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FOLK COMPLEXITY by Tatiana Plakhova from Tatiana Plakhova on Vimeo.
MUSIC IS MATH from Tatiana Plakhova on Vimeo.
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Un gene per il comportamento impulsivo grave La mutazione scoperta è a carico del gene HTR2B che codifica per un tipo di recettore per la serotonina, un neurotrasmettitore in grado d'influenzare molti comportamenti, tra cui l'impulsività Una variante genetica di un recettore del cervello umano può contribuire al comportamento impulsivo violento sotto l'influenza dell'alcol: è quanto hanno scoperto i ricercatori del National Institutes of Health (NIH) che descrivono il risultato in un articolo pubblicato sulla rivista Nature. “L'impulsività, o 'tendenza all'azione senza previsione', compare in molti comportamenti patologici, tra cui il suicidio, l'aggressività patologica e le dipendenze”, ha commentato David Goldman, direttore del Laboratory of Neurogenetics del National Institute on Alcohol Abuse and Alcoholism (NIAAA) dei NIH. “Ma si tratta anche di un tratto di grande valore conservativo per l'individuo quando occorre prendere decisioni tempestive in situazioni ad alto rischio." In quest'ultima ricerca, i ricercatori hanno studiato un campione di questi soggetti impulsivi in Finlandia, in cui vive tutt'ora una popolazione con una storia genetica unica. “La maggiore parte dei finlandesi deriva da un ristretto numero di coloni originari, una circostanza che diminuisce la complessità della ricerca sulle cause della patologia nel paese”, ha continuato Goldman. “Studiando la genetica dei soggetti che hanno commesso crimini violenti si aumenta così la probabilità di trovare geni in grado d'influenzare il comportamento impulsivo.” I ricercatori hanno sequenziato il DNA dei soggetti impulsivi e hanno confrontato i dati raccolti con sequenze analoghe di soggetti normali, che costituivano il gruppo di controllo. Da ciò si è scoperto che una singola variazione, che blocca un gene noto come HTR2B, è un fattore predittivo di comportamento impulsivo. L'HTR2B codifica per un tipo di recettore per la serotonina presente nel cervello. Una parziale conferma del dato è il fatto che la serotonina è un neurotrasmettitore in grado d'influenzare molti comportamenti, tra cui l'impulsività. “L'aspetto interessante è che da sola la mutazione genetica non può causare questo tipo di comportamento”, ha sottolineato Goldman. “I portatori di tale mutazione a carico del gene HTR2B che hanno commesso crimini da comportamento impulsivo erano maschi ed erano tutti diventati violenti solo dopo ave consumato alcol, che di per sé porta a un calo delle inibizioni dei comportamenti”. Pubblicato da nicblog a 10:19 0 commenti Invia tramite emailPostalo sul blogCondividi su TwitterCondividi su FacebookCondividi su Google Buzz
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Si tratta di un database open source e open access, in cui poter esplorare nel dettaglio, attraverso animazioni e disegni al computer, il cervello di un topo.
