sabato 9 aprile 2011

Abbiamo provato il Google-pc. Ecco come è andata [test e foto] - Wired.it

Abbiamo provato il Google-pc. Ecco come è andata [test e foto]

Per la precisione è il Chrome Notebook Cr-48. Ma non si sa ancora se e quando arriverà in Italia né quando sarà prodotto. È un interessante viaggio nel mondo dei computer del futuro: iperconnessi, sincronizzati, veloci e con un'autonomia spaventosa

09 aprile 2011 di Maurizio Pesce

Alle prese con il Cr-48

Milano. C'è tutta la redazione dedicata a gadget e consumer electronics, qui: Stefano Priolo, Maurizio Pesce e Riccardo Meggiato alla scoperta del nuovo giocattolo targato Google. È un prototipo, il case è volutamente anonimo

 

  • Alle prese con il Cr-48

    Alle prese con il Cr-48

    Milano. C'è tutta la redazione dedicata a gadget e consumer electronics, qui: Stefano Priolo, Maurizio Pesce e Riccardo Meggiato alla scoperta del nuovo giocattolo targato Google. È un prototipo, il case è volutamente anonimo

  • Le prese usb dove sono?

    Le prese usb dove sono?

    Prima curiosità: quante e quali prese ci sono su questo notebook? Una usb sulla destra, con l'uscita per le cuffie e lo slot per la SD card

  • Magari dall'altra parte...

    Magari dall'altra parte...

    Sulla sinistra c'è solo la scart Vga per collegare il Chrome Notebook a un monitor esterno. La connettività fisica è tutta qui

  • Benvenuti nel Pilot program

    Benvenuti nel Pilot program

    Chrome OS è ancora in fase di sviluppo e verrà aggiornato costantemente. L'hardware invece resterà invariato per un bel po', ben sapendo che la parte più importante è il sistema operativo

  • Cr-48, conosciamoci

    Cr-48, conosciamoci

    Il tutorial iniziale prevede una decina di argomenti principali e molti dettagli. Si legge con piacere, si nota una certa goduria nelle intenzioni di chi l'ha scritto. La sensazione è contagiosa, questo notebook ci piace già

  • Veloce ad accendersi, veloce a spegnersi

    Veloce ad accendersi, veloce a spegnersi

    7 secondi da spento, 1 dallo stand-by. "Chrome Notebook si avvia piuttosto in fretta", si legge nel tutorial. "Potresti non aver più tempo per quel caffè a cui ti sei abituato in attesa che il tuo vecchio pc si accenda"

  • Si accede solo con un account Google, anche da ospiti

    Si accede solo con un account Google, anche da ospiti

    Non c'è bisogno di creare profili, ogni utente accede col proprio account di Google. Essendo tutto sincronizzato online, ognuno troverà l'interfaccia personalizzata e i propri file proprio come fosse il suo computer

  • Sempre connesso. Specialmente al primo accesso

    Sempre connesso. Specialmente al primo accesso

    Wi-fi o 3G (c'è uno slot per una sim, sotto la batteria): il Chrome Notebook deve essere connesso per funzionare. Almeno al primo avvio, senza Rete non si può fare proprio niente

  • Accendiamo l'hotspot dell'iPhone 4

    Accendiamo l'hotspot dell'iPhone 4

    Il modulo 3G è bloccato su Verizon, hackerarlo dopo 10 minuti non ci pareva carino. Optiamo per la connessione Wi-fi, con l'hotspot personale dell'iPhone 4 di Stefano

  • Sempre connesso, col Wi-fi o il 3G

    Sempre connesso, col Wi-fi o il 3G

    "Un computer senza Internet non è poi così utile", recita il tutorial. Il Chromebook si vanta fin da subito di essere un pc ottimizzato per il Web. Inserita la password, il caricamento delle proprie impostazioni è praticamente immediato

  • Alla scoperta di Chrome OS

    Alla scoperta di Chrome OS

    Non c'è desktop, non c'è icona Risorse del Computer. Può sembrare strano, ma non lo è così tanto: ormai il 90% delle volte che siamo al pc abbiamo un browser aperto, la necessità di un desktop, alla fine, non si sente

  • Il Web non è più solo Internet

    Il Web non è più solo Internet

    Con centinaia di applicazioni web puoi fare qualsiasi cosa. Per questo il Chrome Notebook ha il Web Store preinstallato: per navigare attraverso applicazioni, temi ed estensioni e scoprire in fretta cosa aggiungere al nuovo computer

  • Uno sguardo al Chrome Web Store

    Uno sguardo al Chrome Web Store

    Applicazioni, temi ed estensioni per personalizzare il browser sono divisi per categoria. Installare le app è veloce e intuitivo: cliccato sull'icona del programma scelto, in pochi secondi lo ritroviamo nell'homepage, pronto per essere usato

  • Cosa c'è nel Chrome Web Store?

