martedì 22 novembre 2011

HOMO CYBERNETICUS - Frustrazione ciibernetica

HOMO CYBERNETICUS - Frustrazione ciibernetica
PIXAR ispira l'arte
Post n°256 pubblicato il 23 Novembre 2011 da BROWSERIK

Tag: John Lasseter, Media Guru, Pixar
Lasseter, Pixar: “Sfidiamo la tecnologia per ispirare l’arte” Gli studi di animazione di Steve Jobs compiono 25 anni. A Milano per Meet the media guru, Wired.it ha intervistato John Lasseter. La Pixar? Un'idea e la tecnologia migliore “ L’arte sfida la tecnologia e la tecnologia ispira l’arte”,



parola di John Lasseter Massimo guru dell’animazione moderna, incarnazione del sogno americano, ma soprattutto fondatore, insieme a Steve Jobs e ad Ed Catmull, di quella che oggi è considerata una delle botteghe rinascimentali più influenti e di tendenza, una delle Major più importanti nel panorama artistico-cinematografico, la Pixar Animation Studios.
Da quel lontano 1986 sono passati 25 anni, sembrano volati tanti sono stati i successi, i sogni realizzati, i traguardi raggiunti, quelli di Lasseter soprattutto, che chissà ancora quanti ne condividerà. A Milano per presentare la mostra - evento per festeggiare l’ambìto traguardo (dal 23 novembre fino al 14 febbraio 2012 in anteprima europea) al Pac di Milano (una rassegna di personaggi, storie, immagini, schizzi originali, sculture, digital convergence, installazioni, unica nel suo genere), Lasseter incontra i giovani, interagisce con loro, fa lezioni di graphic design e storyboard, racconta se stesso e la Pixar nello scenario sold out del Teatro dal Verme per Meet the media guru, regalando due chicche speciali come il suo primo lavoro da studente, Nitemare (del 1979) e una piccola perla come Toy Story Toons – Small Fry, ma soprattutto si svela così come abbiamo imparato a conoscerlo, una persona semplice che non ha smesso un solo giorno di sperimentare e raccontare storie. Dai primi cortometraggi ( Tin Toy, Luxo Jr.) fino alla consacrazione di Toy Story e poi ancora Cars, Alla ricerca di Nemo, Wall-E, Up, Toy Story 2 e 3, fino al prossimo Brave (in Italia dal settembre 2012) ogni singola opera racconta un mondo diverso, una ricerca di linguaggi e di intrecci, una rivoluzione emozionale e tecnica sempre più sofisticata in un lavoro corale di altissimo livello e perfezione stilistica.
Qual è il valore in più di Pixar rispetto agli altri?
“È difficile entrare nei dettagli, io sono solo il Chief Creative Officer. Penso che lo sviluppo tecnico vada di pari passo con quello artistico. Personalmente sono innamorato e curioso della computer animation, e quindi voglio sempre sapere come funzionano i software che andiamo a utilizzare anche se non so nulla di programmazione: non ho mai imparato a programmare. Fondamentalmente la tecnologia si unisce all’arte: da una parte ci sono io, dall’altra i programmatori; io chiedo se è possibile realizzare qualcosa e loro ragionano su come renderlo possibile, stimolando di conseguenza altre idee e suggerimenti”.
La vostra forza è legata anche alla grande sperimentazione in campo di nuovi software e tecnologie, come state lavorando e cosa avete sviluppato di recente?
“La tecnologia può essere divisa in tre diverse aree: una parte legata alla modellizzazione tridimensionale, poi l’animazione (e quindi i personaggi), e infine il rendering, che è composto dal colore con tutte le sue sfumature e ovviamente dalla luce. All’inizio, abbiamo adottato un software sia per i modelli sia per l’animazione: era molto importante che potesse essere utilizzato dagli animatori tradizionali. Doveva essere interattivo per muovere i personaggi e abbastanza flessibile per adattarsi a ogni singola pellicola. Il nostro sistema si chiama MenV (Model Environment) e l’abbiamo usato anche per Brave, mentre dai prossimi utilizzeremo il MenV30. Poi chiaramente utilizziamo molto Renderman, che ci permette di creare tutte le nuances cromatiche, ma questi sistemi non sono sempre gli stessi poiché cambiano, si evolvono o si adattano in base a nuove esigenze, come nel caso nel personaggio di Sulley in Monster & Co., oppure per la creazione del mondo sottomarino ne Alla ricerca di Nemo, o per i riflessi delle automobili in Cars. Questa è la nostra tecnologia di base, che muta però a seconda di quello che vogliamo ricreare.
Il lavoro alla Pixar è iper-tecnologico. Il processo creativo è davvero così tecnico?
"La tecnologia nell’animazione, almeno quella che piace a me e che continuo a sviluppare, comprende il lavoro umano da una parte e dall’altra quello della macchina. Mentre l’uomo si prende cura della recitazione emotiva, il computer si fa carico dell’animazione propriamente fisica. Per esempio, quando si tratta di capelli, vestiti, o le ruote delle automobili che girano, l’animazione deve risultare molto credibile e realistica e, per far sì che il risultato sia di alto livello, risolvendo spesso situazioni che in apparenza ci appaiono complesse, cerchiamo di tirare fuori il massimo dai nostri software. Poi chiaramente è di nuovo l’animatore a subentrare e a lavorare sulla parte più emozionale. Cerchiamo nuove sfide, tutti i giorni, aggiornandoci e sviluppando nuove potenzialità. In Brave, per esempio, abbiamo creato effetti nuovi riguardanti degli animali pesanti come un cavallo o un orso che, oltre ad avere dei grandi muscoli che si contraggono e si espandono sotto la pelliccia, daranno proprio una grande idea di movimento" .
Cosa ne pensa del cortometraggio La luna, realizzato per voi dal regista italiano Enrico Casarosa?
“Casarosa è un artista di grande talento, uno dei quei registi che sono il motore della nostra famiglia. L’ho molto incoraggiato a realizzare questo lavoro, anche perché noi alla Pixar non realizziamo soltanto film per far successo al botteghino, ma lavoriamo molto sulla crescita dei nostri giovani, facendo ricerca e sviluppo. Talvolta ci sono delle storie personali, ma fortemente straordinarie, che meritano di essere raccontate, proprio come quella ne La luna, che sono perfette per dei cortometraggi. Sono molto fiero di Casarosa, anche pensando al suo futuro qui da noi, e il suo è stato un lavoro davvero magico e commovente. Le pellicole della Pixar sono a metà tra l’animazione e il film reale girato con persone ed ambienti veri, però la sfida sta proprio nel capire dove sta il confine tra l’uno e l’altra. La differenza la fanno i particolari, che fanno sì che le nostre siano opere uniche nel proprio genere.”

