martedì 28 dicembre 2010

browsernik - Tatiana Plakhova

browsernik - Tatiana Plakhova

Un Gene per il comportamento impulsivo grave

Un gene per il comportamento impulsivo grave La mutazione scoperta è a carico del gene HTR2B che codifica per un tipo di recettore per la serotonina, un neurotrasmettitore in grado d'influenzare molti comportamenti, tra cui l'impulsività Una variante genetica di un recettore del cervello umano può contribuire al comportamento impulsivo violento sotto l'influenza dell'alcol: è quanto hanno scoperto i ricercatori del National Institutes of Health (NIH) che descrivono il risultato in un articolo pubblicato sulla rivista Nature. “L'impulsività, o 'tendenza all'azione senza previsione', compare in molti comportamenti patologici, tra cui il suicidio, l'aggressività patologica e le dipendenze”, ha commentato David Goldman, direttore del Laboratory of Neurogenetics del National Institute on Alcohol Abuse and Alcoholism (NIAAA) dei NIH. “Ma si tratta anche di un tratto di grande valore conservativo per l'individuo quando occorre prendere decisioni tempestive in situazioni ad alto rischio." In quest'ultima ricerca, i ricercatori hanno studiato un campione di questi soggetti impulsivi in Finlandia, in cui vive tutt'ora una popolazione con una storia genetica unica. “La maggiore parte dei finlandesi deriva da un ristretto numero di coloni originari, una circostanza che diminuisce la complessità della ricerca sulle cause della patologia nel paese”, ha continuato Goldman. “Studiando la genetica dei soggetti che hanno commesso crimini violenti si aumenta così la probabilità di trovare geni in grado d'influenzare il comportamento impulsivo.” I ricercatori hanno sequenziato il DNA dei soggetti impulsivi e hanno confrontato i dati raccolti con sequenze analoghe di soggetti normali, che costituivano il gruppo di controllo. Da ciò si è scoperto che una singola variazione, che blocca un gene noto come HTR2B, è un fattore predittivo di comportamento impulsivo. L'HTR2B codifica per un tipo di recettore per la serotonina presente nel cervello. Una parziale conferma del dato è il fatto che la serotonina è un neurotrasmettitore in grado d'influenzare molti comportamenti, tra cui l'impulsività. “L'aspetto interessante è che da sola la mutazione genetica non può causare questo tipo di comportamento”, ha sottolineato Goldman. “I portatori di tale mutazione a carico del gene HTR2B che hanno commesso crimini da comportamento impulsivo erano maschi ed erano tutti diventati violenti solo dopo ave consumato alcol, che di per sé porta a un calo delle inibizioni dei comportamenti”. Pubblicato da nicblog a 10:19 0 commenti Invia tramite emailPostalo sul blogCondividi su TwitterCondividi su FacebookCondividi su Google Buzz

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SOFTWERLAND

lunedì 27 dicembre 2010

browsernik - PARACADUTISMO: il sogno di Icaro è quasi... realtà

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Galileo - Giornale di Scienza | Nel cervello come in un videogame

Si tratta di un database open source e open access, in cui poter esplorare nel dettaglio, attraverso animazioni e disegni al computer, il cervello di un topo. 

 

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Si tratta di un database open source e open access, in cui poter esplorare nel dettaglio, attraverso animazioni e disegni al computer, il cervello di un topo. 

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CIBERNIX - Frustrazione ciibernetica