    Cosa c'è nel Chrome Web Store?

    Chrome to Phone permette di scambiare dati tra notebook e telefono Android; con Picnik si possono modificare foto e condividerle via email o social network; Soundtrckr è una Internet radio con un catalogo di milioni di canzoni

  • A caccia dell'app giusta

    A caccia dell'app giusta

    Già adesso, con Chrome OS ancora in fase embrionale, nello Store ci sono 2300 applicazioni. Temi ed estensioni sono quelle del browser e ce ne sono 1800

  • Tutto sulla cloud, se cambi computer ritrovi file e impostazioni

    Tutto sulla cloud, se cambi computer ritrovi file e impostazioni

    Puoi perdere il computer, ma non i file. Allo stesso modo, se lasciassimo il computer a casa, potremmo accedere a tutti i nostri documenti, le app e le impostazioni tramite un altro Chrome Notebook

  • Con la cloud si stampa anche

    Con la cloud si stampa anche

    Si stampa in the cloud con le stampanti connesse alla Rete oppure tramite un secondo computer a cui la stampante è fisicamente collegata. Si possono anche stampare gli allegati dell'email senza nemmeno aprirli

  • Qualche tasto, qui, è nuovo

    Qualche tasto, qui, è nuovo

    Niente tasti funzione, rimpiazzati da comandi più frequenti: Avanti e Indietro, Ricarica (perché chiamarla ancora F5?), Schermo pieno (non più F11), Tab successiva, Aumento e Diminuzione luminosità, comandi del volume e accensione

  • La tastiera del cr-48 è un po' diversa

    La tastiera del cr-48 è un po' diversa

    La tastiera ricorda molto quella dei MacBook: tasti ben definiti, spaziati uno dall'altro. Le lettere sono minuscole, i simboli son sempre quelli

  • Un colpo al tasto

    Un colpo al tasto "cerca" e si apre una nuova tab

    Al posto del Caps Lock, una lente d'ingrandimento: un colpo e si apre una nuova tab di Chrome, dove scegliere un'app, digitare un sito o una chiave di ricerca nella url bar, che su Chrome, si sa, punta direttamente a Google

  • Touchpad di grandi dimensioni, comodo da scorrere

    Touchpad di grandi dimensioni, comodo da scorrere

    Se il cursore si muove troppo in fretta o troppo lentamente, si può regolare la velocità dalle impostazioni. Si può sempre usare un mouse, a filo o wireless con ricevitore usb

  • Clic con due dita per l'effetto tasto destro

    Clic con due dita per l'effetto tasto destro

    Il cursore si muove con un dito, con due si fa scrollare la pagina su e giù. Nelle impostazioni iniziali, il clic è fisico: un dito per il tasto sinistro, due dita per chiedere le opzioni del tasto destro. Dalle opzioni si può ripristinare il tap-to-click

  • I tasti rispondono molto bene

    I tasti rispondono molto bene

    Sotto le dita, i colpi sui tasti si avvertono distintamente, la risposta è immediata. Lo spazio tra un tasto e l'altro permette una facile scrittura anche senza tenere lo sguardo fisso sulla tastiera

  • Scratchpad: una finestrella per prendere appunti, sempre in primo piano

    Scratchpad: una finestrella per prendere appunti, sempre in primo piano

    Sincronizzato con i Google Docs, lo scratchpad è un piccolo blocco note che resta sempre in primo piano davanti a qualsiasi attività, per avere sempre a portata di mano un posto dove prendere appunti al volo

  • Entanglement, un gioco a caso tra quelli basati su web e precaricati in Chrome OS

    Entanglement, un gioco a caso tra quelli basati su web e precaricati in Chrome OS

