Rubaiyat”. L’ultima pagina aveva un pezzo strappato che combaciava con quello trovato nei pantaloni del cadavere. In più, dietro il libro c’era un codice, forse l’unico indizio capace di svelare il mistero. Per cercare di risolverlo, Derek Abbott, dell’ Università di Adelaide, sta utilizzando un software in grado di risalire al tipo di tecnica crittografica. Sino ad ora ne ha escluse 20, e continua a non pensare che il messaggio sia privo di senso. “ La frequenza con cui appaiono le lettere dimostra che il codice ha una struttura e un contenuto informativo”, ha detto Abbott a New Scientist. La sua teoria, invece, è che il codice sia composto dalle prime lettere delle parole inglesi. Secondo mistero: un tesoro nascosto Nel 1885, James B. Ward pubblicò il libro “ The Beale Papers”. Nelle pagine erano riportati tre messaggi in codice, la cui soluzione avrebbe portato alla scoperta del ricco tesoro di Beale, nascosto da qualche parte in Virginia. Secondo lo scrittore, l’eponimo Beale, prima di scomparire nel nulla, avrebbe lasciato un cofanetto con i tre messaggi in codice nelle mani di un oste, che l’avrebbe poi passato a un amico. Questo riuscì a risolvere il primo codice, formato dai numeri corrispondenti alle prime lettere delle parole scritte nella Dichiarazione d’Indipendenza degli Stati Uniti. Nel 1980, il crittografo Jim Gillogly utilizzò un computer per risolvere gli altri due, ma non riuscì a venire a capo della questione. Anzi, riscontrò nei codici numerose anomalie, tanto da dichiarare di esser quasi certo si tratti di una beffa. Terzo mistero: il codice del Mit Per celebrare il 35esimo anniversario del Massachusetts Institute of Technology, Ron Rivest, l’inventore degli algoritmi Rsa (uno dei metodi più efficaci per crittografare le comunicazioni online), ha lasciato una scatola nei sotterranei dell’Istituto. Per scoprire cosa contiene, però, bisogna risolvere un codice da 616 numeri. Per decifrarlo, bisogna prima affrontare un problema: dividere un numero da oltre 7,2 biliardi di cifre per un numero da 600 cifre. Il risultato, anch’esso un numero, deve essere convertito in una forma binaria (cioè in una serie di uno e zero) e comparato con una versione binaria dei 616 numeri originari. Ogniqualvolta gli uno e gli zero delle due stringhe si sovrappongono, il risultato è uno zero, altrimenti un uno. A questo punto il gioco è fatto (si fa per dire): basta convertire i numeri in alfabeto. Secondo Rivest, il problema iniziale è così complesso che nessun supercomputer riuscirà a risolverlo in meno di 35 anni. Almeno che non si trovi una scorciatoia. Perché il numero da 600 cifre è in realtà il prodotto di due numeri primi. Scoperti questi, il mistero si potrebbe risolvere molto più velocemente. Ma, naturalmente, la scorciatoia non è così facile da percorrere. E forse ci vorranno più di 35 anni per aprire la scatola. “ La potenza dei calcolatori non sta aumentando così velocemente come predetto”, ha detto Rivest a New Scientist. Quarto mistero: la scultura del mistero Davanti al quartier generale della US Central Intelligence Agency, c’è una scultura che è anche un mistero. Commissionata nel 1990 all’artista James Sanborn (che ha seguito lezioni sulla crittografia da agenti della Cia), Kryptos ha sopra scritto un codice da 1.735 lettere diviso in 4 sezioni. Le prime 3 sono state risolte, manca l’ultima, senza la quale non è possibile svelare il mistero. Perché Kryptos è una sorta di scatola cinese, dove la verità si scopre solo alla fine. Le prime due sezioni sono state costruite usando una versione modificata del C ifrario di Vigenère, dove le lettere dell’alfabeto sono arrangiate in una griglia chiamata “ tabula recta”. Ogni lettera nel messaggio poteva essere codificata usando una delle 26 colonne della griglia. La risoluzione della prima sezione rivelò il messaggio “ Tra l’ombra sottile e la totale oscurità c’è la sfumatura dell’illusione”. Dalla seconda sezione, invece, arrivò la frase “ A Langley lo sanno? Dovrebbero: è seppellito lì da qualche parte”, che faceva riferimento alla misteriosa sepoltura di un oggetto segreto. La terza, infine, è un passaggio del diario dell'archeologo Howard Carter, in cui racconta dell’apertura di una porta nella tomba del re Tutankhamon. Manca all’appello la quarta sezione. Per cercare di semplificare le cose, lo stesso Sanborn ha dato un indizio codificando 6 delle lettere: Berlin. “ E’ da molto tempo che ci si prova, la gente ha bisogno di incoraggiamento”, ha detto l’artista. Quinto mistero: il libro medievale Il Voynich manuscript è un libro medievale pieno di illustrazioni di piante medicinali, diagrammi astrologici, disegni di ninfe nude e indecifrabili scritti. Fu scoperto nel 1912 in un monastero italiano e probabilmente apparteneva all’Imperatore del Sacro Romano Impero Rudolph II di Boemia. Nonostante alcune ricerche ne avessero provato l’attendibilità (nel senso che la lunghezza delle parole e la combinazione dei simboli usati negli scritti segreti sembravano imitare il linguaggio reale), nel 2004 il linguista Gordon Rugg dell’ Università di Keele, in Gran Bretagna, ha pubblicato uno studio in cui affermava che il manoscritto era una bufala. Scherzo o non scherzo, il libro è comunque antico: analisi con radiocarbonio hanno provato che risale al 15esimo secolo. Sesto mistero: crittografia in musica Edward Elgar non era solo un musicista inglese, ma un crittografo. La sua melodia Enigma Variations è complementare a una famosa melodia scritta da un altro compositore, di cui Edward non ha mai rivelato il nome. Ma i suoi giochetti non finiscono qui. Nel 1897, infatti, scrisse una lettera in codice alla sua amica Dorabella Penny, che la pubblicò 40 anni dopo ammettendo di non essere riuscita a decifrarla. La lettera era composta da 87 caratteri e conteneva 24 simboli scarabocchiati sparsi su 3 righe. Probabilmente si tratta di un semplice codice in cui ogni simbolo equivale a una lettera, ma sino ad oggi nessun tentativo di decifrarlo in questo modo è andato a buon fine. Tanto che nel 2007, la Elgar Society ha organizzato una competizione per premiare chi risolvesse il codice. Ma nessuno c’è ancora riuscito. Settimo mistero: la macchina dell’Enigma Nella Seconda Guerra Mondiale, dalla crittografia scritta si passò a quella “ computerizzata”. Una delle prime macchine capaci di trasformare un testo leggibile in un messaggio in codice fu l’ Enigma machine, utilizzata per la prima volta dalla marina tedesca nel 1926. La macchina usava tre o quattro rotori meccanici per “mescolare” i circuiti elettrici che assegnavano un codice alle lettere da cifrare. Grazie all’aiuto del matematico britannico Alan Turing e ai computer chiamati Bombes, gli Alleati riuscirono a decifrare molti dei messaggi tedeschi. Altri, invece, sono ancora oggi un mistero. Nel 2006, il crittografo amatoriale Stephen Krah ha avviato il progetto HYPERLINK, con cui ha reclutato centinaia di computer in tutto il mondo per risolvere i messaggi ancora irrisolti. Ottavo mistero: il killer dello zodiaco Dal dicembre del 1968 all’ottobre del 1969, un serial killer che si faceva chiamare “ Zodiaco” uccise almeno sette persone a San Francisco. Per sbeffeggiare la polizia, mandava messaggi in codice la cui risoluzione, diceva, avrebbe svelato la sua identità. I primi tre codici contenevano simboli al posto delle lettere. Quando furono risolti (confidando che i messaggi contenessero le parole “ uccidere” o “ omicidio”), il testo che ne uscì parlava del piacere che il killer provava nell’uccidere le sue vittime, ma nessun indizio sull’identità. Nel 1969, lo Zodiaco mandò un nuovo codice da 340 caratteri, diverso dai precedenti e mai risolto. Ci provò, nel 2009, Ryan Garlick dell’ Università del North Texas, in Usa, usando un cosiddetto algoritmo genetico. Il metodo prevedeva di generare possibili combinazioni tra simboli e lettere dell’alfabeto. Poi si studiavano quali combinazioni di simboli corrispondessero alle parole più comuni in inglese. Le combinazioni migliori venivano quindi scelte e sottoposte a ulteriori combinazioni. Nonostante questo metodo abbia permesso di risolvere i primi messaggi, non è stato risolutivo per quello del 1969.