class="posterous_quote_citation">via blog.libero.it
http://www.nature.com/neuro/journal/vaop/ncurrent/full/nn.2724.html Relazione tra le dimensioni dell'amigdala e la complessità della vita sociale Post n°93 pubblicato il 27 Dicembre 2010 da BROWSERIK Tag: neuroscienze, scienze cognitive http://data.kataweb.it/kpmimages/kpm3/misc/scienze/2010/12/26/jpg_1346095.jpg... gli autori la correlazione è peculiare: non esiste una simile relazione tra altre strutture subcorticali e la vita sociale umana e il volume dell'amigdala non è correlato ad altre variabili tipiche della vita sociale degli esseri umani Anche nell'essere umano l'amigdala è fondamentale per sviluppare una ricca e varia vita sociale: è questo il risultato di uno studio pubblicato sulla rivista Nature Neuroscienze che confermerebbe precedenti ricerche su altre specie di primati che hanno avuto come oggetto le dimensioni e la complessità dei gru ppi sociali. "Sappiamo che i primati che vivono in ampi gruppi sociali hanno una amigdala di grandi dimensioni anche una volta normalizzati i dati rispetto alle dimensioni del cervello e a quelle del corpo", ha commentato Lisa Feldman Barrett, psichiatra del Massachusetts General Hospital (MGH) che ha guidato lo studio. "In modo analogo se si considera l'essere umano, il volume di questa regione cerebrale risulta direttamente proporzionale alle dimensioni e alla complessità delle reti sociali stabilite nell'età adulta". Si tratta di una circostanza peculiare, dal momento che gli stessi studiosi hanno mostrato come non esista evidenza di una simile relazione tra altre strutture subcorticali e le caratteristiche della vita sociale umana. D'altro canto, il volume dell'amigdala non è correlato ad altre variabili tipiche della vita sociale degli esseri umani. "La correlazione, inoltre, sembra valere sia per i giovani sia per gli adulti e senza evidenti differenze tra uomini e donne" ha sottolineato Bradford C. Dickerson, ricercatore del dipartimento di neurologia del Martinos Center for Biomedical Research. i ricercatori sono giunti al risultato analizzando le risposte a un questionario circa il numero dei rapporti sociali stabili di 58 volontari di entrambi i sessi e di età compresa tra 19 e 83 anni e mettendole a confronto con le scansioni effettuate mediante risonanza magnetica che hanno fornito indicazioni circa le dimensioni delle diverse strutture cerebrali, tra cui il volume dell'amigdala. Il risultato in definitiva sarebbe coerente con la cosiddetta ipotesi del cervello sociale, secondo cui l'amigdala si sarebbe evoluta parallelamente alla complessità della vita sociale, che raggiunge il punto massimo tra i primati. Altre ricerche, infine, stanno cercando di chiarire il ruolo di anomalie in questa regione cerebrale in diversi deficit neurologici e psichiatrici.

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domenica 26 dicembre 2010

Viaggio in Cappadocia TURCHIA

Viaggio in Cappadocia TURCHIA

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RUSSIA

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24.08.10 проекционное шоу в Харькове (http://vj.kharkov.ua)

Fantastico

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Fantastico

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Ti amo anche se non so chi sei | Scienza in Rete

 

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Ti amo anche se non so chi sei | Scienza in Rete

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Buone Feste da Google 2010

Gli utenti di Google aiuteranno 50.ooo.ooo di persone nel 2011

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Buone Feste da Google 2010

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Buone Feste da Google 2010

Le emozioni, i dubbi, la rabbia Facebook studia il suo popolo - Repubblica.it

LA RICERCA

Le emozioni, i dubbi, la rabbia
Facebook studia il suo popolo

I giovanissimi sono i più irrequieti, con l'età si tende a parlare degli altri e pensare alla famiglia. I pensieri positivi sono molto apprezzati, quelli negativi i più discussi e commentati. Ecco cosa emerge dall'analisi dei messaggi che gli utenti del social network pubblicano sulla loro bacheca di TIZIANO TONIUTTI

Le emozioni, i dubbi, la rabbia Facebook studia il suo popolo

ROMA - Un milione di pensieri degli utenti passati al setaccio, tra la popolazione di madrelingua inglese. Questa la via scelta da Facebook per provare a disegnare una mappa sociale basata sulle emozioni e gli stati d'animo, attraverso l'analisi dei messaggi di "status" lasciati dagli utenti. Ne viene fuori un quadro complesso che dipinge le correlazioni tra età e sensazioni condivise, pensieri e parole, argomenti che diventano importanti in orari ben precisi. Che delinea un livello di interazione tra individui finora inedito e che esiste perché esiste lo spazio virtuale del social network.

L'analisi. Facebook ha analizzato la correlazione tra età, argomenti e linguaggio utilizzato per esprimerli. E la linea tracciata dai risultati è chiara: i messaggi con contenuti positivi, spiritosi, ironici, raccolgono molti "mi piace": gli utenti cliccano volentieri sul pulsante di apprezzamento, un'approvazione silenziosa in termini di parole ma che crea comunque un volume di interesse. Se invece i messaggi sono di tendenza negativa, pensierosa o più articolata, gli utenti/amici di chi l'ha scritto tendono a commentare ed esprimere più dettagliatamente il loro punto di vista sull'argomento. Mal comune mezzo gaudio insomma, ma in questo comportamento si può leggere una strutturazione più complessa della risposta sociale: ti rispondo per aiutarti, ma anche per aiutarmi e per vedere se qualcun altro scriverà qualcosa che potrà aiutare anche me. Insomma, la