    I giochi del Web Store sono pronti per essere giocati senza scaricare, installare o configurare: sono basati sul Web, dalle carte a FarmVille, Super Mario Bros. e Madden NFL Superstars

  • Non c'è un File Manager

    Non c'è un File Manager

    Tutto quello che viene scaricato è visualizzato subito nel Web. Se servisse, si può comunque accedere all'elenco cliccando sul popup che si apre durante il download. Una volta chiuso, si può richiamare schiacciando Ctrl+O

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Prezzo nd

Sistema Operativo: Chrome OS
Processore: Intel Atom 1660 MHz
Hard Disk: ssd da 16gb
RAM: 2gb
Peso: 1,6 kg
Schermo: 12", 1280x800
Marca: Google
Disponibilità: nd


 

 

Sette secondi o poco più: tanto serve a un Chrome Notebook completamente spento per accendersi ed essere pronto all'uso. Praticamente stiamo parlando del tempo di leggere queste due frasi e il computer qui a fianco ha già completato la procedura di avvio. Ma se il Cr-48 fosse stato in stand-by, non avremmo avuto neanche il tempo di spostare le mani da lì a qui: ci mette un secondo a passare dal riposo a essere sveglio.

Il Chrome Norebook è ancora un prototipo. Va detto subito, perché pecca di difetti di gioventù neanche troppo marcati, ma stiamo pur sempre testando una versione iniziale del computer che verrà. E che non è neanche detto che verrà in questa forma, dato che i primi modelli in commercio con Chrome OS saranno prodotti da Samsung e Acer. L'hardware potrebbe quindi cambiare parecchio. Facciamo comunque il punto, per capire che dispositivo potrebbe arrivare sul mercato.

Schermo da 12,1" con risoluzione massima 1280x800, webcam e microfono integrati.  Disco fisso a stato solido da 16gb. Sul fronte della connetività c'è poco da registrare: una sola usb e un ingresso per SD card, un'uscita per le cuffie e una Vga per un monitor esterno. Tutto qui. Soprattutto, tramite le porte non si possono scaricare documenti sul computer: servono solo per collegare un mouse o per il ripristino del sistema operativo. Dimenticate di passarci le foto: il sistema non le vede affatto, proprio come se scheda o chiavetta fossero vuote.

Leggero, silenzoso, si porta dietro con facilità e la velocità con cui torna operativo lo rende perfetto per l'uso in mobilità. Sali in metropolitana, si chiudono le porte e il browser è già aperto e pronto a navigare prima che riparta il treno. La batteria ha una durata notevolmente superiore alla media dei notebook: tra sessioni di lavoro e momenti di stand-by, tra una carica e l'altra l'abbiamo fatto andare anche per 8-9 ore.

Ad ogni modo, è quello che c'è dentro a rendere l'esperienza su questo computer completamente diversa dalle precedenti. Non serve impostare profili: si entra solo con un account di Google e a ognuno corrisponde un utente diverso, con le sue impostazioni e i suoi GDocs sincronizzati automaticamente. Non esiste un desktop: una volta avviato, il notebook propone direttamente l'homepage di Chrome. Può sembrare strano, ma in realtà la maggior parte delle volte che accediamo a un computer è per navigare: trovarsi direttamente su Chrome, quindi, non è poi così insolito.

Dalla prima schermata, possiamo scegliere le prime app precaricate o dirigerci direttamente al Web Store: per personalizzare il proprio notebook, sono già disponibili 1800 temi per il browser e 2300 applicazioni.

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venerdì 8 aprile 2011

CIBERNIX - Frustrazione ciibernetica

Lo Scisto Bituminoso sarà la nuova fonte d'energia

Post n°179 pubblicato il 09 Aprile 2011 da BROWSERIK

E se la fonte energetica del futuro fosse qualcosa di molto simile al petrolio? Anzi, di più, un parente prossimo dell’oro nero? È quello che suggererirebbe la recente corsa delle più potenti nazioni del mondo (Usa in particolare) all’estrazione di scisto bituminoso, un tipo di bitume sedimentario dal quale, con opportuni e dispendiosi procedimenti chimici, si può ottenere gas naturale non convenzionale.