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Franklin Feel The Sound Hotel, albergo con colonna sonora - Wired.it

Franklin Feel The Sound Hotel, albergo con colonna sonora

A due passi dal centro di Roma, nel quartiere Prati: dedicato a chi non può fare mai a meno della musica

27 maggio 2011 di Andrea Bressa

Franklin Feel The Sound Hotel Roma

 

  • Franklin Feel The Sound Hotel Roma

    Franklin Feel The Sound Hotel Roma

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    Franklin Feel The Sound Hotel Roma

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    Franklin Feel The Sound Hotel Roma

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    Franklin Feel The Sound Hotel Roma

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    Franklin Feel The Sound Hotel Roma

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    Franklin Feel The Sound Hotel Roma

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    Franklin Feel The Sound Hotel Roma

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Benvenuti a Roma, al Franklin Feel The Sound Hotel: un albergo che ha fatto delle sette note il suo leit motiv. Il Franklin Feel The Sound offre il soggiorno perfetto per i musicomani che vogliono godersi le loro canzoni preferite in ogni momento del giorno, a colazione, a pranzo, a cena, sotto la doccia. E anche a letto.

L’albergo si trova a due passi dal centro di Roma, nel quartiere Prati. Appena entrati, davanti al banco – o meglio, al tamburo – per il check-in, l’attenzione cade subito sul grande scaffale che espone centinaia di CD e vinili, una vasta collezione di rock, pop, jazz e blues completamente a disposizione degli ospiti, che possono scegliere i dischi che preferiscono per ascoltarseli poi in stanza.

Il Franklin Hotel è strutturato in cinque camere ispirate a generi diversi di musica: dalla stanza Pop, quella base, in un crescendo di spazio, comfort e dettagli si passa alla Rock, alla Blues, alla Jazz e alla Soul. Tutte hanno in dotazione un impianto Hi-Fi Bang & Olufsen di alta qualità, Tv LCD, connessione Wi-Fi gratuita, frigobar e quotidiano preferito. In base alla scelta, invece, vengono proposti lussi optional come creme per il corpo e linee cosmetiche, oppure idromassaggio e sali profumati per darsi all’aromaterapia.