martedì 25 ottobre 2011

'Rinasce' l'Intelligenza artificiale,si riparte dalla rete - Tecnologie - Scienza&Tecnica - ANSA.it

Dopo anni di silenzio e di stallo, rinasce l'interesse per l'intelligenza artificiale e secondo i massimi esperti internazionali è finalmente ora di rilanciare questo campo di ricerca. Lo propongono esperti di informatica, nanotecnologie, neuorscienze e cibernetica riuniti nel Festival della Scienza di Genova, nella conferenza organizzata in onore dei 150 anni del Massachusetts Institute oh Technology (Mit).

Per uno dei pionieri delle ricerche sull'intelligenza artificiale, Tomaso Poggio del Mit, è arrivato il momento ''di riprovarci''. Sono della stessa idea Amnon Shashua, che insegna computer science alla Hebrew University di Gerusalemme, Alessandro Verri, dell'università di Genova, il direttore scientifico dell'Istituto Italiano di Tecnologia (Iit) Roberto Cingolani, il neurofisiologo Emilio Bizzi del Mit.
Tutti sono d'accordo sul fatto che attualmente ci sia di nuovo spazio per l'intelligenza artificiale. Secondo gli esperti i computer hanno raggiunto capacità straordinarie e sono in grado di fare molte cose meglio di un uomo, ''ma non sono ancora in grado di sostenere una conversazione o altre cose del nostro quotidiano'', ha spiegato Poggio, del dipartimento di scienze cognitive del Mit. ''Non siamo ancora riusciti a riprodurre le abilità del nostro cervello. Dopo 60 anni di ricerche, è arrivato il momento di provarci ancora! Abbiamo oggi molti strumenti, anche dalle neuroscienze e dalle scienze cognitive''.