https://secure.europe.hp.com/h41111/rfg_formprocessor/global-essn-proliant-mi.../it/smb/tsg/repubblica.it-ba-st_300x250_chev/master_Global_ESSN_ProLiant_MicroServer/20101202" target="_blank"> http://ad-emea.doubleclick.net/jump/N5851.157625.MANZONIADVERTISING./B5067884...?"> Click Here
"rete sociale" nella sua realizzazione ideale.

Età e orari.
Dal punto di vista dell'età, secondo i dati sono gli utenti più giovani quelli più arrabbiati, e focalizzati sulla propria persona. Nei loro messaggi ci sono più emozioni negative e parolacce rispetto a quelli degli utenti più adulti, che invece tendono a privilegiare argomenti come la famiglia, il lavoro e le vite degli altri: più si sale con l'età, più i pronomi si spostano dalla prime persone alla seconde. L'ora del giorno in cui si accede al network incide anche sulla scelta di argomenti e parole. A notte fonda, verso le 4, l'argomento più gettonato è naturalmente il sonno, mentre il lavoro è ciò di cui si parla prima di andare in ufficio. Quando il cielo è buio, intorno all'una di notte, arrivano le emozioni più negative, mentre all'alba, intorno alle sette, i commenti sono positivi e riflettono l'arrivo della luce. La linea emotiva dei pensieri accompagna infatti l'arco solare, iniziando positiva e esprimendo più negatività mano a mano che il sole tramonta.

Un quadro vivente. Con questa analisi, Facebook ha realizzato un'istantanea animata del campione sociale preso in oggetto, che probabilmente alla luce dei modelli di vita non dissimili, si può estendere all'occidente tutto e non solo ai paesi anglofoni. Sono però dati che rimangono dentro Facebook, e che studiati in dettaglio fuori dal social network potrebbero aiutare a comprendere meglio come vivono le persone, cosa spinge la gente a condividere un pensiero, e se davvero la misurazione della qualità della vita può basarsi ancora su parametri antecedenti alle reti sociali. Sono dati che dimostrano l'esistenza di una umanità che utilizza la tecnologia come ausilio alla socialità, dopo che nella scorsa era, quella della tv, l'aveva utilizzata per isolarsi.

(24 dicembre 2010) © Riproduzione riservata


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Le emozioni, i dubbi, la rabbia Facebook studia il suo popolo - Repubblica.it

LA RICERCA

Le emozioni, i dubbi, la rabbia
Facebook studia il suo popolo

I giovanissimi sono i più irrequieti, con l'età si tende a parlare degli altri e pensare alla famiglia. I pensieri positivi sono molto apprezzati, quelli negativi i più discussi e commentati. Ecco cosa emerge dall'analisi dei messaggi che gli utenti del social network pubblicano sulla loro bacheca di TIZIANO TONIUTTI

Le emozioni, i dubbi, la rabbia Facebook studia il suo popolo

ROMA - Un milione di pensieri degli utenti passati al setaccio, tra la popolazione di madrelingua inglese. Questa la via scelta da Facebook per provare a disegnare una mappa sociale basata sulle emozioni e gli stati d'animo, attraverso l'analisi dei messaggi di "status" lasciati dagli utenti. Ne viene fuori un quadro complesso che dipinge le correlazioni tra età e sensazioni condivise, pensieri e parole, argomenti che diventano importanti in orari ben precisi. Che delinea un livello di interazione tra individui finora inedito e che esiste perché esiste lo spazio virtuale del social network.