Simpatica l’idea dei rullanti trasformati in comodini: a guardarli viene la tentazione di tamburellarci senza sosta, con buona pace dei vicini di stanza. Originali anche la palla e le luci da disco in bagno (ovviamente dotato di altoparlanti), per atteggiarsi da Tony Manero nell’intimità della toilette. Naturalmente, all’occorrenza, si può usare anche la luce normale. Un altro dettaglio a tema è costituito dal portachiavi a forma di chitarra. Infine, il personale è disponibile a consigliare musica e ad aiutare i clienti nella scelta di concerti, spettacoli e serate musicali romane, nel caso anche prenotando per loro.

I prezzi variano a seconda della stagione, dai 120 euro per la singola (Pop) ai 310 euro per la tripla (Jazz e Soul).

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Steve Ballmer sotto accusa, Microsoft lo difende - Wired.it

Steve Ballmer sotto accusa, Microsoft lo difende

Acque mosse negli ultimi giorni ai piani alti di Microsoft, dopo il pesante attacco di uno degli azionisti più importanti dell'azienda

27 maggio 2011 di Lorenzo Longhitano

Steve Ballmer sotto accusa, Microsoft lo difende

Steve Ballmer

 

  • Steve Ballmer sotto accusa, Microsoft lo difende

    Steve Ballmer sotto accusa, Microsoft lo difende

    Steve Ballmer

 

Giorni di tensione in casa Microsoft, soprattutto per il numero uno Steve Ballmer, il cui ruolo di leadership è stato messo in discussione da più parti nel corso delle ultime ore. L'operato dell'eccentrico Steve ha da sempre generato opinioni contrastanti nel corso degli anni, ma mercoledì il Ceo ha dovuto incassare uno degli attacchi diretti più pesanti mai subiti nel corso della sua carriera a Redmond: a sparare il montante è stato David Einhorn, grande azionista dell'azienda (con lo 0,11%) e figura di spicco della finanza internazionale.

Einhorn ha già dimostrato di avere fiuto per le previsioni ammonendo in anticipo il mondo sui rischi che correva la società Lehman Brothers Holdings, e ora si è gettato senza mezze misure sul Ceo di Microsoft: “ bloccato nel passato” e “ poco più che un custode”, Ballmer dovrebbe “ lasciare il posto a qualcun altro”.

Parole pesanti, supportate in effetti da un quadro non proprio roseo, con l'immagine di Microsoft passata negli anni da azienda all'avanguardia della tecnologia a inseguitrice di trend: il ritardo di Windows Phone 7 rispetto a iOS e Android, il naufragio del progetto Courier, gli sforzi di Bing contro il gigante Google sono tre dei sintomi più eclatanti di quello che parte degli addetti potrebbe definire l' Effetto Ballmer.

Ma ai piani alti della corporation sono bastate poche ore di subbuglio per decidere di prendere posizione riguardo alle dichiarazioni di Einhorn: una fonte interna assicura che i nove membri del consiglio (Bill Gates incluso) sono schierati dalla parte di Ballmer, anche se la stessa Microsoft non ha rilasciato commenti alla vicenda in via ufficiale.

Resta quindi la fiducia nello storico successore di Gates, anche se le dichiarazioni scottanti di David Einhorn hanno interpretato ciò che alcuni tra investitori ed esperti pensano da tempo: a confermarlo il fatto che in seguito a questa sparata i titoli Microsoft sono saliti in borsa del 2%.

Photo credits: RAVEENDRAN / AFP / Getty Images

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Le rocce della Luna sono umide - Wired.it

Le rocce della Luna sono umide

Una quantità d'acqua 100 volte superiore a quanta ci si aspettasse, analizzando campioni di magma intrappolati in cristalli vulcanici. Addirittura, sotto la superficie lunare sembra scorrere tanta acqua quanto quella che si trova sotto la superficie terrestre

27 maggio 2011 di Martina Saporiti

La luna vista (con quale interferenza) dalla Stazione Spaziale Internazionale

 

  • La luna vista (con quale interferenza) dalla Stazione Spaziale Internazionale

    La luna vista (con quale interferenza) dalla Stazione Spaziale Internazionale

Che ci fosse acqua sulla Luna, ormai lo si era capito. Ma oggi è arrivata un'ulteriore conferma, con una scoperta che va oltre ogni aspettativa: le rocce lunari contengono una quantità d’acqua 100 volte superiore a quella precedentemente rilevata, tanta quanto quella che scorre nel mantello della Terra, lo strato di rocce fuse che si trova immediatamente al di sotto della crosta terrestre. Una buona notizia per gli astronauti (perché dove c’ è acqua, c’è vita; e quindi si fa sempre più concreta la possibilità di costruire basi lunari), ma un rompicapo per gli scienziati, perché la scoperta mette in crisi la teoria che spiega l’origine di questo satellite terrestre.