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Fantastico
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Gli utenti di Google aiuteranno 50.ooo.ooo di persone nel 2011
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Gli utenti di Google aiuteranno 50.ooo.ooo di persone nel 2011
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LA RICERCA
Le emozioni, i dubbi, la rabbia
Facebook studia il suo popoloI giovanissimi sono i più irrequieti, con l'età si tende a parlare degli altri e pensare alla famiglia. I pensieri positivi sono molto apprezzati, quelli negativi i più discussi e commentati. Ecco cosa emerge dall'analisi dei messaggi che gli utenti del social network pubblicano sulla loro bacheca di TIZIANO TONIUTTI
ROMA - Un milione di pensieri degli utenti passati al setaccio, tra la popolazione di madrelingua inglese. Questa la via scelta da Facebook per provare a disegnare una mappa sociale basata sulle emozioni e gli stati d'animo, attraverso l'analisi dei messaggi di "status" lasciati dagli utenti. Ne viene fuori un quadro complesso che dipinge le correlazioni tra età e sensazioni condivise, pensieri e parole, argomenti che diventano importanti in orari ben precisi. Che delinea un livello di interazione tra individui finora inedito e che esiste perché esiste lo spazio virtuale del social network.L'analisi. Facebook ha analizzato la correlazione tra età, argomenti e linguaggio utilizzato per esprimerli. E la linea tracciata dai risultati è chiara: i messaggi con contenuti positivi, spiritosi, ironici, raccolgono molti "mi piace": gli utenti cliccano volentieri sul pulsante di apprezzamento, un'approvazione silenziosa in termini di parole ma che crea comunque un volume di interesse. Se invece i messaggi sono di tendenza negativa, pensierosa o più articolata, gli utenti/amici di chi l'ha scritto tendono a commentare ed esprimere più dettagliatamente il loro punto di vista sull'argomento. Mal comune mezzo gaudio insomma, ma in questo comportamento si può leggere una strutturazione più complessa della risposta sociale: ti rispondo per aiutarti, ma anche per aiutarmi e per vedere se qualcun altro scriverà qualcosa che potrà aiutare anche me. Insomma, la
https://secure.europe.hp.com/h41111/rfg_formprocessor/global-essn-proliant-mi.../it/smb/tsg/repubblica.it-ba-st_300x250_chev/master_Global_ESSN_ProLiant_MicroServer/20101202" target="_blank"> http://ad-emea.doubleclick.net/jump/N5851.157625.MANZONIADVERTISING./B5067884...?">"rete sociale" nella sua realizzazione ideale.
Età e orari. Dal punto di vista dell'età, secondo i dati sono gli utenti più giovani quelli più arrabbiati, e focalizzati sulla propria persona. Nei loro messaggi ci sono più emozioni negative e parolacce rispetto a quelli degli utenti più adulti, che invece tendono a privilegiare argomenti come la famiglia, il lavoro e le vite degli altri: più si sale con l'età, più i pronomi si spostano dalla prime persone alla seconde. L'ora del giorno in cui si accede al network incide anche sulla scelta di argomenti e parole. A notte fonda, verso le 4, l'argomento più gettonato è naturalmente il sonno, mentre il lavoro è ciò di cui si parla prima di andare in ufficio. Quando il cielo è buio, intorno all'una di notte, arrivano le emozioni più negative, mentre all'alba, intorno alle sette, i commenti sono positivi e riflettono l'arrivo della luce. La linea emotiva dei pensieri accompagna infatti l'arco solare, iniziando positiva e esprimendo più negatività mano a mano che il sole tramonta.Un quadro vivente. Con questa analisi, Facebook ha realizzato un'istantanea animata del campione sociale preso in oggetto, che probabilmente alla luce dei modelli di vita non dissimili, si può estendere all'occidente tutto e non solo ai paesi anglofoni. Sono però dati che rimangono dentro Facebook, e che studiati in dettaglio fuori dal social network potrebbero aiutare a comprendere meglio come vivono le persone, cosa spinge la gente a condividere un pensiero, e se davvero la misurazione della qualità della vita può basarsi ancora su parametri antecedenti alle reti sociali. Sono dati che dimostrano l'esistenza di una umanità che utilizza la tecnologia come ausilio alla socialità, dopo che nella scorsa era, quella della tv, l'aveva utilizzata per isolarsi.