L'analisi. Facebook ha analizzato la correlazione tra età, argomenti e linguaggio utilizzato per esprimerli. E la linea tracciata dai risultati è chiara: i messaggi con contenuti positivi, spiritosi, ironici, raccolgono molti "mi piace": gli utenti cliccano volentieri sul pulsante di apprezzamento, un'approvazione silenziosa in termini di parole ma che crea comunque un volume di interesse. Se invece i messaggi sono di tendenza negativa, pensierosa o più articolata, gli utenti/amici di chi l'ha scritto tendono a commentare ed esprimere più dettagliatamente il loro punto di vista sull'argomento. Mal comune mezzo gaudio insomma, ma in questo comportamento si può leggere una strutturazione più complessa della risposta sociale: ti rispondo per aiutarti, ma anche per aiutarmi e per vedere se qualcun altro scriverà qualcosa che potrà aiutare anche me. Insomma, la

https://secure.europe.hp.com/h41111/rfg_formprocessor/global-essn-proliant-mi.../it/smb/tsg/repubblica.it-ba-st_300x250_chev/master_Global_ESSN_ProLiant_MicroServer/20101202" target="_blank"> http://ad-emea.doubleclick.net/jump/N5851.157625.MANZONIADVERTISING./B5067884...?"> Click Here
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Età e orari.
Dal punto di vista dell'età, secondo i dati sono gli utenti più giovani quelli più arrabbiati, e focalizzati sulla propria persona. Nei loro messaggi ci sono più emozioni negative e parolacce rispetto a quelli degli utenti più adulti, che invece tendono a privilegiare argomenti come la famiglia, il lavoro e le vite degli altri: più si sale con l'età, più i pronomi si spostano dalla prime persone alla seconde. L'ora del giorno in cui si accede al network incide anche sulla scelta di argomenti e parole. A notte fonda, verso le 4, l'argomento più gettonato è naturalmente il sonno, mentre il lavoro è ciò di cui si parla prima di andare in ufficio. Quando il cielo è buio, intorno all'una di notte, arrivano le emozioni più negative, mentre all'alba, intorno alle sette, i commenti sono positivi e riflettono l'arrivo della luce. La linea emotiva dei pensieri accompagna infatti l'arco solare, iniziando positiva e esprimendo più negatività mano a mano che il sole tramonta.

Un quadro vivente. Con questa analisi, Facebook ha realizzato un'istantanea animata del campione sociale preso in oggetto, che probabilmente alla luce dei modelli di vita non dissimili, si può estendere all'occidente tutto e non solo ai paesi anglofoni. Sono però dati che rimangono dentro Facebook, e che studiati in dettaglio fuori dal social network potrebbero aiutare a comprendere meglio come vivono le persone, cosa spinge la gente a condividere un pensiero, e se davvero la misurazione della qualità della vita può basarsi ancora su parametri antecedenti alle reti sociali. Sono dati che dimostrano l'esistenza di una umanità che utilizza la tecnologia come ausilio alla socialità, dopo che nella scorsa era, quella della tv, l'aveva utilizzata per isolarsi.

(24 dicembre 2010) © Riproduzione riservata


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lunedì 20 dicembre 2010

browsernik - Scajola scortato a sua insaputa

non lo sapeva

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browsernik - Scajola scortato a sua insaputa

non lo sapeva

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Galileo - Giornale di Scienza | Culturomics, la genomica applicata alla cultura

Adesso, grazie a questo lavoro, abbiamo un grande set di dati, disponibile tramite una interfaccia che è al tempo stesso facile da usare e disponibile gratuitamente a tutti”.

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Galileo - Giornale di Scienza | Culturomics, la genomica applicata alla cultura

Adesso, grazie a questo lavoro, abbiamo un grande set di dati, disponibile tramite una interfaccia che è al tempo stesso facile da usare e disponibile gratuitamente a tutti”.

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GOOGLE STREET VIEW on Vimeo

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GOOGLE STREET VIEW on Vimeo

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venerdì 17 dicembre 2010

Helios - short film on Vimeo

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Casa das Histórias Paula Rego in Cascais, Portugal | Eduardo Souto de Moura on Vimeo

Museo dedicato a PAULA rego

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Casa das Histórias Paula Rego in Cascais, Portugal | Eduardo Souto de Moura on Vimeo

Museo dedicato a PAULA rego

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La donna No-Fear (e che il suo cervello rivela): News Discovery

I risultati offrono conferma ancora di più che l'amigdala è alla radice della paura, ha detto Stephan Hamann, psicologo alla Emory University di Atlanta.