La scoperta, pubblicata sulla rivista scientifica Science, arriva dopo anni e anni di ricerche. Negli anni ’60 e ’70, le missioni dell’ Apollo 15 e 17 riportarono sulla Terra numerosi campioni di rocce, tra cui cristalli vulcanici formatisi in seguito alle eruzioni di vulcani lunari avvenute circa 3 miliardi di anni fa. Analizzandoli, un gruppo di ricerca coordinato da Alberto Saal della Brown University, negli Usa, scoprì che contenevano piccole quantità di acqua (circa 50 parti per milione). I risultati dello studio furono pubblicati nel 2008 su Nature, ma non destarono meraviglia nella comunità scientifica che rimase invece piuttosto scettica. Quasi a prendersi una rivincita con chi si era mostrato sospettoso, i ricercatori (praticamente gli stessi eccetto qualche nuovo acquisto) hanno ripetuto le analisi su altri campioni, scoprendo che non solo avevano ragione, ma avevano sottostimato la portata della loro precedente scoperta.

Questa volta, infatti, nei cristalli vulcanici è stata trovata una quantità d’acqua tra le 615 e le 1410 parti per milione, praticamente equivalente a quella che si riscontra nel mantello della Terra (tra le 500 e le 1000 parti per milioni).

Ma cosa è cambiato rispetto al 2008? Il tipo di cristalli analizzati. Nel 2008, infatti, i campioni esaminati provenivano dalle cosiddette “ fontane di fuoco” dei vulcani in eruzione, dove le elevate temperature avrebbero fatto evaporare quasi tutta l’acqua in essi racchiusa. Questa volta, invece, i ricercatori si sono concentrati solo su quei cristalli con all’interno dei puntini neri, cioè inclusioni di magma. Li hanno trovati nei campioni del “ suolo arancione” (ricco di titanio) portati in regalo dall’Apollo 17. “ Dal momento che questo magma è intrappolato all’interno del cristallo - ha spiegato alla Bbc  Erik Hauri della Carnegie Institution of Washington, uno dei ricercatori coinvolti nello studio - l’acqua contenuta al suo interno non è evaporata, rivelandoci il suo originario contenuto”.

Un contenuto estremamente abbondante che rischia di mettere in crisi la teoria sull’origine della Luna. A riguardo, infatti, l’ipotesi più accreditata riporta dell’ impatto di un oggetto grande quanto Marte sulla superficie di una Terra in formazione.

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2 nuovi modi per farsi gli affari altrui sul Web - Wired.it

2 nuovi modi per farsi gli affari altrui sul Web

La possibilità di vedere i twit da uno o più account tra quelli seguiti e un widget che dice tutto della persona con cui si stanno scambiando e-mail. Ecco 2 novità per Twitter e Gmail

27 maggio 2011 di Tiziana Moriconi

tapparella

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  • tapparella

    tapparella

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Stiamo preparando una nuova opzione per la pagina following : la possibilità di vedere i twit dagli account seguiti, o una lista di tali account”. Il cinguettio è firmato Twitter, che da ieri sta sperimentando questo nuovo servizio. Suona tanto come uno strumento per farsi per bene gli affari altrui, anche se lo scopo ufficiale è un altro: aiutare gli utenti a scoprire nuovi account che vale la pena seguire.

È già possibile accedere ai following degli altri utenti, ma finora era difficile determinare la qualità dei twit che ricevono senza visitare le loro pagine personali. Il nuovo strumento, invece, permette di cambiare il proprio punto di vista sul microblogging, per osservarlo direttamente attraverso gli occhi delle persone che si seguono.

La funzione, al momento, è attiva solo per alcuni utenti e si tratta del terzo grande annuncio della settimana per l’azienda di San Francisco: dopo la conferma dello scorso 25 maggio dell’acquisizione di Tweetdeck e l’aggiornamento delle opzioni di notifica delle e-mail.

Un simpatico strumento per sapere di più della vita degli altri lo ha tirato fuori anche Google: un nuovo widget di Gmail per sapere tutto sulle persone con cui scambiamo e-mail. Secondo quanto riporta anche Mashable, questo people-widget potrà essere scaricato nel corso delle prossime due settimane (per alcuni è già disponibile anche in Italia). Sul lato destro dello schermo dovrebbero comparire la fotografia del corrispondente, un riassunto degli ultimi carteggi, gli oggetti degli e-mail dell’ultimo mese, un calendario con gli appuntamenti segnati e i documenti creati recentemente.

Lo stesso accadrà durante un e-mail di gruppo o una conversazione in Google Chat condivisa: tutti i partecipanti compariranno con le loro iconcine a destra. Come per Twitter, comunque, lo scopo della nuova funzione è semplificare i contatti tra le persone. Le informazioni visualizzate sugli altri, infatti, sono sempre relative alle nostre interazioni con loro.

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venerdì 27 maggio 2011

» “Festa dell’Inquietudine”, ecco il programma completo di domani

Finale L. Giornata ricca di appuntamenti quella di domani a Finale Ligure per la quarta edizione della Festa dell’Inquietudine, dedicata al rapporto fra l’inquietudine e il futuro. Alle 11, nel primo chiostro del Complesso Monumentale di Santa Caterina, la biologa ed esperta di comunicazione scientifica Doriana Rodino parlerà di nutrigenomica e nutraceutica nel corso dell’incontro “Il futuro in tavola”. Alle 12,30, nei Giardini Gallesio, le psicologhe e psicoterapeute Nelly Mazzoni e Silvia Taliente proporranno un aperitivo psicologico intitolato “Il Futuro è presente … o forse è già stato”, accompagnando il pubblico a districarsi nel vissuto della mente, dove è contenuto il passato con tutti i possibili futuri.

