lunedì 30 maggio 2011

Quando la tipografia veste e arreda [foto] - Wired.it

Quando la tipografia veste e arreda

Una gallery sui mille usi creativi delle font. Le lettere come non le hai mai viste

30 maggio 2011 di Alessio Lana

Dress di Evans & Wong

Una vera opera d'arte, tanto da essere conservato al Metropolitan Museum di New York.
(Photo Credite: MET)

 

  • Dress di Evans & Wong

    Dress di Evans & Wong

    Una vera opera d'arte, tanto da essere conservato al Metropolitan Museum di New York.
    (Photo Credite: MET)

  • Neutraface Slab Musette

    Neutraface Slab Musette

    Anche il tascapane, nel suo piccolo, è tipografico.
    (Photo Credits: House Industries)

  • Small Neutraface Slab Pillow

    Small Neutraface Slab Pillow

    Sconsigliato in caso di malditesta...
    (Photo Credits: House Industries)

  • Carta da regalo

    Carta da regalo

    Un po' autoreferenziale, ma sembra perfetta per incartare un libro.
    (Photo Credits: Not on the high street)

  • Cioccolato

    Cioccolato

    Ricorda i vecchi caratteri tipografici solo che non li stampi, li mangi.
    (Photo Credits: Typolade)

  • Libreria

    Libreria

    Per un arredamento di carattere.
    (Photo Credits: Kayiwa)

  • DominO'clock

    DominO'clock

    Sembra digitale, in realtà è composto da tante tessere del domino che appaiono e scompaiono per formare i numeri. L'ha realizzato l'italiano Lionello Borean. (Photo Credits: Boreandesign)

  • AA_font

    AA_font

    Un altro progetto italiano, firmato da Alessandro Canepa e Andrea Paulicelli
    (Photo Credits: Outdoorzgallery)

  • Cutout Bookends

    Cutout Bookends

    Questo è proprio il massimo dell'autoreferenzilità. Però è carino.
    (Photo credits: I love Uma)

  • Poltrona

    Poltrona

    Una poltrona classica per i lettori più accaniti.
    (Photo credits: British routesign designs)

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Oggi mi metto una A. No, non è una pazzia ma una nuova tendenza dell'abbigliamento minimal. Da quando il computer è arrivato nelle nostre case, siamo sempre più attenti ai caratteri tipografici, elementi onnipresenti nella nostra vita che prima passavano inosservati.

La rivoluzione si deve soprattutto ai word processor che hanno permesso agli utenti di scegliere il carattere tipografico preferito, quindi di studiarne le forme e ricordarne il nome. informazioni che prima erano riservate ad una piccola cerchia di specialisti come i tipografi e i compositori.

Ora l'amore per le font si sta trasformando in una vera mania. I font geek e i type nerd crescono di numero e anche grandi catene di abbigliamento e arredamento iniziano ad offrire abiti, mobili eaccessori di ispirazione tipografica. Qui vediamo i migliori, in una gallery che va dalla sciarpa al tavolino, senza dimenticare la libreria, lo scrigno di tutte le font. 

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Quanto è pericoloso il batterio killer che allarma l'Europa? - Wired.it

Quanto è pericoloso il batterio killer che allarma l'Europa?

Arriverà in Italia? Come si trasmette? Come difendersi? Piccola guida allo Stec (Shiga toxin-producing Escherichia coli), il microrganismo che in Germania ha già ucciso 10 persone. E che rischia di colpire ancora

30 maggio 2011 di Martina Saporiti

escherichia coli

escherichia coli

 

  • escherichia coli

    escherichia coli

    escherichia coli

La Germania ha lanciato l’ allarme: troppi casi di pazienti colpiti da Stec, lo Shiga toxin-producing  Escherichia coli, un batterio patogeno che in alcuni casi può portare anche alla morte. Secondo un rapporto pubblicato dallo European Centre for Disease Prevention and Control, a partire da aprile in Germania sono stati registrati 276 casi di persone colpite da Sindrome emolitica-uremica (Seu), una delle più gravi complicazioni conseguenti all’infezione. Ma i numeri stanno aumentando, e i più recenti parlano di 400 casi e di 10 morti. Le cause dell’infezione alimentare, una delle più grandi degli ultimi tempi, sono ancora da definire, ma si pensa siano legate al consumo di pomodori e cetrioli crudi e di insalata a foglia larga. L’Unione europea raccomanda massima allerta e di rispettare le basilari norme igieniche. In Italia, al momento, non si registra alcun caso. Ecco, intanto, l’identikit di questo batterio.