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NEL film DELLA VITA - Il Sole 24 ORE

Mi trovo a lavorare al pc e appoggio senza guardare sulla scrivania la tazza di caffè; se poi, sempre senza guardare, allungo la mano per riprendere la tazza, è molto probabile che io manchi il bersaglio

Il paradosso di Zenone

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NEL film DELLA VITA - Il Sole 24 ORE

Mi trovo a lavorare al pc e appoggio senza guardare sulla scrivania la tazza di caffè; se poi, sempre senza guardare, allungo la mano per riprendere la tazza, è molto probabile che io manchi il bersaglio

Il paradosso di Zenone

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giovedì 16 dicembre 2010

Showreel December 2010 on Vimeo

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browsernik - CIBERNIX - Frustrazione ciibernetica

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Il PIL e il senso di benessere Una nuova ricerca conferma il "paradosso di Easterlin": sul lungo periodo il senso di benessere non dipende dalla crescita del reddito Sul lungo periodo il senso di benessere di una popolazione non dipende dalla crescita del reddito. A sostenerlo è uno studio condotto da Richard Easterlin e collaboratori alla University of Southern California e pubblicato sui Proceedings of the National Academy of Sciences. La tesi che la crescita economica non determini un aumento della felicità era in realtà già stata enunciata dallo stesso Easterlin in un articolo intitolato "Does Economic Growth Improve the Human Lot? Some Empirical Evidence" fin dal 1974, tanto da diventare nota nell'ambito delle scienze economiche e sociali con il nome di "paradosso di Easterlin". Studi recenti sembravano però contraddire l'affermazione e l'economista dell'USC ha così deciso di ribattere con un'accurata analisi dell'andamento della situazione economica e del senso del benessere nella popolazione di 37 paesi nell'arco di 22 anni. In particolare, Easterlin ha ampliato l'orizzonte temporale delle più recenti ricerche che indicano una relazione positiva fra soddisfazione della vita e PIL, per dimostrare che tale relazione non è altro che un effetto a breve termine legato a fenomeni di collasso economico e di successiva ripresa, ma che essi non si estendono su un periodo più lungo. "Con una crescita molto rapida del reddito che ha interessato alcuni Paesi appare straordinario che nessuna indagine registri il marcato miglioramento del benessere soggettivo che gli economisti e i politici che appartengono a questo filone di pensiero si aspettano." In meno di 20 anni Cile, Cina e Corea del Sud hanno per esempio assistito al raddoppio del reddito pro capite, ma nell'arco di quel periodo, sia in Cina sia in Cile la popolazione ha mostrato un lieve, peraltro statisticamente non significativo, declino nel senso di soddisfazione per la propria vita. La Corea del Sud ha invece mostrato un lieve aumento (ancora una volta statisticamente non significativo) all'inizio degli anni ottanta, ma in quattro indagini successive, condotte fra il 1990 e il 2005, la soddisfazione per la vita è leggermente declinata. Gli studi di Easterlin hanno contribuito in maniera significativa allo sviluppo di indicatori del benessere delle nazioni che non si incentrassero unicamente sul PIL. (gg)

 

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Il PIL e il senso di benessere Una nuova ricerca conferma il "paradosso di Easterlin": sul lungo periodo il senso di benessere non dipende dalla crescita del reddito Sul lungo periodo il senso di benessere di una popolazione non dipende dalla crescita del reddito. A sostenerlo è uno studio condotto da Richard Easterlin e collaboratori alla University of Southern California e pubblicato sui Proceedings of the National Academy of Sciences. La tesi che la crescita economica non determini un aumento della felicità era in realtà già stata enunciata dallo stesso Easterlin in un articolo intitolato "Does Economic Growth Improve the Human Lot? Some Empirical Evidence" fin dal 1974, tanto da diventare nota nell'ambito delle scienze economiche e sociali con il nome di "paradosso di Easterlin". Studi recenti sembravano però contraddire l'affermazione e l'economista dell'USC ha così deciso di ribattere con un'accurata analisi dell'andamento della situazione economica e del senso del benessere nella popolazione di 37 paesi nell'arco di 22 anni. In particolare, Easterlin ha ampliato l'orizzonte temporale delle più recenti ricerche che indicano una relazione positiva fra soddisfazione della vita e PIL, per dimostrare che tale relazione non è altro che un effetto a breve termine legato a fenomeni di collasso economico e di successiva ripresa, ma che essi non si estendono su un periodo più lungo. "Con una crescita molto rapida del reddito che ha interessato alcuni Paesi appare straordinario che nessuna indagine registri il marcato miglioramento del benessere soggettivo che gli economisti e i politici che appartengono a questo filone di pensiero si aspettano." In meno di 20 anni Cile, Cina e Corea del Sud hanno per esempio assistito al raddoppio del reddito pro capite, ma nell'arco di quel periodo, sia in Cina sia in Cile la popolazione ha mostrato un lieve, peraltro statisticamente non significativo, declino nel senso di soddisfazione per la propria vita. La Corea del Sud ha invece mostrato un lieve aumento (ancora una volta statisticamente non significativo) all'inizio degli anni ottanta, ma in quattro indagini successive, condotte fra il 1990 e il 2005, la soddisfazione per la vita è leggermente declinata. Gli studi di Easterlin hanno contribuito in maniera significativa allo sviluppo di indicatori del benessere delle nazioni che non si incentrassero unicamente sul PIL. (gg)