Massimo Polidoro, cofondatore del Cicap, il Comitato italiano per il controllo delle affermazioni sul paranormale, sarà, invece, il relatore dell’incontro “Ipotesi sulla fine del mondo”, in programma alle 14,45 nel primo chiostro. Un’ora dopo, alla Sala delle Capriate, Giuseppe Barbera, Ordinario di Colture Arboree all’Università di Palermo, parlerà dell’importanza degli alberi per l’equilibrio dell’ecosistema e della necessità di combattere la deforestazione nel corso dell’incontro “Siamo sicuri che dopo l’inverno gli alberi torneranno a coprirsi di foglie?”.

Alle 16,45 il pubblico tornerà nel primo chiostro per seguire la conferenza di Andrea Bernagozzi, coordinatore per le attività di didattica e divulgazione dell’Osservatorio Astronomico della Val d’Aosta, sul tema “Teletrasporto, wormhole e altri mezzi di trasporto tra scienza e fantascienza”. Alle 17,45, alla Sala delle Capriate, si parlerà di trasferimenti di nuclei, clonazione, cellule staminali e vita sintetica con Carlo Alberto Redi, Accademico dei Lincei e Ordinario di Zoologia e Biologia dello sviluppo all’Università di Pavia.

Alle 18,45, il primo chiostro ospiterà Giulio Sandini, direttore del Dipartimento di Robotica, Scienze cognitive e del cervello dell’IIT di Genova, che parlerà di robot umanoidi proponendo un approccio umano-centrico allo studio dell’interazione fra esseri umani e artificiali. Nel corso della conferenza sarà presentato, con l’aiuto di filmati e “pezzi” di robot, il progetto iCub, sviluppato all’IIT. Alle 21, all’Auditorium di Santa Caterina, quattro donne che hanno raggiunto risultati di rilievo nella loro vita professionale – la scienziata Ilaria Capua, inserita dalla rivista americana Seed fra le cinque Revolutionary Minds del 2008, la sociologa Emanuela Martini, vice direttore del Torino Film Festival, l’ingegnere Chiara Montanari, prima donna ad aver guidato una spedizione in Antartide, e la giornalista Valeria Palumbo, caporedattore centrale dell’Europeo – saranno le protagoniste dell’incontro “Il sorpasso delle donne”.

Protagonisti dell’ultimo appuntamento della giornata, in cartellone alle 22,30 nel primo chiostro, saranno, infine, Mariarosa Mancuso, sferzante critica letteraria e cinematografica, e Maurizio Milani, tra i più interessanti comici e scrittori della scena teatrale e televisiva italiana. In programma il 28 maggio anche la sezione Inquieta-mente, dedicata alle scuole di Finale Ligure (primo chiostro, dalle 9). Gli studenti del Liceo Issel presenteranno i progetti “Africa: nuova frontiera” e “BioBanca” con il coordinamento di Claudio G. Casati, Claudio Romeni, Gianluca Paciucci e Carla Minetti.

Alle 10,15 sarà la volta degli allievi dell’Istituto Alberghiero Migliorini, che illustreranno i risultati della ricerca “Panorama Alimentare 2020 – Tensioni e opportunità” con il coordinamento di Eliana Massone. L’ingresso a tutte le iniziative è libero. La Festa dell’Inquietudine è organizzata dal Circolo degli Inquieti di Savona in collaborazione con il Comune di Finale Ligure, la Provincia di Savona, la Regione Liguria e la Fondazione De Mari.

via ivg.it

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giovedì 26 maggio 2011

NASA - National Aeronautics and Space Administration Presentations Channel

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C'è petrolio in Medio Oriente - Wired.it

C'è petrolio in Medio Oriente

103 anni fa nel cielo di Masjid Sulaiman in Iran si leva il primo getto d’oro nero. E la storia del mondo cambierà per sempre

26 maggio 2011 di Tiziana Moriconi

E il cielo si macchiò di nero

Il pozzo di Masjid Sulaiman (Iran), il primo da cui è stato estratto il petrolio in Medio Oriente, nel 1908 (Hulton-Deutsch Collection/CORBIS)

 

  • Pozzo di Masjid Sulaiman

    E il cielo si macchiò di nero

    Il pozzo di Masjid Sulaiman (Iran), il primo da cui è stato estratto il petrolio in Medio Oriente, nel 1908 (Hulton-Deutsch Collection/CORBIS)

  • William Knox D’Arcy

    Il gentleman del petrolio

    William Knox D'Arcy ottenne una concessione per 60 anni, per scavare all’interno di un'area di 1.300.000 chilometri quadrati in Persia. Era il 1901 (Getty Images)

  • Pozzo

    Un pozzo nel deserto

    Uno dei primi pozzi scavati in Persia nel 1909 dalla nuova Anglo-Persian Oil Co., fondata da D’Arcy e dalla Burmah Oil Company (Hulton-Deutsch Collection CORBIS)

  • Carro

    I potenti mezzi dell’epoca

    Un carro trasporta uno dei tubi per una conduttura della Anglo-Iranian Oil Company (Hulton Archive/Getty Images)

  • Greggio

    Nel deserto scorre il greggio

    La messa in opera di una tubatura tra Masjid-i-Suleiman e Abadan in Persia (Iran) per la Anglo-Iranian Oil Company. La conduttura fu completata nel 1911 (Hulton Archive/Getty Images)