Chi è lo Shiga toxin-producing Escherichia coli?
Si tratta di un ceppo di Escherichia coli (una delle specie più abbondanti della flora batterica intestinale degli esseri umani e di molti altri animali a sangue caldo, normalmente non patogena) capace di produrre tossine di tipo Shiga, che inibiscono la sintesi delle proteine all’interno delle cellule. Il batterio comincia il suo ciclo colpendo animali come mucche, piccoli, maiali, cavalli e cani. Da questi serbatoi, lo Stec si diffonde nell’ambiente attraverso le feci infette. Gli alimenti o l’acqua si contaminano proprio perché entrano in contatto con materiale fecale contagiato.

Ci sono stati casi in altri paesi d’Europa?
Il Centro europeo per la prevenzione e il controllo ha riferito di  27 casi sospetti in  Svezia7 in  Danimarca3 in  Gran Bretagna2 in  Austria e  uno in  Olanda. I cetrioli spagnoli incriminati, i vegetali da cui si pensa sia partita l’infezione, sarebbero stati importati anche dalla  Repubblica Ceca.

Ci sono pericoli per l’Italia?
Fino ad oggi,  nessun caso d’infezione è stato riportato in  Italia. In una dichiarazione rilasciata nei giorni scorsi, il Ministro della Salute  Ferruccio Fazio ha rassicurato l’opinione pubblica dicendo di essere continuamente in contatto con la Commissione europea attraverso il  sistema di allerta rapido (meccanismo istituito per notificare in tempo reale i rischi diretti o indiretti per la salute pubblica connessi al consumo di alimenti o mangimi, a cui partecipano la Commissione europea, l’Autorità per la sicurezza alimentare e gli Stati membri dell’Unione). Ha inoltre dichiarato di aver messo in allerta sia l’ Istituto superiore di sanità, per avviare i controlli sugli alimenti, sia i  Nas. Intanto, il  Codacons ha chiesto lo stop all’importazione di cetrioli dall’Europa.

Come si trasmette?
La trasmissione dell’infezione avviene  consumando cibi  contaminati - carne macinata poco cotta, latte non pastorizzato, vegetali, insaccati stagionati, formaggi da latte crudo, succo di mela - o bevendo acqua che contenga il batterio, oppure attraverso contatto con le  feci degli animali infetti.

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Stop della Germania al nucleare. Ex Greenpeace: "Un errore" - Wired.it

Stop della Germania al nucleare. Ex Greenpeace: "Un errore"

I tedeschi abbandonano le centrali. Ma l'ambientalista controcorrente Patrick Moore, tra i fondatori dell'associazione, non è d'accordo. Ecco cosa ha raccontato a Wired.it

30 maggio 2011 di Fabio Deotto

nucleare

nucleare

 

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    nucleare

    nucleare

La Germania ha deciso di abbandonare l'energia atomica. L'effetto Fukushima ha colpito nel segno ed entro il 2022 tutte le centrali tedesche si fermeranno (la gran parte di loro già dal 2011). Una decisione irrevocabile, dicono a Berlino. Ma non tutti sono d'accordo. Nel giro di 30 anni, Patrick Moore, uno dei primi membri attivi di Greenpeace, è arrivato a sconfessare praticamente tutti i capisaldi dell’ambientalismo militante: bisogna piantare e tagliare più alberi, il nucleare fa bene, le dighe pure, gli Ogm sconfiggeranno la fame, il riscaldamento globale porterà solo benefici, eccetera.