(24 dicembre 2010) © Riproduzione riservata
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LA RICERCA
Le emozioni, i dubbi, la rabbia
Facebook studia il suo popoloI giovanissimi sono i più irrequieti, con l'età si tende a parlare degli altri e pensare alla famiglia. I pensieri positivi sono molto apprezzati, quelli negativi i più discussi e commentati. Ecco cosa emerge dall'analisi dei messaggi che gli utenti del social network pubblicano sulla loro bacheca di TIZIANO TONIUTTI
ROMA - Un milione di pensieri degli utenti passati al setaccio, tra la popolazione di madrelingua inglese. Questa la via scelta da Facebook per provare a disegnare una mappa sociale basata sulle emozioni e gli stati d'animo, attraverso l'analisi dei messaggi di "status" lasciati dagli utenti. Ne viene fuori un quadro complesso che dipinge le correlazioni tra età e sensazioni condivise, pensieri e parole, argomenti che diventano importanti in orari ben precisi. Che delinea un livello di interazione tra individui finora inedito e che esiste perché esiste lo spazio virtuale del social network.L'analisi. Facebook ha analizzato la correlazione tra età, argomenti e linguaggio utilizzato per esprimerli. E la linea tracciata dai risultati è chiara: i messaggi con contenuti positivi, spiritosi, ironici, raccolgono molti "mi piace": gli utenti cliccano volentieri sul pulsante di apprezzamento, un'approvazione silenziosa in termini di parole ma che crea comunque un volume di interesse. Se invece i messaggi sono di tendenza negativa, pensierosa o più articolata, gli utenti/amici di chi l'ha scritto tendono a commentare ed esprimere più dettagliatamente il loro punto di vista sull'argomento. Mal comune mezzo gaudio insomma, ma in questo comportamento si può leggere una strutturazione più complessa della risposta sociale: ti rispondo per aiutarti, ma anche per aiutarmi e per vedere se qualcun altro scriverà qualcosa che potrà aiutare anche me. Insomma, la
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FANTASTIC
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BUON NATALE e BUON ANNO
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non lo sapeva
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Adesso, grazie a questo lavoro, abbiamo un grande set di dati, disponibile tramite una interfaccia che è al tempo stesso facile da usare e disponibile gratuitamente a tutti”.
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Museo dedicato a PAULA rego
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I risultati offrono conferma ancora di più che l'amigdala è alla radice della paura, ha detto Stephan Hamann, psicologo alla Emory University di Atlanta.
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Mi trovo a lavorare al pc e appoggio senza guardare sulla scrivania la tazza di caffè; se poi, sempre senza guardare, allungo la mano per riprendere la tazza, è molto probabile che io manchi il bersaglio
Il paradosso di Zenone
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Mi trovo a lavorare al pc e appoggio senza guardare sulla scrivania la tazza di caffè; se poi, sempre senza guardare, allungo la mano per riprendere la tazza, è molto probabile che io manchi il bersaglio
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Merry Christmas and Happy New Year
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anche io me la farei una così
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-->The famous ship Bounty visiting the Old Port of Montreal with four other tall ships. The famous three-masted 180-foot long figured in the second episode of the Pirates of the Caribbean movie.
View the virtual tour with ambiant sound in this 360 degrees interactive panorama and see it as if you were there.
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Temi saluteLa materia grigia che fa riflettere
0di Giulia Belardelli | Pubblicato il 20 Settembre 2010 09:05L'attitudine a riflettere sui propri pensieri, sentimenti e decisioni dipenderebbe dalla quantità di materia grigia collocata subito dietro i nostri occhi. A scoprire la relazione tra la capacità di fare introspezione e il volume di materia grigia presente nella corteccia prefrontale anteriore sono stati i ricercatori dello University College di Londra in uno studio pubblicato su Science.
Il gruppo, guidato da Geraint Rees dell'Istituto di Neuroscienze Cognitive dello Ucl, ha analizzato tramite risonanza magnetica a immagini (MRI) il cervello di 32 persone sane sottoposte a un compito visivo. I partecipanti dovevano stabilire quale tra due schermi fosse più luminoso e poi assegnare un valore che indicasse quanto fossero sicuri della propria scelta. Il test era concepito in maniera tale da lasciare sempre un margine di dubbio nella risposta, con differenze minime tra uno schermo e l'altro. Alla base dell'esperimento c'era il presupposto che più si è introspettivi, più si è in grado di valutare correttamente il proprio margine di errore. Confrontando le risonanze dei partecipanti, gli studiosi hanno osservato che a questa attitudine a riflettere sulle scelte corrispondono una maggiore quantità di materia grigia nella corteccia prefrontale anteriore destra e una particolare struttura della materia bianca circostante.