Si va a caccia di nuovi approcci al problema, nche non riguardino soltanto l'informatica ma neurologia e sociologia, all'insegna della multidisciplinarità. Secondo gli esperti ''non dobbiamo sforzarci di capire che cosa succede solo dentro la testa, ma tra le teste'', in quanto l'intelligenza è data dallo scambio di informazioni tra gli individui. ''L'uomo di Neanderthal - hanno spiegato - aveva un cervello molto grande, ma ha continuato a produrre gli stessi oggetti per milioni di anni e solo per uso personale''. Una differenza enorme, questa, rispetto a quanto ha fatto l'uomo moderno, che è riuscito a produrre nuovi oggetti mettendo in comune le idee elaborate da molti individui.

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Come assemblare computer biologici | Le Scienze

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Su Nature Communications
Come assemblare computer biologici

La possibilità di utilizzare batteri e filamenti di DNA come componenti modulari di un circuito apre le porte all'elaborazione digitale biologica dell'informazione
APPROFONDIMENTI
Computer a DNA

Componenti modulari per la costruzione di nuovi dispositivi digitali batterici e a DNA sono stati ottenuti da un gruppo di ricercatori dell'Imperial College di Londra, che ne danno notizia in un articolo pubblicato su Nature Communications. In particolare, lo studio ha mostrato l'effettiva possibilità di creare e assemblare porte logiche - gli elementi di base di qualsiasi circuito destinato all'elaborazione digitale dell'informazione - sfruttando batteri (E. coli) e filamenti di DNA.

Precedenti ricerche avevano già mostrato che è possibile creare porte logiche biologiche, ma l'attuale ricerca ha dimostrato che è possibile costruirle in modo che si comportino in modo del tutto simile a quello dei corrispettivi circuiti elettronici e, soprattutto, che è possibile farlo in modo perfettamente modulare: le nuove porte biologiche possono essere agevolmente collegate permettendo l'assemblaggio di processori biologici complessi. I ricercatori sono infatti riusciti a mostrare come le porte logiche biologiche possano essere collegate tra loro per formare componenti più complessi in un modo simile a quello dei componenti elettronici, a partire dalla combinazione di una porta "NOT" con una porta "AND" per ottenere il più complesso operatore "NAND".

"Le porte logiche sono gli elementi costitutivi fondamentali dei circuiti in silicio su cui si basa la nostra epoca digitale. Senza di loro, non siamo in grado di elaborare l'informazione digitale. Ora che abbiamo dimostrato che possiamo replicare queste parti utilizzando batteri e DNA, speriamo che il nostro lavoro possa condurre a una nuova generazione di processori biologici, le cui applicazioni all'elaborazione delle informazioni potrebbero essere importanti quanto i loro equivalenti elettronici", ha detto Richard Kitney.

In futuro, dispositivi di questo tipo potrebbero essere utilizzati come sensori iniettati nel flusso sanguigno per rilevare la presenza di placche aterosclerotiche, individuare e distruggere cellule tumorali, rilasciare farmaci, oppure essere impiegati per la rilevazione di inquinanti nell'ambiente. (gg)

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lunedì 24 ottobre 2011

Almanacco della Scienza CNR

Tecnologia

‘Excite': un robot al servizio degli anziani

L'‘Ambient assisted living forum', recentemente conclusosi a Lecce, ha riunito team di studiosi di tutta Europa che si dedicano al miglioramento della qualità di vita delle persone anziane tramite l'uso di tecnologie Ict innovative. Il Forum è stato l'occasione per premiare ‘Excite', progetto di ricerca che coinvolge diversi paesi europei, tra cui l'Italia, presente  con l'Istituto di scienze e tecnologie della cognizione (Istc) del Cnr.

Il progetto, che è stato valutato come ‘il più promettente in materia di ambient assisted living' da una giuria di esperti internazionali, riguarda l'individuazione di nuove modalità di assistenza, socializzazione e riabilitazione a distanza di persone anziane o malate. Principale risultato di ‘Excite' è l'adattamento di ‘Giraff', un robot di telepresenza sviluppato dalla svedese Giraff Technologies, ai bisogni e alle necessità dell'anziano che vive in casa.