  • Masjid-i-Suleiman

    Masjid-i-Suleiman nel 1910

    Qui fu trovato il primo petrolio del Medio Oriente. E la storia di queste terre cambiò per sempre (Photo by Hulton Archive/Getty Images)

  • Pozzo

    Ancora niente

    Uno dei primi pozzi costruiti da George Bernard Reynolds in Iraq. Era il 1904 e dovranno passare altri 4 anni prima che il greggio venga trovato (W. K. D'Arcy/Hulton Archive/Getty Images)

  • Spiaggia

    I figli del petrolio

    Elizabeth Matthews, figlia di un ingegnere per la sicurezza della Anglo-Iranian Oil Co., in vacanza su una spiaggia dello Yemen nel 1955 (William Vanderson/Fox Photos/Getty Images)

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Puzza di uova marce. L’odore più buono che George Bernard Reynolds avesse sentito negli ultimi sette anni. Perché era il solo profumo che per sette anni aveva sperato di sentire. Per lui, geologo, poteva voler dire solo una cosa: sotto il pozzo che stava fissando, c’era il petrolio. Era il 26 maggio 1908, il giorno in cui il Medio Oriente scoprì la sua prima miniera di oro nero.

Era l’ultima chance per Reynolds. “ Scava fino a 1.600 piedi e poi arrenditi”, diceva l’ultimo telegramma del suo committente, l’inglese William Knox D’Arcy, che sotto la sabbia persiana (oggi Iran) ci stava lasciando tutte le sue fortune.

L’avventura era cominciata nel 1901. In giro si cominciavano a vedere le prime automobili, anche se il boom che avrebbero avuto non era ancora neanche nei sogni di Henry Ford. In quelli di D’Arcy, però, c’erano i motori delle industrie e delle navi, che sempre più abbandonavano il carbone per il petrolio. Consigliato da geologi ed esperti, il gentleman imprenditore era riuscito ad ottenere dal re di Persia, Muzaffar al-Din Shah Qajar, una concessione per 60 anni, per scavare all’interno di un’area di 1.300.000 chilometri quadrati. D’Arcy non poggiò mai il suo piede in Persia, ma vi inviò il suo esploratore. Reynolds, per l’appunto.

Tre anni dopo, nel 1904, l’impresa stava già per fallire e ci volle l’intervento della Burmah Oil Company per salvarla, nell’illusione di un’imminente svolta. Dopo altri quattro anni di infruttuosi scavi, D’Arcy era sull’orlo della disperazione e con le finanze a terra.

Basta così. Si fa l’ultimo tentativo e si getta la spugna. Erano questi gli ordini. Reynolds non avrebbe mollato, ma in cuor suo malediceva quella spedizione. C’erano voluti 10 giorni di viaggio solo per raggiungere Shardin (in Khuzestan, Iran), otto mesi per cominciare a perforare il terreno e sei anni di inutili fatiche. Ora, dopo che piogge torrenziali avevano mandato all’aria quattro mesi di lavoro per raggiungere la località di Masjid Sulaiman e che la punta di una trivella era caduta nell’ultimo pozzo perforato, rubando più di una settimana di tempo, restava solo un punto dove scavare.

Fin da subito, però, in quel 26 maggio del 1908, il vento sembrava girare nella direzione giusta, e portava l’odore sulfureo dei soldi. Non appena la trivella raggiunse i 1.180 piedi (circa 355 metri), alle 4 della mattina, il cielo si macchiò improvvisamente di nero. Il telegramma che D’Arcy aspettava da sette anni arrivò cinque giorni dopo quel primo fiotto: “ Se questo è vero, tutti i nostri guai sono finiti. Non lo dirò a nessuno finché non avrò nuove conferme”.

Non solo arrivarono le nuove conferme, ma anche nuovi pozzi. Nel 1909, D'Arcy e la Burmah Oil Company si riorganizzarono nella Anglo-Persian Oil Co. Quella che nel 1935 fu ribattezzata Anglo-Iranian Oil Co., nel 1954 British Petroleum e infine, nel 2000, BP (ben nota alla cronaca dallo scorso anno per il disastro ambientale nel Golfo del Messico).

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Tetris, 5 film imperdibili - Wired.it

Tetris, 5 film imperdibili

Tra chi lo fa dal vivo e chi rivela cosa c'è dietro, ecco quando il videogioco più famoso al mondo si trasforma in realtà

26 maggio 2011 di Alessio Lana

Tetris, le film

 

  • Tetris, le film

    Tetris, le film

  • Berlin Block Tetris

    Berlin Block Tetris

  • Human Tetris Performance di Guillaume Reymond

    Human Tetris Performance di Guillaume Reymond

  • Tetris di Mega64

    Tetris di Mega64

  • Tetris - The Movie

    Tetris - The Movie

  • Ecstasy of Order: The Tetris Masters

    Ecstasy of Order: The Tetris Masters


     

Ha 28 anni e li dimostra tutti. Tetris è un videogioco immortale ma nonostante i numerosi restyling, non perde quella patina old school che lo contraddistingue e lo rende affascinante.

Inventato nel 1984 dal matematico russo Aleksej Pažitnov, deve gran parte della sua fama al fatto di non essere stato brevettato, il che ha permesso di portarlo praticamente gratis su tutte le piattaforme di gioco. Dopo essere uscito su IBM e Spectrum Holobyte, le vendite subiscono un'impennata nel 1989, quando viene venduto in bundle con il primo Game Boy.