Oggi, Moore si definisce un diplomatico dell’ambientalismo e nel suo ultimo libro,  L’ambientalista ragionevole (in uscita il 31 maggio per Dalai Editore), parte dal ricordo delle prime incursioni di Greenpeace a Mururoa fino ad arrivare alla decisione di abbandonare gli estremismi in favore di un ambientalismo ragionevole, scelta che culminerà nella fondazione di Greenspirit.

Tra Patrick e il suo ex-ovile i ferri sono ormai cortissimi. Da un lato lui accusa Greenpeace di aver bloccato la produzione di Golden Rice - che invece, afferma, aiuterebbe a contrastare la malnutrizione in Asia - e di fare disinformazione sui benefici della selvicoltura; dall’altro Greenpeace lo addita come un venduto foraggiato dalle industrie del legno e del nucleare per smontare nel dettaglio le teorie degli ambientalisti. In occasione dell’uscita italiana del libro, siamo andati chiedere lumi direttamente a lui.

Per cominciare, perché ha lasciato Greenpeace e cosa intende per ambientalismo ragionevole?

“Ho lasciato Greenpeace perché stava adottando politiche irragionevoli che si scontravano con il mio background scientifico. Credo che l’ambientalista ragionevole sia colui che basa la sua attività sulla scienza e la logica, e non sul sensazionalismo, la disinformazione e la paura. Per questo è nata Greenspirit, è stata l’occasione per me di diventare un ambientalista indipendente”.

Di cosa si occupa Greenspirit?

“Noi lavoriamo con gente che si impegna sul fronte della sostenibilità, il che significa equilibrare le priorità ambientali con quelle sociali e economiche, e prendere atto dell’esistenza di quasi 7 miliardi di persone che ogni giorno necessitano cibo, energia e materie prime per sopravvivere. Il movimento ambientalista si rifiuta di accettare questo dato di fatto, e preferisce vivere nella convinzione che la natura sia migliore degli esseri umani”.

Nel suo libro sostiene che l’errore degli ambientalisti è l’identificare l’uomo come nemico del pianeta. È tuttavia vero che, a differenza degli altri animali, l’ homo sapiens non si trova in equilibrio con l’ecosistema in cui vive, ed è l’unico ad aver il potere di apportare cambiamenti rapidi e potenzialmente distruttivi a equilibri sviluppati in millenni di evoluzione.

“Lei consideri questo: miliardi di anni fa gli organismi aerobici sono arrivati e hanno causato la morte di molti organismi anaerobici.

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Ripensare insegnamento, apprendimento e consulenza: tre modelli per creare la "scuola senza pareti" - Wired.it