Lo scisto è un materiale sedimentario bituminoso (sono considerati bitumi anche asfalto e catrame) molto ricco in idrocarburi che può essere trovato in grandi quantità nella crosta terrestre. Da questo tipo di roccia sedimentaria può essere prodotto prezioso gas naturale, il problema però è che, data la sua ridotta permeabilità, per poter estrarne gas è necessario provocare microfratture attraverso cui far filtrare dell’acqua trattata. Questo porta ai processi estremamente invasivi che si stanno diffondendo negli Stati Uniti e in Cina, e che stanno procurando allo shale gas la cattiva fama di nemico dell'uomo.

A differenza delle tradizionali estrazioni petrolifere, per ottenere gas di scisto è necessaria una tecnica chiamata hydraulic fracturing, che implica l’attuazione di trivellazioni che si estendono orizzontalmente. Completata la trivellazione, nel canale creato viene pompata acqua mischiata a sabbia e a particolari composti chimici, per moltiplicare le fratture nel materiale bituminoso e permettere il recupero di gas attraverso l’acqua. Questa tecnica di estrazione è stata sviluppata e messa in opera solo di recente, abbattendo i costi di estrazione e rendendo il gas di scisto un’alternativa molto più abbordabile di quanto non lo fosse dieci anni fa.

Un altro idrocarburo, dunque, un’altra risorsa esauribile, un’altra fonte di emissioni la cui estrazione comporta interventi di perforazione parecchio invasivi. Possibile che questa sia considerata l’alternativa futura a petrolio e carbone? Sì, perché anche se negli anni lo scisto bituminoso non è mai stato preso troppo sul serio - per via dei suoi elevati costi di estrazione e raffinazione - dopo il disastro di Fukushima, con il prezzo del petrolio che sale inarrestabile, il terreno è ormai fertile per rivalutare qualsiasi alternativa energetica immediatamente spendibile; spesso a discapito di una transizione verso le rinnovabili che continua a procedere a scossoni.

Non sconvolge più di tanto quindi sapere che in tutto il mondo la corsa alle perforazioni idrauliche orizzontali sia partita in quarta. Pochi giorni fa la compagnia cinese Petrochina ha completato la prima massiccia trivellazione (un km in orizzontale, due in verticale) nella regione di Sichuan. Un mese fa, poi, la famosa compagnia australiana Bhp Billiton ha scucito 4,75 miliardi di dollari per comprare una riserva di scisto bituminoso sul suolo statunitense.

Ma la nuova frontiera energetica aperta da questa nuova tecnologia fa gola a tanti altri paesi, in particolare quelli che oggi dipendono in aprte dalle riserve energetiche di altre nazioni, come per esempio la Polonia, la Germania, la Francia e la Gran Bretagna. Parlando di impatto ambientale, per quanto concerne le emissioni, il gas di scisto rappresenterebbe un’alternativa più verde di petrolio e carbone. Il problema sono le tecniche di estrazione che, oltre a consumare ampie porzioni di terreno, creano non pochi problemi ai centri abitati limitrofi. Questa problematica è lampante negli Stati Uniti, dove le trivellazioni hanno fatto emergere 23mila miliardi di metri cubici di gas di scisto (più di 30 volte quanto ne viene consumato nell’intero paese), migliaia di cittadini si sono trovati con dei pozzi rumorosi a poche centinaia di metri (a volte addirittura nel cortile di casa, per via delle norme sui diritti minerari). Acque del rubinetto che prendono fuoco, specchi d’acqua neutralizzati della loro flora e fauna, bestiame contaminato per aver bevuto le acque di scarico dei pozzi. Una situazione drammatica che è stata raccontata con efficacia in un documentario intitolato GasLand.

Ma la protesta contro lo shale gas si è allargata anche fino ai paesi europei. In Francia, per esempio, è nato un movimento chiamato No Gazaran, che si batte per contrastare lo sfruttamento delle campagne attorno al Rodano. In Italia, dove dal 2009 è attivo il primo rigassificatore offshore Gbs al mondo, stando ad alcune analisi, non ci sarebbero le condizioni territoriali e logistiche, per traforare orizzontalmente le riserve di scisto come negli Stati Uniti. Eni, tuttavia, avrebbe in progetto di sfruttare il know-how che detiene in materia di gas non convenzionali, per finanziare estrazioni di gas di scisto in Algeria e Polonia.