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mercoledì 29 settembre 2010

Facebook (1) | SOTTOSCRIZIONE DELLA PETIZONE PER LA LIBERAZIONE DI NICOLA CARA DAMIANI

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Facebook (1) | SOTTOSCRIZIONE DELLA PETIZONE PER LA LIBERAZIONE DI NICOLA CARA DAMIANI


Facebook (1) | SOTTOSCRIZIONE DELLA PETIZONE PER LA LIBERAZIONE DI NICOLA CARA DAMIANICari Amici , una ingiustizia si sta consumando nei confronti di Nicola Cara Damiani da parte del Tribunale di Sorveglianza di Bologna che il giorno 21/9 u.s. ha pronunciato l'ordinanza di ripristino della detenzione del medesimo , nonostante questi sia gravemente ammalato e quindi incompatibile con il regime carcerario . Dopo aver trascorso due anni e mezzo in detenzione domiciliare a Fontanellato in una casa affittata dal medesimo , giusta disposizione del Tribunale di Sorveglianza di allontanamento dai luoghi di origine per evitare contatti criminali ( dopo 20 anni di carcere ! ) ora deve ritornare nell'Istituto Penitenziario di Parma . Nulla importa al Tribunale di Sorveglianza che il Cara Damiani sia stato un detenuto modello : Laurea in Scienze Politiche e Sociali conseguita con 105/1110 c/o Università degli Studi di Bari - discussione sulla tesi sperimentale " LA GIURISDIZIONE PENALE ITALIANA" - Anomalie di Sistema . Non conta che il medesimo sia stato sottoposto a vari interventi chirurgici all'intestino per asportazione di adenomi recidivanti in presenza di patologie spinali ( paraparesi invalidante ) . Ma , quel che più interessa , è che Nicola si sia oramai inserito nel contesto sociale partecipando a vari programmi di studio in informatica , scienze cognitive , sociologia ( Università degli Studi di Firenze ) . Nicola ha tanti Amici in rete : Facebook ,Twitter, Blogger ,FriendFeed, Worldpress , Livejournal , Myspace , Tumblr . Flickr , Youtube , Picasa , dove lo potevate rintracciare con vari username ( browsernik ,cybernik , nik0cara ) . Molti hanno letto i suoi interventi di carattere scientifico , culturale , artistico confrontandosi col suo pensiero in pacati dibattiti ( talora accesi ) all'esito dei quali è conseguita una sensazione di appagamento non solo dal punto di vista dialettico ma anche da quello concettuale . Che fare ? Bisogna sottoscrivere la petizione al Tribunale di Sorveglianza( tesa ad ottenere la liberazione dell'Amico Nicola) che verrà formalizzata dall ? Avv. Elena Bernardi c/o Studio Linguerri & Ancarani di Bologna Te. 051331081 .

martedì 28 settembre 2010

lunedì 27 settembre 2010

Galileo - Giornale di Scienza | La materia grigia che fa riflettere

Temi salute

La materia grigia che fa riflettere

0
di Giulia Belardelli | Pubblicato il 20 Settembre 2010 09:05
Detail-detail-pensare

L'attitudine a riflettere sui propri pensieri, sentimenti e decisioni dipenderebbe dalla quantità di materia grigia collocata subito dietro i nostri occhi. A scoprire la relazione tra la capacità di fare introspezione e il volume di materia grigia presente nella corteccia prefrontale anteriore sono stati i ricercatori dello University College di Londra in uno studio pubblicato su Science.