Dopo oltre 125 milioni di copie vendute, il gioco continua ad affascinare vecchi e nuovi giocatori ma soprattutto a ispirare improbabili adattamenti. Dopo essere stato trasformato in zollette di zucchero, vediamo 5 filmati tra i meglio riusciti e il trailer di  Ecstasy of Order: The Tetris Masters, il documentario sui tetris addicted che uscirà negli States il prossimo anno. Chissà che non se ne possa trarre un videogioco.

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La lente bionica contro la cecità - Wired.it

La lente bionica contro la cecità

Funziona come una telecamera e invia informazioni visive (senza fili) al cervello. L'idea è di un gruppo di ricercatori italiani. Ma finora la sperimentazione è stata solo animale

26 maggio 2011 di Valentina Arcovio

lente bionica

lente bionica

 

  • lente bionica

    lente bionica

    lente bionica

Sono più di 20 anni che si insegue il sogno di ridare la vista a chi è condannato a vivere al buio. I fallimenti della scienza neanche si contano, ma c'è un gruppo di scienziati italiani che ha intrapreso una rivoluzionaria via per combattere la cecità. Grazie a un’innovativa  lente a contatto bionica si riaccende infatti una piccola speranza per tutti coloro che hanno perso la vista a causa di alterazioni retiniche o traumatiche. Ma attenzione: la cautela in questi casi è d’obbligo.

I primi test sugli animali sono molto promettenti, ma per saperne di più bisognerà aspettare di vedere cosa succede negli esseri umani. Non sarà un'attesa lunga. A breve potrebbero infatti partire dei trial proprio qui in Italia, come racconta  Duilio Siravo, presidente dell’ Accademia Italiana Oftalmologia Legale che ha presentato questa nuova perla tecnologica in occasione del nono Congresso Internazionale della  Società Oftalmologica Italiana, che si è tenuto a Roma.

Sulla lente – spiega Siravo – è applicato un microchip che funziona come una telecamera: trasmette il segnale a un sistema wireless applicato nelle vie retrocorticali”. Il meccanismo è più o meno simile alla fotocamera dell’iPhone. “ Proprio come questa – dice il ricercatore –  consente di visualizzare diversi pixel di un’immagine”.

Una sorta di protesi bionica, quindi, che non  cura la cecità ma che aggira l’ostacolo, trovando una nuova strada per ridare la vista a chi l’ha persa.

All’interno della lente - prosegue Siravo -  è posizionato un nanostrato di metallo grande quanto un millesimo del diametro di un capello. Viene inserita in un occhio solo occhio solo e bypassa il bulbo oculare, mandando i segnali direttamente al nervo ottico o alle aree cerebrali deputate all’elaborazione”.

I primi esperimenti sono stati fatti su dei conigli, addestrati a superare un percorso a ostacoli per arrivare al cibo. Dopo aver privato della vista le cavie, impedendo loro di visualizzare il percorso e arrivare alla meta, i ricercatori hanno dimostrato che la lente bionica è servita a far ritrovare la strada giusta. Certo, il fatto che il dispositivo funzioni sugli animali non significa automaticamente che sia la stessa cosa per gli esseri umani.

La difficoltà principale sta nel riuscire a mandare l’informazione visiva alla corteccia cerebrale. Funzione, questa, che nelle persone sane svolge il nervo ottico. Quando però questo nervo viene danneggiato, a causa di una malattia o per colpa di un incidente, viene a mancare il ponte di collegamento tra occhio e cervello. Riparare il nervo ottico oggi è praticamente impossibile, tant'è che ci sono moltissime persone che soffrono di una forma di cecità irreversibile. “ Il nervo ottico - spiega Teresio Avitabile, segretario della Soi -  è composto da milioni di fibre. Possiamo paragonarlo a un cavo che contiene al suo interno milioni di fili, se se ne stacca uno è davvero complicato riuscire a ricollegarlo in maniera corretta.

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La musica arriva su Facebook? - Wired.it

La musica arriva su Facebook?

Due settimane ancora e poi il social network di Zuckerberg dovrebbe essere a tutta musica. Ma solo nei paesi in cui è disponibile il servizio finlandese di streaming Spotify

26 maggio 2011 di Anna Lisa Bonfranceschi

spotify

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    spotify

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In alto, sulla sinistra, vicino alle icone delle foto e degli eventi. Potrebbe trovar posto lì il nuovo pulsante di Facebook: la chiave per gli utenti del social network per avere accesso a milioni di canzoni in streaming, direttamente dal proprio profilo. Secondo quanto riportato da Forbes infatti Zuckerberg sarebbe in trattativa con Spotify per integrare il servizio di musica in streaming sul proprio social network. L'affare sarebbe vantaggioso per entrambi: il primo realizzerebbe il sogno di offrire finalmente anche la musica ai propri utenti, il secondo, invece, potrebbe sfruttare il più grande dei social network come vetrina pubblicitaria per vendere i suoi abbonamenti.

Spotify infatti, il software svedese di musica digitale in streaming con oltre 13 milioni di canzoni nel cassetto, è sì gratis, ma solo per dieci ore al mese. Per ascoltare tutta la musica che si vuole, quando si vuole bisogna invece pagare: dieci sterline o dieci euro per trenta giorni, a seconda che vi troviate nel Regno Unito o in Finlandia, Francia, Spagna e Paesi Bassi (oltre che in Svezia e Norvegia). Solo questi sono i paesi in cui oggi è disponibile Spotify e di conseguenza, se l’accordo andasse in porto, quelli in cui arriverrebbe la funzione di social music di Facebook.