Non è ancora chiaro come materia grigia e bianca influenzino la consapevolezza di sé e del margine di errore in una scelta; il campione è piccolo e i risultati potrebbero anche essere il riflesso di differenze anatomiche o degli effetti dell'esperienza e dell'apprendimento sul cervello. Sarebbe questo, però, l'aspetto più interessante dal punto di vista terapeutico: “Se così fosse – spiegano i neuroscienziati – si potrebbe pensare di allenare queste capacità. Prendiamo l'esempio di due persone con il morbo di Alzheimer, uno conscio della propria malattia, l'altro no: è possibile che il secondo paziente si rifiuti di prendere i farmaci. Se riuscissimo a comprendere le basi neurologiche dell'autoconsapevolezza, potremo un giorno sviluppare trattamenti e strategie mirati al suo allenamento”.
Riferimenti: DOI: 10.1126/science.1195983
tags: comportamento, neuroscienze, cervelloLeggi anche
Brains in dialogue on deep brain stimulation
7 giorni faIl placebo aumenta il desiderio
7 giorni faAntibiotici dal cervello delle cavallette
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Temi saluteLa materia grigia che fa riflettere
0di Giulia Belardelli | Pubblicato il 20 Settembre 2010 09:05L'attitudine a riflettere sui propri pensieri, sentimenti e decisioni dipenderebbe dalla quantità di materia grigia collocata subito dietro i nostri occhi. A scoprire la relazione tra la capacità di fare introspezione e il volume di materia grigia presente nella corteccia prefrontale anteriore sono stati i ricercatori dello University College di Londra in uno studio pubblicato su Science.
Il gruppo, guidato da Geraint Rees dell'Istituto di Neuroscienze Cognitive dello Ucl, ha analizzato tramite risonanza magnetica a immagini (MRI) il cervello di 32 persone sane sottoposte a un compito visivo. I partecipanti dovevano stabilire quale tra due schermi fosse più luminoso e poi assegnare un valore che indicasse quanto fossero sicuri della propria scelta. Il test era concepito in maniera tale da lasciare sempre un margine di dubbio nella risposta, con differenze minime tra uno schermo e l'altro. Alla base dell'esperimento c'era il presupposto che più si è introspettivi, più si è in grado di valutare correttamente il proprio margine di errore. Confrontando le risonanze dei partecipanti, gli studiosi hanno osservato che a questa attitudine a riflettere sulle scelte corrispondono una maggiore quantità di materia grigia nella corteccia prefrontale anteriore destra e una particolare struttura della materia bianca circostante.
Non è ancora chiaro come materia grigia e bianca influenzino la consapevolezza di sé e del margine di errore in una scelta; il campione è piccolo e i risultati potrebbero anche essere il riflesso di differenze anatomiche o degli effetti dell'esperienza e dell'apprendimento sul cervello. Sarebbe questo, però, l'aspetto più interessante dal punto di vista terapeutico: “Se così fosse – spiegano i neuroscienziati – si potrebbe pensare di allenare queste capacità. Prendiamo l'esempio di due persone con il morbo di Alzheimer, uno conscio della propria malattia, l'altro no: è possibile che il secondo paziente si rifiuti di prendere i farmaci. Se riuscissimo a comprendere le basi neurologiche dell'autoconsapevolezza, potremo un giorno sviluppare trattamenti e strategie mirati al suo allenamento”.
Riferimenti: DOI: 10.1126/science.1195983
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Temi vitaDove risiede il senso di colpa
0di Tiziana Moriconi | Pubblicato il 20 Settembre 2010 18:38Il senso di colpa ha una sua precisa sede nel cervello. Anzi, più d’una, visto che si tratta di un’emozione complessa e che ne esistono più forme. Per la prima volta, alcuni ricercatori italiani non solo hanno trovato quali aree vengono attivate da questi sentimenti, ma sono persino riusciti a distinguere tra senso di colpa deontologico (legato alla trasgressione di norme morali condivise dalla società) e altruistico (quello che si prova di fronte a un’ingiustizia, anche se non siamo stati noi a causarla). La scoperta è dell’équipe del Laboratorio di Neuroimmagini della Fondazione Santa Lucia di Roma guidata da Marco Bozzali, che ha lavorato in collaborazione con l’Associazione di Psicoterapia Cognitiva.