"Potremmo equiparare ‘Giraff' a un innovativo Skype usabile anche da chi, non più giovane, ha poca familiarità con la tecnologia", spiega Amedeo Cesta dell'Istc-Cnr.  "Il robot, infatti, raggiunge l'anziano e gli permette di interagire in modo naturale, consentendo inoltre agli interlocutori esterni, familiari o caregiver, di avere una percezione dell'ambiente di vita quotidiana dell'assisitito",

 ‘Excite' sta apportando numerose migliorie alla tecnologia di base, grazie a una serie di casi studio nei tre diversi paesi coinvolti. "Punto di forza del progetto' è la metodologia d'analisi centrata sull'utente, che prevede una valutazione a lungo termine del prototipo in contesti di vita reale", precisa  Gabriella Cortellessa del team Cnr. "Esso consente di osservare anche fattori negativi, quali l'emergere di un possibile rifiuto o altri effetti dovuti, ad esempio, all'abitudine alla presenza del robot. Ulteriore elemento originale è lo studio delle differenze culturali e sociali nell'utilizzo di ‘Giraff' nei diversi paesi". 

"La fase di valutazione è già avviata in dodici ‘test-sites' nei tre paesi partner del progetto: Svezia, Spagna e Italia. In Italia, stiamo collaborando con la Comunità di Sant'Egidio e la Fondazione Don Gnocchi di Roma per analizzare le reali potenzialità applicative di ‘Giraff' sia come strumento di assistenza domiciliare che di teleriabilitazione" conclude Lorenza Tiberio del Cnr.

‘Excite' è un consorzio che riunisce quali partner scientifici, oltre all'Istc-Cnr, l'Università di Orebro (Svezia, nodo coordinatore) e l'Università di Malaga (Spagna).

 

Fonte: Amedeo Cesta , Istituto di scienze e tecnologie della cognizione, Roma, tel. 06/44595320, email amedeo.cesta@istc.cnr.it

Per saperne di più: - www.excite-project.eu

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Ipnosi e scienze cognitive

Ipnosi e scienze cognitive
Domenica 23 Ottobre 2011 16:04 Ambrogio Pennati News - Recensioni

Ricevo con grande piacere l'ultima fatica del Gruppo di Ipnosi di Roma (AAVV, Ipnosi e scienze cognitive, a cura di E. Del Castello e G. Ducci, Franco Angeli 2011). Il titolo e l'indice sono accattivanti, e stimolano l'interesse di mai pago studioso della materia. Una prima, rasserenante, impressione: il lavoro di ricerca bibliografica su cui i vari Autori basano le loro argomentazioni è vasto, aggiornato e selettivo. Poi, un balzo di gioia: i contributi degli Autori sono scientificamente orientati e metodologicamente rigorosi.

Bella roba, molti diranno; purtroppo questa è l'eccezione e non la regola per chi è abituato a leggere lavori sull'ipnosi, solitamente farciti come un kebap di scarsa qualità di autoreferenzialità circolare, di case report che fanno sospettare dei fake, di riferimenti ad una presunta patristica dell'ipnosi il cui verbo scritto (spesso malamente tradotto ed esegeticamente distorto) viene usato come base per le prediche ai parrocchiani della propria conventicola.

Questo è un libro serio, ben fatto, solido. Un libro da studiare, e non da leggere. Innovativa è l'integrazione della pratica ipnotica con l'approccio neuroscientifico: nei relativi capitoli gli Autori non pagano l'obolo alla attuale moda del suffisso “neuro”, ma approfondiscono i rapporti fra la materia ipnotica e le attuali conoscenze sul funzionamento cerebrale.

Innovativa l'integrazione tra studio degli stati di coscienza e intersoggettività, che nella nostra specie fonda qualsiasi rapporto terapeutico, al di là dei trucchetti di moda spacciati sul mercato – sempre più improvvisato – nella bancarella delle psicoterapie brevi, quando i pazienti oggi richiedono comprensione non giudicante, ascolto, sostegno empatico.

Innovativa la presa in considerazione dell'assetto genetico – inteso nel senso più ampio – nel funzionamento del soggetto in terapia e in ipnosi. A nostra conoscenza questo è il primo contributo di matrice psicoterapeutica che consideri questi rilevantissimi aspetti, sinora tenuti fuori dalla porta per paura del nuovo, quando non per mera ignoranza.