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via gGADGETLAND BLOG MISTER BIT MISTER BITdi Matteo Bittanti 30 maggio 2011 Ripensare insegnamento, apprendimento e consulenza: tre modelli per creare la "scuola senza pareti" "Prima dell'avvento della stampa, i giovani apprendevano ascoltando, guardando, facendo. Infatti, fino a non molto tempo fa, i ragazzi delle zone rurali apprendevano il linguaggio e le abilita' dagli anziani. L'apprendimento si svolgeva fuori dalle classi. Solo coloro che aspiravano a una carriera professionale andavano a scuola. Oggi, nelle nostre citta', la maggior parte dell'apprendimento si svolge fuori dalle classi. L'enorme quantita' di informazioni offerte dalla stampa, dalle riviste, dal cinema, dalla televisione e dalla radio eccede di gran lunga quella offerta dall'istituzione scolastica e dai libri. [I mass media] hanno distrutto il monopolio del libro come strumento pedagogico primario e incrinato le pareti delle classi in modo cosi' rapido che oggi siamo tutti confusi, sorpresi" (Marshall McLuhan, "Classrooms Without Walls", 1957, enfasi aggiunta) Una settimana fa ho descritto il nuovo servizio del visionario fondatore (ed ex-CEO di Linden Lab), Philip Rosedale, Coffee & Power (C&P). Per chi non avesse letto l'articolo, si tratta di una bacheca virtuale di offerte/richieste di servizi di natura lavorativa in tempo reale che miscela gli aspetti piu' interessanti di Google Maps, FourSquare, Meet-Up e Craigslist. Lanciato in fase beta a San Francisco, C&P sfrutta in modo intelligente e innovativo il concetto di micro-local. C&P visualizza infatti le proposte/richieste di lavoro sulla griglia cartografica di una citta' o di un quartiere, permettendo agli utenti di rispondere a quelle che ritengono piu' interessanti. Definite "missioni" - nell'era della gamification, la terminologia non puo' che essere videoludica - le richieste/offerte possono essere completate in tempi rapidi (un'ora, mezza giornata, un giorno) previo compenso economico o scambio consensuale (baratto). C&P risponde a un'esigenza sempre piu' diffusa nella nostra societa': l'accesso diretto, just-in-time, a uno specifico capitale intellettuale e a determinate competenze (high-end, di nicchia etc). Non a caso, Rosedale ha inaugurato il suo nuovo progetto offrendo una consulenza di un'ora a chiunque gli avesse offerto un pranzo. Per chiarire, C&P non e' un sistema di content delivery: si tratta di un social network che facilita il contatto tra individui che cercano/offrono prestazioni lavorative hic et nunc. E' legittimo prevedere che in tempi assai rapidi si moltiplicheranno piattaforme ancora piu' sofisticate e mirate, capaci di offrire servizi di match-making professionale che trascendono limiti temporali e geografici per iniziative dalla durata limitata e che, nella maggior parte dei casi, non richiedono lo spostamento fisico delle parti coinvolte. Progetti che necessitano di un'infrastruttura leggera (leggi: un laptop, un collegamento a internet e Skype), per essere portati a termine con successo. Mi auguro che questi nuovi servizi si ispireranno, nella forma o nella sostanza, a tre modelli che mi appresto a descrivere. Tre siti, tre progetti, tre iniziative che ci invitano a ripensare non solo l'idea di apprendimento e insegnamento, ma anche quello di tutoring & mentoring, brainstorming & consulenza: Skillshare (2011-), Khan Academy (2006-) e MIT OpenCourseWare (2002-). Mi auguro, soprattutto, che questi nuovi servizi saranno sviluppati da designer italiani perche' se c'e' un paese deve ri-pensare e ri-lanciare la formazione e' proprio l'Italia. Ok, partiamo: Skillshare - Lanciato da quattro giovani brillanti (Michael Karnjanaprakorn, Malcolm Ong, Jake Przespo e Danya Cheskis-Gold), il sito parte dal presupposto - assolutamente condivisibile - che l'apprendimento non e' necessariamente il risultato di un'educazione scolastica, ma un processo che dura una vita, continuamente migliorabile. E poi, che "learning cool things should be easy". Skillshare si pone come obiettivo quello di democratizzare l'insegnamento & l'apprendimento, creando una piattaforma che mette in diretto contatto docenti qualificati con studenti desiderosi di apprendere specifiche competenze, competenze che spesso le istituzioni scolastiche tradizionali non sono in grado di offrire, anche perche' l'accademia - anche quella piu' avanzata - sconta spesso un ritrardo non indifferente rispetto alle esigenze di un panorama che si evolve a ritmi rapidissimi. Skillshare offre un servizio di coaching peer-to-peer che facilita lo scambio di risorse intellettuali a costi relativamente bassi ($15-20 per classe). I corsi si svolgono offline, ossia nel "mondo reale" e si rivolgono a un pubblico eterogeneo. Qualche sempio: tecniche di presentazione modello TED Talks, curate da Katherine Preston; lezioni di fotografia digitale (la docente e' Jamie Olmerson); concept mapping e tecniche di data visualization (Pauline Kehm). La maggior parte delle classi sono offerte a New York, ma il servizio si sta diffondendo anche in altre citta' americane. Ecco il trailer. Khan Academy - Del progetto di Salman Khan abbiamo gia' parlato abbondantemente su queste pagine. Come forse ricorderete, Gabriele Ascoli ha intervistato il creatore di questa brillante iniziativa poco meno di un anno fa. A partire dal 2006, Khan e il suo team di giovani menti brillanti hanno creato e distribuito su YouTube oltre duemila video lezioni di durata variabile - in media, dieci minuti - su temi che spaziano dalla matematica alla biologia, dalla storia all'economia, dalla finanza alla geografia. Un archivio di enorme valore, completamente gratuito e che si rivolge a un pubblico eterogeneo. Pensata per gli studenti delle scuole medie e superiori, la Khan Academy e' in realta' aperta a tutti - confesso che io stesso ho finalmente colto l'ABC dell'algebra e della trigonometria, quei principi che non ho mai imparato al liceo scientifico perche' ai tempi non riuscivo proprio a comprenderne l'utilita'. Come si dice in questi casi, non e' mai troppo tardi. Di fronte alla colossale stupidita' della maggior parte dei programmi televisivi che appestano l'etere - talk-show mortificanti, reality-tv e "programmi demenziali con tribune elettorali" - questo progetto formativo acquista un'importanza cruciale. E' la prova che non tutto e' perduto. Anzi: e' la prova che la situazione sta migliorando. I video di Khan sono pillole di conoscenza che stimolano l'appetito ed invogliano ad approfondire. Il sito e' strutturato su efficaci meccanismi di carattere ludico: l'apprendimento viene premiato con punteggi e altri trofei simbolici, visualizzazioni e grafici. Non si tratta semplicemente di guardare dei video: lo studente viene invitato a partecipare a sfide intellettuali di difficolta' crescente: i puzzle da risolvere, in questo caso, hanno a che fare con equazioni e formule, eventi storici e dinamiche finanziare. E' la versione "matura" del Brain Age/Training di Nintendo. Veri e propri tutorial, dove si apprendono abilita' che si possono reinvestire nel mondo reale e non semplicemente in quello videoludico (senza nulla togliere ai mondi virtuali, beninteso). Si tratta, in altre parole, di un servizio formativo gratuito, senza fini di lucro. A tutt'oggi, la Khan Academy e' stata "visitata" da oltre 52 milioni di utenti. A tutti gli interessati, consiglio di (ri)leggere l'ottima intervista di Gabriele Ascoli e, soprattutto, di visitare il sito. Nella classifica annuale della creativita' personificata di Fast Company, Salman Kahn si e' aggiudicato la settima posizione. Meritatissima. MIT OpenCourseWare - Lanciato nel 2002, il progetto MIT OpencourseWare (MIT OCW) è una iniziativa del Massachusetts Institute of Technology, patrocinata dall'Hewlett Foundation, che ha lo scopo di rendere disponibile gratuitamente in rete i materiali utilizzati per corsi universitari - seminari, lecture e workshop. L'ambizioso progetto ha favorito meglio di ogni altro la diffusione su larga scala di materiale didattico universitario di eccellente livello, in forma accessibile e democratico. A tutt'oggi sono disponibili oltre 2100 corsi, alcuni dei quali contengono video, presentazioni (in streaming o download), appunti, esami, bibliografie complete ed esercizi interattivi. Se oggi esiste iTunes U dobbiamo ringraziare il MIT che ha (in)direttamente ispirato. Ricordo ancora l'emozione che ho provato quando, quasi una decade fa, ho potuto seguire, a distanza e in forma asincrona, i corsi del MIT. Trovarsi di fronte a un simile patrimonio di conoscenza, a costo zero, ha innescato in me sensazioni paragonabili alla sindrome di Stendhal. Un servizio geniale che ha definito nuovi standard per l'e-learning e per l'apprendimento tout court. A quei tempi vivevo ancora in Italia - ero rientrato a Milano dopo un Master of Science presso la San Jose' State University, a San Jose', California. Non nascondo che il MIT OpencourseWare e' stata una delle ragioni che mi hanno spinto a fare ritorno negli Stati Uniti e, soprattutto, a un modello di universita' differente, aperto, innovativo, dinamico e aperto al nuovo. Ignoro se tra i lettori di WIRED ci sia qualcuno che, come me, ha beneficiato - e continua a beneficiare - di questo strepitoso servizio. In caso affermativo, vi sollecito a donare anche pochi dollari al MIT. Questa "scuola senza pareti" - che non ha alcun fine di lucro e che sostiene, annualmente, costi pari ai 3.5 milioni di dollari - non ha ricevuto i finanziamenti necessari per proseguire la sua missione e rischia di chiudere i battenti nel 2012. Sarebbe una grande perdita, non tanto per il MIT, ma per tutti noi, studenti del ventunesimo secolo. Non possiamo permetterlo! Concludendo, cio' che accomuna questi tre servizi e' il desiderio di ripensare le formule tradizionali di apprendimento bypassando il sistema formativo scolastico tradizionale, chiuso, esclusivo ed elitario. Non si tratta di proporre servizi alternativi, bensi' complementari a quelli esistenti. L'obiettivo e' quello di permettere a tutti gli interessati di acquisire informazioni utili e preziose on demand a costi che in alcuni casi si approssimano allo zero. Il ruolo strategico di gate-keeper delle istituzioni accademiche non viene meno: una "laurea" alla Khan Academy non puo' ovviamente competere con un certificato rilasciato da Stanford o dal MIT. E, almeno per il momento, Annie Leibovitz non insegna corsi di fotografia attraverso Skillshare... ...Il punto e' che la Khan Academy non si pone in competizione con Stanford o con il MIT. Il punto e' che Annie Leibovitz, un domani, potrebbe davvero insegnare fotografia con Skillshare. Magari non "Annie Leibovitz", ma l'Annie Leibovitz 2.0, quella che oggi scatta con Instagram via iPhone. Il punto e' che oggi abbiamo a disposizione un mucchio di risorse per imparare cose nuove: basta un computer, un collegamento a internet e la voglia di apprendere. Al di la' dell'e-learning - anche nelle modalita' high-tech del MIT OpencourseWare - si stanno facendo strada nuove opportunita' di apprendimento peer-to-peer & micro-local, che mettono a diretto contatto gli studenti con docenti, tutor, consulenti. La profezia di McLuhan della "scuola senza pareti", citata in esergo, e' oggi diventata realta'. Nel corso della sua lunga, ma tragica esistenza, l'eccentrico canadese e' stato deriso da una comunita' accademica scettica e diffidente, incapace di cogliere il suo genio ed invidiosa dei suoi successi. Oggi McLuhan viene celebrato - a ragione - come uno dei piu' grandi teorici (e profeti) dell'era digitale. Meglio tardi che mai. adget.wired.it

