lunedì 13 agosto 2012

SOFTWERLAND: L'Arte di Tacere ( Abate Dinouart )

SOFTWERLAND: L'Arte di Tacere ( Abate Dinouart ): Principi necessari per tacere 1 . Si deve smettere di tacere solo quando si abbia qualche cosa da dire che valga più del silenzio ....

martedì 22 novembre 2011

HOMO CYBERNETICUS - Frustrazione ciibernetica

HOMO CYBERNETICUS - Frustrazione ciibernetica
PIXAR ispira l'arte
Post n°256 pubblicato il 23 Novembre 2011 da BROWSERIK

Tag: John Lasseter, Media Guru, Pixar
Lasseter, Pixar: “Sfidiamo la tecnologia per ispirare l’arte” Gli studi di animazione di Steve Jobs compiono 25 anni. A Milano per Meet the media guru, Wired.it ha intervistato John Lasseter. La Pixar? Un'idea e la tecnologia migliore “ L’arte sfida la tecnologia e la tecnologia ispira l’arte”,



parola di John Lasseter Massimo guru dell’animazione moderna, incarnazione del sogno americano, ma soprattutto fondatore, insieme a Steve Jobs e ad Ed Catmull, di quella che oggi è considerata una delle botteghe rinascimentali più influenti e di tendenza, una delle Major più importanti nel panorama artistico-cinematografico, la Pixar Animation Studios.
Da quel lontano 1986 sono passati 25 anni, sembrano volati tanti sono stati i successi, i sogni realizzati, i traguardi raggiunti, quelli di Lasseter soprattutto, che chissà ancora quanti ne condividerà. A Milano per presentare la mostra - evento per festeggiare l’ambìto traguardo (dal 23 novembre fino al 14 febbraio 2012 in anteprima europea) al Pac di Milano (una rassegna di personaggi, storie, immagini, schizzi originali, sculture, digital convergence, installazioni, unica nel suo genere), Lasseter incontra i giovani, interagisce con loro, fa lezioni di graphic design e storyboard, racconta se stesso e la Pixar nello scenario sold out del Teatro dal Verme per Meet the media guru, regalando due chicche speciali come il suo primo lavoro da studente, Nitemare (del 1979) e una piccola perla come Toy Story Toons – Small Fry, ma soprattutto si svela così come abbiamo imparato a conoscerlo, una persona semplice che non ha smesso un solo giorno di sperimentare e raccontare storie. Dai primi cortometraggi ( Tin Toy, Luxo Jr.) fino alla consacrazione di Toy Story e poi ancora Cars, Alla ricerca di Nemo, Wall-E, Up, Toy Story 2 e 3, fino al prossimo Brave (in Italia dal settembre 2012) ogni singola opera racconta un mondo diverso, una ricerca di linguaggi e di intrecci, una rivoluzione emozionale e tecnica sempre più sofisticata in un lavoro corale di altissimo livello e perfezione stilistica.
Qual è il valore in più di Pixar rispetto agli altri?
“È difficile entrare nei dettagli, io sono solo il Chief Creative Officer. Penso che lo sviluppo tecnico vada di pari passo con quello artistico. Personalmente sono innamorato e curioso della computer animation, e quindi voglio sempre sapere come funzionano i software che andiamo a utilizzare anche se non so nulla di programmazione: non ho mai imparato a programmare. Fondamentalmente la tecnologia si unisce all’arte: da una parte ci sono io, dall’altra i programmatori; io chiedo se è possibile realizzare qualcosa e loro ragionano su come renderlo possibile, stimolando di conseguenza altre idee e suggerimenti”.
La vostra forza è legata anche alla grande sperimentazione in campo di nuovi software e tecnologie, come state lavorando e cosa avete sviluppato di recente?
“La tecnologia può essere divisa in tre diverse aree: una parte legata alla modellizzazione tridimensionale, poi l’animazione (e quindi i personaggi), e infine il rendering, che è composto dal colore con tutte le sue sfumature e ovviamente dalla luce. All’inizio, abbiamo adottato un software sia per i modelli sia per l’animazione: era molto importante che potesse essere utilizzato dagli animatori tradizionali. Doveva essere interattivo per muovere i personaggi e abbastanza flessibile per adattarsi a ogni singola pellicola. Il nostro sistema si chiama MenV (Model Environment) e l’abbiamo usato anche per Brave, mentre dai prossimi utilizzeremo il MenV30. Poi chiaramente utilizziamo molto Renderman, che ci permette di creare tutte le nuances cromatiche, ma questi sistemi non sono sempre gli stessi poiché cambiano, si evolvono o si adattano in base a nuove esigenze, come nel caso nel personaggio di Sulley in Monster & Co., oppure per la creazione del mondo sottomarino ne Alla ricerca di Nemo, o per i riflessi delle automobili in Cars. Questa è la nostra tecnologia di base, che muta però a seconda di quello che vogliamo ricreare.
Il lavoro alla Pixar è iper-tecnologico. Il processo creativo è davvero così tecnico?
"La tecnologia nell’animazione, almeno quella che piace a me e che continuo a sviluppare, comprende il lavoro umano da una parte e dall’altra quello della macchina. Mentre l’uomo si prende cura della recitazione emotiva, il computer si fa carico dell’animazione propriamente fisica. Per esempio, quando si tratta di capelli, vestiti, o le ruote delle automobili che girano, l’animazione deve risultare molto credibile e realistica e, per far sì che il risultato sia di alto livello, risolvendo spesso situazioni che in apparenza ci appaiono complesse, cerchiamo di tirare fuori il massimo dai nostri software. Poi chiaramente è di nuovo l’animatore a subentrare e a lavorare sulla parte più emozionale. Cerchiamo nuove sfide, tutti i giorni, aggiornandoci e sviluppando nuove potenzialità. In Brave, per esempio, abbiamo creato effetti nuovi riguardanti degli animali pesanti come un cavallo o un orso che, oltre ad avere dei grandi muscoli che si contraggono e si espandono sotto la pelliccia, daranno proprio una grande idea di movimento" .
Cosa ne pensa del cortometraggio La luna, realizzato per voi dal regista italiano Enrico Casarosa?
“Casarosa è un artista di grande talento, uno dei quei registi che sono il motore della nostra famiglia. L’ho molto incoraggiato a realizzare questo lavoro, anche perché noi alla Pixar non realizziamo soltanto film per far successo al botteghino, ma lavoriamo molto sulla crescita dei nostri giovani, facendo ricerca e sviluppo. Talvolta ci sono delle storie personali, ma fortemente straordinarie, che meritano di essere raccontate, proprio come quella ne La luna, che sono perfette per dei cortometraggi. Sono molto fiero di Casarosa, anche pensando al suo futuro qui da noi, e il suo è stato un lavoro davvero magico e commovente. Le pellicole della Pixar sono a metà tra l’animazione e il film reale girato con persone ed ambienti veri, però la sfida sta proprio nel capire dove sta il confine tra l’uno e l’altra. La differenza la fanno i particolari, che fanno sì che le nostre siano opere uniche nel proprio genere.”