Il gruppo, guidato da Geraint Rees dell'Istituto di Neuroscienze Cognitive dello Ucl, ha analizzato tramite risonanza magnetica a immagini (MRI) il cervello di 32 persone sane sottoposte a un compito visivo. I partecipanti dovevano stabilire quale tra due schermi fosse più luminoso e poi assegnare un valore che indicasse quanto fossero sicuri della propria scelta. Il test era concepito in maniera tale da lasciare sempre un margine di dubbio nella risposta, con differenze minime tra uno schermo e l'altro. Alla base dell'esperimento c'era il presupposto che più si è introspettivi, più si è in grado di valutare correttamente il proprio margine di errore. Confrontando le risonanze dei partecipanti, gli studiosi hanno osservato che a questa attitudine a riflettere sulle scelte corrispondono una maggiore quantità di materia grigia nella corteccia prefrontale anteriore destra e una particolare struttura della materia bianca circostante.

Non è ancora chiaro come materia grigia e bianca influenzino la consapevolezza di sé e del margine di errore in una scelta; il campione è piccolo e i risultati potrebbero anche essere il riflesso di differenze anatomiche o degli effetti dell'esperienza e dell'apprendimento sul cervello. Sarebbe questo, però, l'aspetto più interessante dal punto di vista terapeutico: “Se così fosse – spiegano i neuroscienziati – si potrebbe pensare di allenare queste capacità. Prendiamo l'esempio di due persone con il morbo di Alzheimer, uno conscio della propria malattia, l'altro no: è possibile che il secondo paziente si rifiuti di prendere i farmaci. Se riuscissimo a comprendere le basi neurologiche dell'autoconsapevolezza, potremo un giorno sviluppare trattamenti e strategie mirati al suo allenamento”.

Riferimenti: DOI: 10.1126/science.1195983

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Galileo - Giornale di Scienza | La materia grigia che fa riflettere

Temi salute

La materia grigia che fa riflettere

0
di Giulia Belardelli | Pubblicato il 20 Settembre 2010 09:05
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L'attitudine a riflettere sui propri pensieri, sentimenti e decisioni dipenderebbe dalla quantità di materia grigia collocata subito dietro i nostri occhi. A scoprire la relazione tra la capacità di fare introspezione e il volume di materia grigia presente nella corteccia prefrontale anteriore sono stati i ricercatori dello University College di Londra in uno studio pubblicato su Science.

Il gruppo, guidato da Geraint Rees dell'Istituto di Neuroscienze Cognitive dello Ucl, ha analizzato tramite risonanza magnetica a immagini (MRI) il cervello di 32 persone sane sottoposte a un compito visivo. I partecipanti dovevano stabilire quale tra due schermi fosse più luminoso e poi assegnare un valore che indicasse quanto fossero sicuri della propria scelta. Il test era concepito in maniera tale da lasciare sempre un margine di dubbio nella risposta, con differenze minime tra uno schermo e l'altro. Alla base dell'esperimento c'era il presupposto che più si è introspettivi, più si è in grado di valutare correttamente il proprio margine di errore. Confrontando le risonanze dei partecipanti, gli studiosi hanno osservato che a questa attitudine a riflettere sulle scelte corrispondono una maggiore quantità di materia grigia nella corteccia prefrontale anteriore destra e una particolare struttura della materia bianca circostante.

Non è ancora chiaro come materia grigia e bianca influenzino la consapevolezza di sé e del margine di errore in una scelta; il campione è piccolo e i risultati potrebbero anche essere il riflesso di differenze anatomiche o degli effetti dell'esperienza e dell'apprendimento sul cervello. Sarebbe questo, però, l'aspetto più interessante dal punto di vista terapeutico: “Se così fosse – spiegano i neuroscienziati – si potrebbe pensare di allenare queste capacità. Prendiamo l'esempio di due persone con il morbo di Alzheimer, uno conscio della propria malattia, l'altro no: è possibile che il secondo paziente si rifiuti di prendere i farmaci. Se riuscissimo a comprendere le basi neurologiche dell'autoconsapevolezza, potremo un giorno sviluppare trattamenti e strategie mirati al suo allenamento”.

Riferimenti: DOI: 10.1126/science.1195983

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Galileo - Giornale di Scienza | Dove risiede il senso di colpa

Temi vita

Dove risiede il senso di colpa

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di Tiziana Moriconi | Pubblicato il 20 Settembre 2010 18:38
Detail-cervello-uomo

Il senso di colpa ha una sua precisa sede nel cervello. Anzi, più d’una, visto che si tratta di un’emozione complessa e che ne esistono più forme. Per la prima volta, alcuni ricercatori italiani non solo hanno trovato quali aree vengono attivate da questi sentimenti, ma sono persino riusciti a distinguere tra senso di colpa deontologico (legato alla trasgressione di norme morali condivise dalla società) e altruistico (quello che si prova di fronte a un’ingiustizia, anche se non siamo stati noi a causarla). La scoperta è dell’équipe del Laboratorio di Neuroimmagini della Fondazione Santa Lucia di Roma guidata da Marco Bozzali, che ha lavorato in collaborazione con l’Associazione di Psicoterapia Cognitiva.