Insomma, il gas di scisto potrebbe rappresentare un punto di svolta nella produzione energetica internazionale? La risposta è: dipende. Dipende dalla zona geografica di cui si parla. Se per gli Stati Uniti le riserve di gas non convenzionale possono effettivamente fare la differenza, lo stesso non vale per l’ Europa dove, stando a un calcolo fatto da Don Gauthier dell’US Geological Survey, bisognerebbe sfruttare una zona grande quando Belgio, Olanda e Lussemburgo messi assieme e ridurla a un colabrodo con almeno 6mila pozzi.

Senza contare, poi, che ancora non si conoscono con esattezza le dinamiche dell’estrazione di gas di scisto. Alcuni esperti valutano infatti che il picco di produttività potrebbe essere raggiunto presto, dopodiché la produttività si assesterebbe su un plateau di valori bassi. In quest’ottica, lo sfruttamento di shale gas potrebbe dunque aiutare a tamponare l’emergenza energetica nei prossimi anni, ma lascerebbe irrisolto il problema per le generazioni a venire.

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L'ologramma perfetto - Wired.it

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L'ologramma perfetto Immagini tridimensionali che mantengono le caratteristiche e i colori dell’oggetto originale. Da qualunque angolo le si guardi. Un miraggio per il mercato del 3D. Lo studio su Science 08 aprile 2011 di Giovanna Dall'Ongaro Cogli la prima mela a ologramma Ologramma multicolore di una mela creato grazie alla nuova tecnica messa a punto dallo scienziato giapponese Miyu Ozaki (credit: Science/AAAS) ‹ › ‹ Cogli la prima mela a ologramma Dove nascono gli ologrammi Gru in rosso Gru in verde Gru in blu Rosa rossa Rosa verde Rosa blu › 0 1 2 3 4 5 6 7 Se una mela è rossa rimane rossa da qualunque angolo la si guardi. Lo stesso, d’ora in poi, varrà per il suo ologramma. Grazie a una nuova tecnica messa a punto dallo scienziato giapponese Miyu Ozaki, presentata su Science, gli ologrammi di nuova generazione saranno multicolore e manterranno le stesse tonalità e caratteristiche da qualunque prospettiva vengano osservati. La novità suona appetitosa per il business dei video in 3D che finalmente vedrebbe realizzati i propri sogni: dire addio agli occhialetti senza costringere gli spettatori a interminabili cambi di posizione per trovare l’angolazione giusta. Le evanescenti copie tridimensionali realizzate fino a oggi, infatti, deludono le aspettative dei cultori della terza dimensione. Ne esistono di due tipi, ognuno con un difetto non trascurabile. Ci sono gli ologrammi che diventano inesorabilmente monocromatici quando sono esposti alla luce e quelli che, pur mantenendosi colorati, perdono verosimiglianza non appena li si osservi da un’altra angolazione. La nuova tecnica, che utilizza la luce bianca invece del tradizionale laser, promette di ovviare a tutto ciò sfruttando l’attività degli elettroni sulla superficie di film metallici (il fenomeno è chiamato diffrazione dei plasmoni). Nella fase di realizzazione dell’ologramma cambia tutto. L’immagine non viene più ottenuta per interferenza ottica facendo rimbalzare la luce laser dall’oggetto a una lastra fotografica che registra le informazioni sulla fase e l’ampiezza dell’onda luminosa, ma dosando l’angolazione della luce bianca indirizzata sulla superficie di un film sottile di metallo ricoperto da un materiale fotoresistente che contiene un ologramma ottenuto da laser rosso, verde e blu. Così è stata ottenuta l’immagine di quella mela che fluttua sullo schermo, alle spalle del ricercatore che l’ha realizzata, rossa da qualunque parte la si guardi e dalla foglia sempreverde. Licenza Creative Commons This opera is licensed under a Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivs 3.0 Unported License. open/close TIMELINE commenti commenti autore updates correlati Tags correlati: ologrammi 3D Science Giappone Miyu Ozaki colori televisori Follow: Segui Inserisci il tuo nome Inserisci qui il tuo commento: VOTA 8Wired 2Tired 2Expired + Segui 20Condividi Contenuti Correlati All'interno del Fermilab 07 aprile 2011 Una nuova particella (ma non è quella di Dio) di Valentina Arcovio SCIENZA Una parte del Tevatron, l'acceleratore di particelle a caccia del bosone di Higgs 06 aprile 2011 Trovata la particella di Dio? di Wired.it Staff SCIENZA enterprise 04 marzo 2011 Come creare il raggio traente di Star Trek di Tiziana Moriconi SCIENZA esplosione nucleare 01 marzo 2011 Le conseguenze di una guerra nucleare di Tiziana Moriconi SCIENZA antilaser 18 febbraio 2011 Ecco come neutralizzare il laser di Tiziana Moriconi TECH Bilancia 16 febbraio 2011 Il chilogrammo ha perso peso di Caterina Visco SCIENZA Mimivirus 03 febbraio 2011 Come si fotografa un virus di Tiziana Moriconi SCIENZA pettirosso 28 gennaio 2011 Il pettirosso? 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Facebook apre le porte dei suoi server a tutti - Wired.it