martedì 25 ottobre 2011

'Rinasce' l'Intelligenza artificiale,si riparte dalla rete - Tecnologie - Scienza&Tecnica - ANSA.it

Dopo anni di silenzio e di stallo, rinasce l'interesse per l'intelligenza artificiale e secondo i massimi esperti internazionali è finalmente ora di rilanciare questo campo di ricerca. Lo propongono esperti di informatica, nanotecnologie, neuorscienze e cibernetica riuniti nel Festival della Scienza di Genova, nella conferenza organizzata in onore dei 150 anni del Massachusetts Institute oh Technology (Mit).

Per uno dei pionieri delle ricerche sull'intelligenza artificiale, Tomaso Poggio del Mit, è arrivato il momento ''di riprovarci''. Sono della stessa idea Amnon Shashua, che insegna computer science alla Hebrew University di Gerusalemme, Alessandro Verri, dell'università di Genova, il direttore scientifico dell'Istituto Italiano di Tecnologia (Iit) Roberto Cingolani, il neurofisiologo Emilio Bizzi del Mit.
Tutti sono d'accordo sul fatto che attualmente ci sia di nuovo spazio per l'intelligenza artificiale. Secondo gli esperti i computer hanno raggiunto capacità straordinarie e sono in grado di fare molte cose meglio di un uomo, ''ma non sono ancora in grado di sostenere una conversazione o altre cose del nostro quotidiano'', ha spiegato Poggio, del dipartimento di scienze cognitive del Mit. ''Non siamo ancora riusciti a riprodurre le abilità del nostro cervello. Dopo 60 anni di ricerche, è arrivato il momento di provarci ancora! Abbiamo oggi molti strumenti, anche dalle neuroscienze e dalle scienze cognitive''.