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A proposito di Ai Weiwei : Artribune

A proposito di Ai Weiwei

Si sviluppano gli addentellati della querelle Bonami-Paparoni attorno alla figura di Ai Weiwei. La figura del noto artista cinese, attualmente agli arresti, alimenta il dibattito attorno a se stesso. Le discussioni continuano con una riflessione di Marcello Faletra.

Ai Weiwei

Ciò che colpisce in questa specie di “polemica” italiota, espressione del neofascismo mediatico in vigore, è la metamorfosi della funzione del “critico” che, nel caso di Bonami, è sempre più vicino al cane da guardia dell’avventura estetica neoliberista. È, in altre parole, la funzione della prevaricazione e del sospetto: dipingendo Ai Weiwei come un “dissidente, polemista, provocatore” (vedi il suo articolo) – così come oggi si dipingono i cosidetti “grillini” e tanti altri che non stanno al gioco mistificatorio della postpolitica – si creano le condizioni per far dire spontaneamente al lettore che in fin dei conti questo “artista” non è poi cosi “radicale” come ci si aspetterebbe. Ma qui – è bene dirlo – questa attesa è tutta costruita su un artefatto retorico: addossare a Weiwei la figura di ribelle e sovversivo per poi trarne le somme che non è così. E, dunque, trarne la conseguenza che ciò che Weiwei cerca non è altro che il successo sotto altre vesti: l’arresto ai domiciliari.