Facebook apre le porte dei suoi server a tutti

L’azienda di Palo Alto ha deciso di condividere tecnologie ed expertise sui propri centri di elaborazione dati, energeticamente efficienti e più economici. Ma nel mirino c’è sempre lo stesso obiettivo: Google

08 aprile 2011 di Caterina Visco

server facebook

server facebook

 

  • server facebook

    server facebook

    server facebook

È probabilmente il centro di elaborazione dati più efficiente mai costruito. È quello di Prineville, Oregon, costruito da zero dagli ingegneri di Facebook. Non solo efficiente, ma anche senza segreti. Perché di questa meraviglia nuova di zecca, costata decine di milioni di dollari e sviluppata nel giro di due anni insieme ad altre grandi aziende del settore come Intel, Amd, Hp e Dell, Zuckeberg ha annunciato ieri di voler di condividere ogni più piccolo dettaglio, grazie all' Open Computer Project, un progetto di sharing di expertise, ma allo stesso tempo un’ennesima sfida a Google.

Ma andiamo con ordine. Come spiega Jonathan Heliger, vice presidente per le operazioni tecniche, in una nota sul social network, un paio di anni fa Fb si è accorta che crescendo a ritmi così vertiginosi avrebbe avuto bisogno di server molto più potenti e possibilmente più economici di quelli attualmente a disposizione. Così ha deciso di fare da sola e, dal momento che doveva costruirsi una nuova infrastruttura tutta per sé, ha cercatodi ottimizzare ogni aspetto, dall’architettura fino ai singoli hardware e software, in termini di costi, energia e impatto ambientale. Il risultato è un data center che usa il 38 per cento di energia in meno rispetto a quelli usati al momento da Facebook, e con una riduzione dei costi del 24 per cento. Prineville non solo ha raggiunto come indice dell’utilizzo di energia ( Pue) il valore di 1,07, decisamente più basso del   1,5 delle vecchie strutture esistenti, ma ha anche ridotto le perdite di distribuzione dell’energia: dall ’11-17 per cento al 2 per cento. Risultati tanto entusiasmanti da convincere Zuckeberg a costruire un secondo data center a Rutherford in North Carolina, con un investimento di 450 milioni di dollari.

La domanda, però, sorge spontanea: perché mettere tutto a disposizione del mondo intero? Fino a oggi, ogni minima informazione rispetto a server e data center è sempre stata più che riservata. Come ben spiega Jon Stokes su Ars Technica, persino Google, nonostante il professato amore per la cultura open, si è sempre tenuta ben stretta i dettagli relativi alle sue infrastrutture, parlandone solo quando oramai divenute obsolete e pronte a essere sostituite.

Ispirandoci al modello dei software open source abbiamo deciso di condividere le innovazioni presenti nei nostri data center con l’intera industria di settore”, spiega Heliger nella nota: “ Chiunque può avere accesso a ogni dettaglio, disponibile sul sito del progetto. Condividere queste tecnologie vuol dire fare in modo che la comunità compia ulteriori progressi che non ci sarebbero se tenessimo tutto segreto”.

Pur volendo credere alle buone intenzioni del social network più famoso del mondo, non si può certo pensare che sia tutto qui. Non si fa nulla per nulla, e Stokes offre un paio di considerazioni convincenti su cosa ci guadagna Facebook da tanta generosità.