L'accordo però per ora rimane ufficioso e in attesa di conferma. Un portavoce di Spotify ha  dichiarato: “Noi abbiamo già un’integrazione con Facebook. E lavoriamo continuamente per migliorarlo. Ma è solo questa la misura della nostra collaborazione”.  Per ora, infatti, una volta installato sul computer, nella propria interfaccia Spotify permette già ai propri utenti di vedere cosa stanno ascoltando i propri amici su Facebook e di postare a loro volta le proprie di scelte musicali. Il nuovo servizio, che potrebbe chiamarsi Facebook Music o magari Spotify on Facebook, lo stesso potrebbe essere fatto dalle pagine del social network, con la possibilità in più per gli utenti di condividere in contemporanea l’ascolto di una canzone con i propri contatti. Senza mai aver bisogno di lasciare la pagina del proprio profilo.

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mercoledì 25 maggio 2011

CIBERNIX - Frustrazione ciibernetica

I MUNDURUCU

Post n°219 pubblicato il 26 Maggio 2011 da BROWSERIK

I Mundurucu, la cui lingua non possiede parole per concetti geometrici, hanno comunque un livello di comprensione geometrica equivalente e a volte superiore a quello dei bambini francesi e americani

 

 

kmnLe nostre intuizioni geometriche sono innate e si conformano sostanzialmente alla geometria euclidea. E' quanto risulta da uno studio condotto dal gruppo di ricerca diretta da Stanislas Dehaene - composto da Véronique Izard, Pierre Pica ed Elizabeth S. Spelkec - che ha studiato i membri di una tribù amazzonica privi di alcuna formazione scolastica formale, quella dei Munduricu. I ricercatori hanno esaminato come i Mundurucu pensano a linee, punti, angoli e constatando un livello di comprensione equivalente e a volte superiore a quello esibito dai di bambini francesi e americani specialmente di fronte a compiti che coinvolgevano superfici sferiche.Lo studio è descritto in un articolo pubblicato sui Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS).

Le idee geometriche che abbiamo sono profondamente influenzate dall'educazione, ma è un dibattito aperto se la capacità, o intuizione, geometrica sia universale e indipendente dalla lingua e dall'educazione. "La lingua Mundurucu possiede solo quantità numeriche approssimate e non ha molti termini geometrici, per indicare cose come il quadrato o il triangolo e non c'è nepopure modo di dire che due linee sono parallele... sembrerebbe che quel linguaggio non possieda tali concetti", spiega Pica. Per questo i membri di questa tribù rappresentano un'occasione particolarmente interessante per studiare il "peso specifico" che linguaggio, educazione e intuizioni innate hanno nella formazione dei nostri concetti matematici.

Negli anni scorsi il gruppo di ricerca di Dehaene aveva già collaborato con i membri di quella tribù proprio per comprendere meglio le basi e lo sviluppo dei concetti matematici numerici, uno studio i cui risultati sono ampiamenti illustrati nell'ultimo libro del neurospicologo francese, Il pallino della matematica

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Ecco l’auto che monitora il tuo cuore - Wired.it

25 maggio 2011

Ecco l’auto che monitora il tuo cuore

Secondo recenti statistiche le malattie cardiovascolari sono una delle principali cause di mortalità. 
Ma se per un verso il numero di decessi è in diminuzione grazie alle innovazioni nelle cure di queste patologie, per altro verso aumentano  i soggetti con complicazioni, per esempio post-infarto, che necessitano di continui controlli, cure e trattamenti.
La casa automobilistica Ford, in collaborazione con i ricercatori dell’università tedesca  RWTH Aachen University, ha annunciato lo sviluppo di un sedile particolarmente utile ai pazienti affetti da patologie cardiovascolari.
Sei sensori posizionati sullo schienale monitorano costantemente la frequenza cardiaca dei pazienti, ed attraverso l’utilizzo dei bluetooth è in grado di lanciare un allarme tempestivo in caso di un attacco di cuore. Nei casi più gravi, la centralina sarebbe anche in grado di aiutare meccanicamente il conducente ad arrestare il moto del veicolo, evitando dunque che l’automobile senza controllo diventi un rischio per gli altri individui sulla strada.
I test effettuati da Ford stanno superando le aspettative della stessa casa produttrice: si parla di una accuratezza che sfiora il 98% del tempo in cui viene effettuata la rilevazione del battito cardiaco sul 95% dei conducenti, ma c’è ancora molto da lavorare per trovare un tipo di sensore capace di rilevare i dati attraverso ogni tipo di tessuto dei vestiti.
L’invecchiamento della popolazione in condizioni di salute migliori rispetto al passato, ma con una percentuale di malattie croniche molto alta fa sì che l’idea di Ford possa essere applicata in maniera efficace anche ad altri tipi di patologie: già nel 2005 Toyota ha parlato della possibilità di avere nei veicoli una cabina di monitoraggio del livello di glicemia nel sangue, o di particolari sensori posti sul volante per il controllo costante della pressione sanguigna.
Questo tipo di tecnologia invisibile sta ormai diventando realtà, e regala ai pazienti cronici prospettive di indipendenza finora insperate, rendendo questo tipo di malattie meno invalidanti dal punto di vista sociale.

Anna Maria Campise
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