Si va a caccia di nuovi approcci al problema, nche non riguardino soltanto l'informatica ma neurologia e sociologia, all'insegna della multidisciplinarità. Secondo gli esperti ''non dobbiamo sforzarci di capire che cosa succede solo dentro la testa, ma tra le teste'', in quanto l'intelligenza è data dallo scambio di informazioni tra gli individui. ''L'uomo di Neanderthal - hanno spiegato - aveva un cervello molto grande, ma ha continuato a produrre gli stessi oggetti per milioni di anni e solo per uso personale''. Una differenza enorme, questa, rispetto a quanto ha fatto l'uomo moderno, che è riuscito a produrre nuovi oggetti mettendo in comune le idee elaborate da molti individui.

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Come assemblare computer biologici | Le Scienze

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Su Nature Communications
Come assemblare computer biologici

La possibilità di utilizzare batteri e filamenti di DNA come componenti modulari di un circuito apre le porte all'elaborazione digitale biologica dell'informazione
APPROFONDIMENTI
Computer a DNA

Componenti modulari per la costruzione di nuovi dispositivi digitali batterici e a DNA sono stati ottenuti da un gruppo di ricercatori dell'Imperial College di Londra, che ne danno notizia in un articolo pubblicato su Nature Communications. In particolare, lo studio ha mostrato l'effettiva possibilità di creare e assemblare porte logiche - gli elementi di base di qualsiasi circuito destinato all'elaborazione digitale dell'informazione - sfruttando batteri (E. coli) e filamenti di DNA.

Precedenti ricerche avevano già mostrato che è possibile creare porte logiche biologiche, ma l'attuale ricerca ha dimostrato che è possibile costruirle in modo che si comportino in modo del tutto simile a quello dei corrispettivi circuiti elettronici e, soprattutto, che è possibile farlo in modo perfettamente modulare: le nuove porte biologiche possono essere agevolmente collegate permettendo l'assemblaggio di processori biologici complessi. I ricercatori sono infatti riusciti a mostrare come le porte logiche biologiche possano essere collegate tra loro per formare componenti più complessi in un modo simile a quello dei componenti elettronici, a partire dalla combinazione di una porta "NOT" con una porta "AND" per ottenere il più complesso operatore "NAND".

"Le porte logiche sono gli elementi costitutivi fondamentali dei circuiti in silicio su cui si basa la nostra epoca digitale. Senza di loro, non siamo in grado di elaborare l'informazione digitale. Ora che abbiamo dimostrato che possiamo replicare queste parti utilizzando batteri e DNA, speriamo che il nostro lavoro possa condurre a una nuova generazione di processori biologici, le cui applicazioni all'elaborazione delle informazioni potrebbero essere importanti quanto i loro equivalenti elettronici", ha detto Richard Kitney.

In futuro, dispositivi di questo tipo potrebbero essere utilizzati come sensori iniettati nel flusso sanguigno per rilevare la presenza di placche aterosclerotiche, individuare e distruggere cellule tumorali, rilasciare farmaci, oppure essere impiegati per la rilevazione di inquinanti nell'ambiente. (gg)

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lunedì 24 ottobre 2011

Almanacco della Scienza CNR

Tecnologia

‘Excite': un robot al servizio degli anziani

L'‘Ambient assisted living forum', recentemente conclusosi a Lecce, ha riunito team di studiosi di tutta Europa che si dedicano al miglioramento della qualità di vita delle persone anziane tramite l'uso di tecnologie Ict innovative. Il Forum è stato l'occasione per premiare ‘Excite', progetto di ricerca che coinvolge diversi paesi europei, tra cui l'Italia, presente  con l'Istituto di scienze e tecnologie della cognizione (Istc) del Cnr.

Il progetto, che è stato valutato come ‘il più promettente in materia di ambient assisted living' da una giuria di esperti internazionali, riguarda l'individuazione di nuove modalità di assistenza, socializzazione e riabilitazione a distanza di persone anziane o malate. Principale risultato di ‘Excite' è l'adattamento di ‘Giraff', un robot di telepresenza sviluppato dalla svedese Giraff Technologies, ai bisogni e alle necessità dell'anziano che vive in casa.