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AS ONE on Vimeo

ATTENZIONE PRIMA DI GUARDARE QUESTO VIDEO ASSICURATEVI CHE CI SIA QUALCUNO VICINO PER FARVI RISVEGLIARE DAL TRANCE

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SF to Paris in Two Minutes on Vimeo

Bellissimo video sul volo Parigi San Francisco realizzato da Beep Show

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giovedì 7 aprile 2011

Arriva l'occhio in provetta - Wired.it

Arriva l'occhio in provetta

In soli 10 giorni cellule staminali di topo si auto-assemblano in una struttura tridimensionale che ha tutte le caratteristiche di una retina funzionale. Una nuova frontiera per la medicina rigenerativa

07 aprile 2011 di Martina Saporiti

occhio provetta

occhio provetta

 

  • occhio provetta

    occhio provetta

    occhio provetta

Un occhio che si costruisce da sé senza aver bisogno di nulla salvo che della materia prima, cioè di cellule indifferenziate. Non è fantascienza ma scienza, perché per la prima volta si è riusciti a osservare in laboratorio le prime fasi dello sviluppo dell’occhio di un topo: da un’aggregazione informe di cellule indifferenziate sino all’ordinata struttura della retina. La cosa sorprendente è che le immagini non vengono da un embrione che si sta formando, ma da coltivazioni di cellule staminali.

Sino a oggi, nei laboratori di medici e biologi si coltivavano le staminali con l’obiettivo di ottenere linee di cellule specializzate da trapiantare per scopi terapeutici. Ma l’idea di creare veri e propri organi non era mai passata di mente ai ricercatori, spaventati dalla complessità dei processi che si ipotizzavano controllare la formazione degli organi. In un nuovo studio pubblicato su Nature, ricercatori del Riken Center for Developmental Biology e della Kyoto University Graduate School of Medicine, in Giappone, hanno dimostrato che l’occhio dei mammiferi può auto-assemblarsi in una struttura tridimensionale funzionale senza aver bisogno di segnali provenienti da altri tessuti. In verità, che un organo potesse svilupparsi senza la necessità di un’induzione chimica esterna era un’ipotesi già contemplata da alcuni scienziati, primo tra tutti il padre dell’embriologia sperimentale e premio Nobel nel 1935 Hans Spemann. Oggi, questa ipotesi è diventata realtà grazie al lavoro dei ricercatori giapponesi, che hanno seguito passo dopo passo gli stadi di formazione della retina.

La retina è una struttura di derivazione nervosa. È costituita da coni e bastoncelli, fotorecettori che hanno il compito di trasformare gli stimoli luminosi negli impulsi nervosi che arriveranno al cervello per essere elaborati in immagini. Per osservare in laboratorio i complessi di formazione di questa struttura, i ricercatori hanno messo in alcune piastrine gruppi di cellule staminali assieme a una matrice (un mezzo dove farle riprodurre e differenziare) costituita da componenti biologici extra-cellulari. Questa tecnica di coltura è stata la chiave del successo: in 7 giorni le cellule si sono differenziate in tessuto epiteliale; il giorno successivo si è iniziata a formare la struttura di origine della retina e il decimo giorno è apparsa le parete del cosiddetto calice ottico, da cui la retina si sarebbe formata definitivamente. La prova che le strutture così ottenute erano realmente funzionali l’ha offerta la genetica. Analizzando le cellule all'ultimo stadio di differenziazione, infatti, sono stati individuati i geni normalmente espressi in una cellula fotorecettrice. Utilizzando simulazioni computerizzate, poi, i ricercatori hanno scoperto che a guidare l’assemblamento dell’occhio sono forze meccaniche che modificano forma e disposizione delle cellule. Ma ancora non sono del tutto chiari i meccanismi molecolari coinvolti.

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Google, 100 milioni per far diventare YouTube una tv - Wired.it

Google, 100 milioni per far diventare YouTube una tv

BigG trasformerà il celebre sito in un vero e proprio network televisivo. I soldi serviranno per girare documentari, serie, video da inserire in 20 canali tematici

07 aprile 2011 di Martina Saporiti

Youtube tv

 

  • Youtube tv

    Youtube tv

È tempo di rinnovamento per YouTube. La sua proprietaria Google Inc. ha in mente di trasformare il sito web da un semplice contenitore di video a un vero e proprio network televisivo. Per farlo rivoluzionerà il look del sito, che potrebbe presto arricchirsi di 20 canali organizzati per argomento, dallo sport all’arte. A fornire i contenuti di ogni canale, assolutamente originali, sarà chi si aggiudicherà i 100 milioni di dollari che Google è disposto a spendere per finanziare il nuovo faraonico progetto. Ancora non si conoscono i nomi dei fortunati, ma già si vocifera di spedizioni in quel di Hollywood alla ricerca di giovani talenti, produttori e registi.