Nello studio, una serie di immagini concepite per evocare senso di colpa (sia deontologico sia altruistico) sono state mostrate a un gruppo di 72 volontari (tra 21 e 38 anni) mentre questi erano sottoposti a imaging. Il test è stato poi ripetuto in un secondo gruppo di 22 volontari (con età compresa sempre tra 21 e i 38 anni). In questo caso, però, tutti i partecipanti sono stati coinvolti in un compito di immedesimazione emotiva.
Una prima analisi dei dati della risonanza magnetica ha mostrato che l’identificazione con la colpa porta all’attivazione di due aree cerebrali, ben diverse da quelle attivate dalla rabbia o dalla tristezza: la corteccia del cingolo anteriore e del cingolo posteriore (entrambe coinvolte in abilità cognitive complesse, dette superiori).
In un secondo momento, i ricercatori sono riusciti anche a distinguere le aree coinvolte nei due diversi tipi di senso di colpa: quello di natura deontologica attiva l’insula (coinvolta anche nella sensazione di disgusto), mentre quello di natura altruistica sembra attivare soprattutto la corteccia prefrontale mediale (area che sottostà ad attività sociali, legate all’interpretazione degli stati d’animo e dei comportamenti altrui). Al di là della variabilità individuale, i ricercatori hanno per la prima volta dimostrato che questi sentimenti sono legati a circuiti cerebrali ben precisi e distinti. I risultati sono on line su Human Brain Mapping.
Riferimento: DOI: 10.1002/hbm.21009
tags: cervello, comportamento, imaging, neuroscienzeLeggi anche
Con gli occhi di un bambino
12 giorni faAntibiotici dal cervello delle cavallette
18 giorni faScappa che ti prendo
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Temi vitaDove risiede il senso di colpa
0di Tiziana Moriconi | Pubblicato il 20 Settembre 2010 18:38Il senso di colpa ha una sua precisa sede nel cervello. Anzi, più d’una, visto che si tratta di un’emozione complessa e che ne esistono più forme. Per la prima volta, alcuni ricercatori italiani non solo hanno trovato quali aree vengono attivate da questi sentimenti, ma sono persino riusciti a distinguere tra senso di colpa deontologico (legato alla trasgressione di norme morali condivise dalla società) e altruistico (quello che si prova di fronte a un’ingiustizia, anche se non siamo stati noi a causarla). La scoperta è dell’équipe del Laboratorio di Neuroimmagini della Fondazione Santa Lucia di Roma guidata da Marco Bozzali, che ha lavorato in collaborazione con l’Associazione di Psicoterapia Cognitiva.
Nello studio, una serie di immagini concepite per evocare senso di colpa (sia deontologico sia altruistico) sono state mostrate a un gruppo di 72 volontari (tra 21 e 38 anni) mentre questi erano sottoposti a imaging. Il test è stato poi ripetuto in un secondo gruppo di 22 volontari (con età compresa sempre tra 21 e i 38 anni). In questo caso, però, tutti i partecipanti sono stati coinvolti in un compito di immedesimazione emotiva.
Una prima analisi dei dati della risonanza magnetica ha mostrato che l’identificazione con la colpa porta all’attivazione di due aree cerebrali, ben diverse da quelle attivate dalla rabbia o dalla tristezza: la corteccia del cingolo anteriore e del cingolo posteriore (entrambe coinvolte in abilità cognitive complesse, dette superiori).
In un secondo momento, i ricercatori sono riusciti anche a distinguere le aree coinvolte nei due diversi tipi di senso di colpa: quello di natura deontologica attiva l’insula (coinvolta anche nella sensazione di disgusto), mentre quello di natura altruistica sembra attivare soprattutto la corteccia prefrontale mediale (area che sottostà ad attività sociali, legate all’interpretazione degli stati d’animo e dei comportamenti altrui). Al di là della variabilità individuale, i ricercatori hanno per la prima volta dimostrato che questi sentimenti sono legati a circuiti cerebrali ben precisi e distinti. I risultati sono on line su Human Brain Mapping.
Riferimento: DOI: 10.1002/hbm.21009
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