Una manifestazione contro le detenzioni cinesi

Insomma, un gioco giornalisticamente un poco sporco. Dal momento che Weiwei non si è mai definito “polemista” o “radicale”, semmai “artista” – se ha ancora un senso questa parola divenuta la maschera mediatica di buoni a nulla e ruffiani che vanno alle biennali, specchio di politici anch’essi buoni a nulla.
Che poi da questa parola ‘artista’ si fanno germogliare altri significati che in tempo di avanguardie gli si erano sostituite – “anartista” (Duchamp), “rivoluzionari” (Breton) ecc. – è proprio l’artefatto retorico su cui si regge l’articolo di Bonami. Certo, si potrebbe dire a questo punto che Ai Weiwei sta al capitalismo di Stato cinese come Francesco Bonami sta al capitalismo neoliberista occidentale.
Da questo punto di vista, è interessante osservare quanto l’arte non sia più la spiegazione di se stessa, ma di ideologie termidoriane che si nutrono come sciacalli della “morte delle ideologie” a seguito del crollo dell’Unione Sovietica.

Ai Weiwei - 1001 Chairs

L’anticomunismo implicito nel rimprovero che Bonami fa a Weiwei per non essere sufficientemente “radicale” o “dissidente” rispetto al regime cinese è dello stesso tipo di quello che si potrebbe rivolgere a un “intellettuale” o “artista” o “critico” della sfera occidentale che non si oppone con sufficiente radicalità al totalitarismo economico neoliberista con le sue “guerre preventive” e la sua feroce politica mondialista.
Le prerogative che Bonami attribuisce a Weiwei servono a screditarlo di fronte alla politica della Cina rispetto alla questione del Tibet. Come se spettasse all’artista trovare soluzioni politiche che invece spettano alla politica, e – come altrove dice Badiou – alle azioni rivoluzionarie dal basso.
Insomma, con un articolo del genere Bonami non fa che ratificare quanto certa “critica” istituzionale – ma che di fatto è lo specchio del mercato dell’arte – sia diventata una funzione inutile nella misura in cui essa è solo l’involucro di ben altre idee, che sono le idee del mercato, che in fatto di arte è in mano agli States, presso cui Bonami gode di ottima stima.

Antico e moderno in un'opera di Ai Weiwei

Viene il sospetto che l’attacco alle spalle di Bonami a Weiwei sia un tentativo (volontario o involontario, non importa) di creare dei sospetti verso gli artisti cinesi che si stanno imponendo a livello internazionale. Una variante della guerra economica in atto, se è vero che alcuni artisti americani non sono più “quotati” ma delirati.

Marcello Faletra

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Officina Italia. L’antibiennale di Renato Barilli : Artribune

Officina Italia. L’antibiennale di Renato Barilli

Nessuna polemica, ma una reazione nei fatti. “Officina Italia” si candida senza mezzi termini a essere l’anti-Padiglione Italia della Biennale. La risposta di Barilli alla “proposta di Sgarbi sgangherata e pleonastica”, come dichiarato al Corriere della Sera il 27 maggio. Inaugura domani, e noi siamo andati a vederla in anteprima.

Chris Gilmour - The triumph of good and evil

La sfida parte dall’inaugurazione del 31 maggio, in piena collisione con la preview lagunare, che si snoderà tra le due sedi, l’ex-convento cinquecentesco del Baraccano nei pressi di Porta Santo Stefano a Bologna e l’ex cementificio di Gambettola, vivace cittadina dalle parti di Cesena.
La ricetta del critico bolognese, autore di innumerevoli saggi e manuali fondamentali, ma soprattutto padre dell’unica (almeno fino all’avvento del corso della Vettese allo IUAV) vera alternativa alla fucina milanese garuttina, il DAMS di Bologna, è semplice: indagare il tessuto giovanile attraverso uno staff di giovani curatori indipendenti, ossia Guido Bartorelli, Alessandra Borgoncelli, Paolo Granata, Silvia Grandi e Guido Molinari.