Nello studio, una serie di immagini concepite per evocare senso di colpa (sia deontologico sia altruistico) sono state mostrate a un gruppo di 72 volontari (tra 21 e 38 anni) mentre questi erano sottoposti a imaging. Il test è stato poi ripetuto in un secondo gruppo di 22 volontari (con età compresa sempre tra 21 e i 38 anni). In questo caso, però, tutti i partecipanti sono stati coinvolti in un compito di immedesimazione emotiva.

Una prima analisi dei dati della risonanza magnetica ha mostrato che l’identificazione con la colpa porta all’attivazione di due aree cerebrali, ben diverse da quelle attivate dalla rabbia o dalla tristezza: la corteccia del cingolo anteriore e del cingolo posteriore (entrambe coinvolte in abilità cognitive complesse, dette superiori).

In un secondo momento, i ricercatori sono riusciti anche a distinguere le aree coinvolte nei due diversi tipi di senso di colpa: quello di natura deontologica attiva l’insula (coinvolta anche nella sensazione di disgusto), mentre quello di natura altruistica sembra attivare soprattutto la corteccia prefrontale mediale (area che sottostà ad attività sociali, legate all’interpretazione degli stati d’animo e dei comportamenti altrui). Al di là della variabilità individuale, i ricercatori hanno per la prima volta dimostrato che questi sentimenti sono legati a circuiti cerebrali ben precisi e distinti. I risultati sono on line su Human Brain Mapping.

Riferimento: DOI: 10.1002/hbm.21009 

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Dove risiede il senso di colpa

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di Tiziana Moriconi | Pubblicato il 20 Settembre 2010 18:38
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Il senso di colpa ha una sua precisa sede nel cervello. Anzi, più d’una, visto che si tratta di un’emozione complessa e che ne esistono più forme. Per la prima volta, alcuni ricercatori italiani non solo hanno trovato quali aree vengono attivate da questi sentimenti, ma sono persino riusciti a distinguere tra senso di colpa deontologico (legato alla trasgressione di norme morali condivise dalla società) e altruistico (quello che si prova di fronte a un’ingiustizia, anche se non siamo stati noi a causarla). La scoperta è dell’équipe del Laboratorio di Neuroimmagini della Fondazione Santa Lucia di Roma guidata da Marco Bozzali, che ha lavorato in collaborazione con l’Associazione di Psicoterapia Cognitiva.

Nello studio, una serie di immagini concepite per evocare senso di colpa (sia deontologico sia altruistico) sono state mostrate a un gruppo di 72 volontari (tra 21 e 38 anni) mentre questi erano sottoposti a imaging. Il test è stato poi ripetuto in un secondo gruppo di 22 volontari (con età compresa sempre tra 21 e i 38 anni). In questo caso, però, tutti i partecipanti sono stati coinvolti in un compito di immedesimazione emotiva.

Una prima analisi dei dati della risonanza magnetica ha mostrato che l’identificazione con la colpa porta all’attivazione di due aree cerebrali, ben diverse da quelle attivate dalla rabbia o dalla tristezza: la corteccia del cingolo anteriore e del cingolo posteriore (entrambe coinvolte in abilità cognitive complesse, dette superiori).

In un secondo momento, i ricercatori sono riusciti anche a distinguere le aree coinvolte nei due diversi tipi di senso di colpa: quello di natura deontologica attiva l’insula (coinvolta anche nella sensazione di disgusto), mentre quello di natura altruistica sembra attivare soprattutto la corteccia prefrontale mediale (area che sottostà ad attività sociali, legate all’interpretazione degli stati d’animo e dei comportamenti altrui). Al di là della variabilità individuale, i ricercatori hanno per la prima volta dimostrato che questi sentimenti sono legati a circuiti cerebrali ben precisi e distinti. I risultati sono on line su Human Brain Mapping.

Riferimento: DOI: 10.1002/hbm.21009 

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