A mettere la pulce nell’orecchio a Google è stata forse Netflix, una società statunitense per il noleggio via Internet di dvd e videogiochi. Quasi un mese fa, infatti, era apparsa la notizia di una trattativa in corso tra la società e il regista David Fincher (quello di The Social Network) per la distribuzione in esclusiva di una sua serie tv. La mossa di Netflix è chiara: evolversi da un semplice servizio di noleggio a un canale in grado di competere con la tv via cavo a pagamento. D’altra parte, per un’azienda del settore è bene diversificare le proprie attività. Lo sa bene Netflix, preoccupata dalle conseguenze della faccenda Dish Network, la tv satellite che ha appena rilevato Blockbuster annunciando di volerla riportare ai massimi livelli nel campo dell’ entertainmet.

Tornando a Google e You Tube, ancora non è chiaro quando inizierà il restauro, e gli addetti ai lavori cercano di non lasciarsi sfuggire troppe informazioni. “ YouTube ha vissuto una crescita esponenziale nel 2010 e tutti noi siamo eccitati per il futuro”, ha detto un interno al Wall Street Journal. Le parole non aiutano a immaginare quali saranno i prossimi sviluppi, ma è vero che oggi il sito è il terzo al mondo per visitatori mensili. Grazie a questo risultato, nel 2010 sono stati incassati ben 544 milioni di dollari. Ma i piani sono ancora più ambiziosi, e già si parla di raggiungere per quest’anno la cifra esorbitante di 800 milioni. A garantire entrate così importanti saranno le pubblicità ospitate sul sito, che potranno contare su un pubblico certamente più numeroso e attento nel caso il progetto andasse in porto.

Comunque andrà a finire, Google si sta muovendo nella giusta direzione. Il mondo della tv è in veloce trasformazione, e la strumentazione si sta adattando al cambiamento. Basta pensare ai nuovi televisori equipaggiati in modo da poter dialogare con i computer e Internet. Così, in un futuro non molto lontano, sarà possibile vedere sugli schermi dei nostri salotti tutto quello che scorre in rete. E la scelta sarà molto ampia, perché, tra tv via cavo, satellitare e la rete, potremo fare zapping tra milioni di canali differenti.

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Quando la moda esagera - Wired.it

Quando la moda esagera

Fake Too Fake, una mostra milanese che cerca l'anima nella società dell'immagine

07 aprile 2011 di Alessio Lana

Fake too Fake

(Photo Credits: Marco Om e Giovanni Bortolani)

 

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    (Photo Credits: Marco Om e Giovanni Bortolani)

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    (Photo Credits: Marco Om e Giovanni Bortolani)

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    (Photo Credits: Marco Om e Giovanni Bortolani)

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    (Photo Credits: Marco Om e Giovanni Bortolani)

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    (Photo Credits: Marco Om e Giovanni Bortolani)

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    (Photo Credits: Marco Om e Giovanni Bortolani)

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    (Photo Credits: Marco Om e Giovanni Bortolani)

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Modelle troppo magre, uomini finti, immagini photoshoppate e silicone ovunque. I creativi Marco Om e Giovanni Bortolani hanno portato queste caratteristiche all'eccesso con la seconda edizione di Fake too Fake – the final cut, 39 ritratti frutto di ardimentosi mashup e di un'attenta operazione grafica.

Un modo per criticare quelle immagini così perfette e senza difetti da perdere ogni tipo di spessore. I due dissezionano i loro modelli - tra cui si riconoscono i conduttori Nicola Savino e Francesco Facchinetti, il comico Giovanni Vernia e il cantante Francesco Sarcina - per cercare l'anima nascosta dietro la loro immagine.

Fake, falso, ma non troppo. Le cicatrici, assicurano gli autori, sono tutte reali: le ha realizzate un medico su della carne vera. Nella gallery ti mostriamo alcuni dei 39 ritratti che saranno esposti dall'8 aprile nel salone di bellezza Orea Malià, in via Margherita 18 a Milano.

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