Scoperta una separazione tra esperienze spaziali di un centesimo di secondo, in cui il cervello apparentemente entra in uno stato di incertezza. Uno studio di un team internazionale di ricercatori, di cui fa parte anche l’italiano Alessandro Treves, neuroscienziato della SISSA di Trieste, ha infatti scoperto che quando cambiano improvvisamente le caratteristiche dello spazio circostante, nell’ippocampo c’è una sorta di black out di circa 100 millisecondi prima che la nuova mappa neuronale del nuovo ambiente possa far posto alla vecchia. L’esperimento è presente sulla prestigiosa rivista Nature di oggi a nome di Karel Jezek, Espen J. Henriksen, Edvard I. Moser, May-Britt Moser e Alessandro Treves.
La ricerca ha osservato anche un’oscillazione nell’ippocampo tra le mappe neuronali dei due ambienti, in vecchio e il nuovo, per alcune volte prima che il cervello si stabilizzi sulla nuova situazione. Questo fenomeno è stato osservato per la prima volta nelle cavie e potrebbe accadere anche negli esseri umani. Il team internazionale ha ideato una procedura sperimentale per determinare come si attivi l’ippocampo in seguito a cambiamenti repentini delle caratteristiche che contraddistinguono l’ambiente in cui ci troviamo. E ha messo in evidenza come, al variare di alcune caratteristiche dello spazio circostante, nell’ippocampo dei roditori si alternino le mappe spaziali, del vecchio e del nuovo ambiente, a intervalli temporali brevissimi, ogni 100 millisecondi: come se fossero dei lampi di memoria.
Una riconciliazione ippocampale Quando si muovono nell’ambiente, i ratti e altre specie attivano le mappe spaziali elaborate, in precedenti fasi di esplorazione dello spazio, in quella regione del cervello che negli esseri umani sovraintende alla formazione delle memorie episodiche: l’ippocampo. L’esperimento, realizzato al Kavli Institute for Systems Neuroscience and Centre for the Biology of Memory in Norvegia, riesce a sondare, per la prima volta su scale temporali così brevi, il legame tra le funzioni dell’ippocampo relative alla memoria, abbondantemente studiate anche negli esseri umani, e quelle relative alla cognizione spaziale, più facilmente accessibili nei roditori. I salti dalla rappresentazione corrispondente all’ambiente A a quella di B esprimono l’incertezza del ratto, che si risolve nell’arco di pochi secondi.
“Per la prima volta siamo riusciti a osservare un fenomeno determinato dalla memoria su scale temporali molto brevi: le due possibili rappresentazioni spaziali infatti si alternano in modo imprevedibile, in pochi secondi, fino a che il ratto si lascia guidare dai nuovi stimoli visivi, quelli dell’ambiente B. Abbiamo così messo nuovamente in evidenza come nei roditori la mappatura dello spazio non sia fine a se stessa, ma funzionale alla capacità di conservare informazioni in memoria e riutilizzarle in seguito per orientarsi” commenta Treves.
Lo studio con i ratti consente di registrare l’attività dei neuroni dell’ippocampo e capirne il funzionamento. Molti laboratori nel mondo utilizzano questo approccio, basato sulla elegante codifica della posizione spaziale espressa dalle cellule di questa regione del cervello, ma finora era stato difficile utilizzare lo stesso approccio per indagare le funzioni relative alla memoria e rapportarsi, così, con i risultati della ricerca delle scienze cognitive sugli esseri umani.