Kensuke Koike - aliens Lounge

Nel segno della continuità, il titolo dell’evento si pone come ideale revisione di Officina Italia 1997, e segue le edizioni precedenti dedicate a Europa 1999, America 2002, Asia 2004, e ingloba anche una Biennale giovani nata in seno al DAMS.
Nel concetto di ‘officina’, di tradizione storica nel nostro Paese fin dall’elaborazione longhiana dell’Officina Ferrara, si propone un’immagine dell’artista contemporaneo controcorrente rispetto all’idea prevalente che lo vede rinchiuso in un sostanziale individualismo e isolamento ovvero aperto invece al confronto e al dialogo.

Elena Brazzale - Composizione 1

34 gli artisti coinvolti, una selezione che vede volti noti vicino ad altri quasi esordienti. Qualche nome? Ci sono Davide Bertocchi ed Elisabetta di Maggio, Anna Galtarossa e Paolo Gonzato, Alice Guareschi e Federico Maddalozzo, Giovanni Ozzola e Alberto Tadiello. Da segnalare anche la presenza degli “eroi” di Guido Bartorelli, artisti il cui lavoro ha suggerito al giovane critico, oggi docente all’Università di Padova, un’interpretazione della creatività giovanile dalla generazione MTV a quella di Youtube, riflessioni che hanno prodotto diverse mostre e scritti, che hanno connotato fortemente l’attività della galleria patavina Perugi e che sono stati raccolti in un volume di recente pubblicazione dal titolo, appunto, I miei eroi.

Davide Bertocchi - Acquiloni

Unica assente della mostra è la videoarte, per non pestare i piedi all’imminente edizione di Videoart Yearbook organizzata dal Dipartimento arti visive dell’Alma Mater Studiorum e ormai tradizionale appuntamento deputato a documentare le migliori opere video.

Alfredo Sigolo

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CIBERNIX - Frustrazione ciibernetica

COMPUTER QUANTISTICO

Post n°222 pubblicato il 31 Maggio 2011 da BROWSERIK

vbgUn altro importante passo in avanti verso il calcolatore quantistico è stato compiuto grazie a uno studio dell’Istituto di fisica sperimentale dell’Università di Innsbruck e dell’Istituto per l’ottica quantistica e l’informazione quantistica dell’Accademia delle scienze austriaca (IQOQI).

Una regola generale per l’elaborazione dei dati è che i disturbi causato la distorsione o la cancellazione dell’informazione durante la memorizzazione e il trasferimento dei dati. Per i computer convenzionali sono stati sviluppati metodi in grado di identificare e correggere gli errori in modo automatico: i dati vengono elaborati diverse volte e se si verifica un errore viene scelta l’opzione di correzione più plausibile. Poiché i sistemi quantistici sono molto più sensibili ai disturbi ambientali di quelli classici, i computer quantistici richiedono un efficiente algoritmo per la correzione degli errori.

Il gruppo di ricerca di Blatt ha ora dimostrato sperimentalmente tale algoritmo. “La difficoltà deriva dal fatto che l’informazione quantistica non può essere copiata”, ha spiegato Schindler. “Ciò significa che non possiamo salvare ripetutamente l’informazione e poi confrontarla”. I ricercatori hanno perciò pensato di sfruttare il peculiare fenomeno quantistico dell’entanglement – “l’intreccio” tra gli stati quantistici di due o più particelle opportunamente preparate che si mantiene a distanza – per effettuare la correzione degli errori.

Gli studiosi di Innsbruck in particolare hanno dimostrato il meccanismo di confinamento di tre ioni calcio in una trappola ionica. Tutte e tre le particelle sono utilizzate come bit quantistici (qubit): uno principale e gli altri due ausiliari, mentre un fascio laser consente una continua correzione degli errori sulla base delle indicazioni fornite da un algoritmo quantistico. “È quest’ultimo punto a rappresentare la novità”, ha sottolineato Blatt. “Alcuni anni fa, un gruppo di colleghi americani ha dimostrato il generale funzionamento della procedura di correzione degli errori: il nostro nuovo meccanismo permette di farlo ripetutamente e in modo efficiente”.

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