"Potremmo equiparare ‘Giraff' a un innovativo Skype usabile anche da chi, non più giovane, ha poca familiarità con la tecnologia", spiega Amedeo Cesta dell'Istc-Cnr.  "Il robot, infatti, raggiunge l'anziano e gli permette di interagire in modo naturale, consentendo inoltre agli interlocutori esterni, familiari o caregiver, di avere una percezione dell'ambiente di vita quotidiana dell'assisitito",

 ‘Excite' sta apportando numerose migliorie alla tecnologia di base, grazie a una serie di casi studio nei tre diversi paesi coinvolti. "Punto di forza del progetto' è la metodologia d'analisi centrata sull'utente, che prevede una valutazione a lungo termine del prototipo in contesti di vita reale", precisa  Gabriella Cortellessa del team Cnr. "Esso consente di osservare anche fattori negativi, quali l'emergere di un possibile rifiuto o altri effetti dovuti, ad esempio, all'abitudine alla presenza del robot. Ulteriore elemento originale è lo studio delle differenze culturali e sociali nell'utilizzo di ‘Giraff' nei diversi paesi". 

"La fase di valutazione è già avviata in dodici ‘test-sites' nei tre paesi partner del progetto: Svezia, Spagna e Italia. In Italia, stiamo collaborando con la Comunità di Sant'Egidio e la Fondazione Don Gnocchi di Roma per analizzare le reali potenzialità applicative di ‘Giraff' sia come strumento di assistenza domiciliare che di teleriabilitazione" conclude Lorenza Tiberio del Cnr.

‘Excite' è un consorzio che riunisce quali partner scientifici, oltre all'Istc-Cnr, l'Università di Orebro (Svezia, nodo coordinatore) e l'Università di Malaga (Spagna).

 

Fonte: Amedeo Cesta , Istituto di scienze e tecnologie della cognizione, Roma, tel. 06/44595320, email amedeo.cesta@istc.cnr.it

Per saperne di più: - www.excite-project.eu

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Ipnosi e scienze cognitive

Ipnosi e scienze cognitive
Domenica 23 Ottobre 2011 16:04 Ambrogio Pennati News - Recensioni

Ricevo con grande piacere l'ultima fatica del Gruppo di Ipnosi di Roma (AAVV, Ipnosi e scienze cognitive, a cura di E. Del Castello e G. Ducci, Franco Angeli 2011). Il titolo e l'indice sono accattivanti, e stimolano l'interesse di mai pago studioso della materia. Una prima, rasserenante, impressione: il lavoro di ricerca bibliografica su cui i vari Autori basano le loro argomentazioni è vasto, aggiornato e selettivo. Poi, un balzo di gioia: i contributi degli Autori sono scientificamente orientati e metodologicamente rigorosi.

Bella roba, molti diranno; purtroppo questa è l'eccezione e non la regola per chi è abituato a leggere lavori sull'ipnosi, solitamente farciti come un kebap di scarsa qualità di autoreferenzialità circolare, di case report che fanno sospettare dei fake, di riferimenti ad una presunta patristica dell'ipnosi il cui verbo scritto (spesso malamente tradotto ed esegeticamente distorto) viene usato come base per le prediche ai parrocchiani della propria conventicola.

Questo è un libro serio, ben fatto, solido. Un libro da studiare, e non da leggere. Innovativa è l'integrazione della pratica ipnotica con l'approccio neuroscientifico: nei relativi capitoli gli Autori non pagano l'obolo alla attuale moda del suffisso “neuro”, ma approfondiscono i rapporti fra la materia ipnotica e le attuali conoscenze sul funzionamento cerebrale.

Innovativa l'integrazione tra studio degli stati di coscienza e intersoggettività, che nella nostra specie fonda qualsiasi rapporto terapeutico, al di là dei trucchetti di moda spacciati sul mercato – sempre più improvvisato – nella bancarella delle psicoterapie brevi, quando i pazienti oggi richiedono comprensione non giudicante, ascolto, sostegno empatico.

Innovativa la presa in considerazione dell'assetto genetico – inteso nel senso più ampio – nel funzionamento del soggetto in terapia e in ipnosi. A nostra conoscenza questo è il primo contributo di matrice psicoterapeutica che consideri questi rilevantissimi aspetti, sinora tenuti fuori dalla porta per paura del nuovo, quando non per mera ignoranza.

La lettura del libro porta ad una conclusione: gli Autori hanno una solida e diretta esperienza della perseveranza, del sacrificio, della passione necessari a svolgere secondo coscienza il nostro lavoro. Questo libro è una testimonianza clinicamente fondata e scientificamente esposta di come sia necessario studiare e fare ricerca per agire una buona clinica. Sono grato agli Autori per il loro sforzo.

Ambrogio Pennati
Medico Psichiatra, Psicoterapeuta, Psicopatologo forense

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