La lettura del libro porta ad una conclusione: gli Autori hanno una solida e diretta esperienza della perseveranza, del sacrificio, della passione necessari a svolgere secondo coscienza il nostro lavoro. Questo libro è una testimonianza clinicamente fondata e scientificamente esposta di come sia necessario studiare e fare ricerca per agire una buona clinica. Sono grato agli Autori per il loro sforzo.

Ambrogio Pennati
Medico Psichiatra, Psicoterapeuta, Psicopatologo forense

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Professor Immanuel e mister Kant: la doppia vita del filosofo - Cultura - ilGiornale.it

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Kant non sarebbe andato a letto tardi leggendo Kant. Per buona parte della sua vita, avrebbe preferito tirare le ore piccole destreggiandosi nelle feste della buona società prussiana. Come teorizzò esplicitamente a uno dei suoi allievi migliori, il futuro letterato Herder, «non si doveva stare tanto a meditare sui libri».
Questo filosofo godereccio e con tratti francamente libertini, l'Immanuel Kant che non piacerebbe a Eco, Zagrebelsky e tutti i chierici dell'intellighenzia neopuritana, quelli che lo hanno storpiato nel santino del professore chino sulle sue carte e schifiltoso verso i divertimenti prosaici della società, esiste davvero. Basta leggersi Kant. Una biografia, di Manfred Kuehn (il Mulino, pagg. 663, euro 60). Responsabile primo della caricatura è l'appiattimento della personalità di Kant scaturito dalla prima biografia, scritta subito dopo la sua scomparsa, nel 1804, scritta da tre amici. Ludwig Borowski, Reinhold Jachmann ed Ehregott Wasianski erano però soprattutto tre teologi affini al pietismo (una forma di radicalismo protestante), quindi parecchio interessati a ridurre allo stesso tempo l'impatto demolitorio della filosofia kantiana e la biografia vivace del suo autore.
«Fu a causa di questa caricatura - scrive Kuehn - che i romantici tedeschi giunsero a credere che si trattasse di un uomo che era solo pensiero e niente vita». Ed è qui che nasce anche il fondamento dell'equivoco odierno, che presenta Kant (1724-1804) come sinonimo di un'erudizione asociale. Invece, quelli che lo stesso filosofo definì «gli anni più piacevoli della sua vita», furono quelli da magister all'università di Königsberg. Kant a quel tempo passava da una festa all'altra, in compagnia di «ufficiali russi, banchieri di successo, ricchi commercianti, nobili e nobildonne». In particolare, era il favorito della contessa di Keyserlingk, che definì «l'ornamento del suo sesso» e che lo voleva sempre alla sua destra ai banchetti, nonostante il divario sociale. Ma intratteneva rapporti anche con altre donne, come Charlotte Amalie di Klingspor, che anni dopo gli scrisse ringraziandolo «per aver cercato d'istruirla con la piacevole conversazione», e a cui inviava poesie romantiche. Ovviamente, Kant dava una fondazione teorica della sua vita mondana: «è meglio essere matto nella moda che fuori dalla moda»; «le nostre virtù artificiali sono delle chimere, e i vizi hanno origine quando ciò che è nascosto viene visto come vizio»; fino a dire, con gran scorno degli appartati snob passati e presenti: «Le relazioni sociali sono ciò che dà veramente sapore alla vita e rende utili gli uomini degni. Se i dotti non sono adatti alla conversazione, ciò deriva dal disprezzo per la società, che è basato su una mancanza della conoscenza del mondo».
Un osservatore e un praticante del bel vivere, questo era allora Kant, e il ritratto che ne fa Herder lo chiarisce definitivamente: «Quanto vi è di grande e di bello nell'uomo, i caratteri degli uomini, i temperamenti, gli impulsi sessuali, le virtù e infine i caratteri nazionali, questo è il suo mondo». Il magister Kant teneva lezioni per gli alti ufficiali durante i banchetti in casa del generale Meyer, dove veniva condotto con una carrozza dell'esercito. Dopo questi simposi prolungati, «vi erano delle volte in cui non riuscivate a trovare l'imbocco della Magisterstrasse» per tornare a casa, a causa del troppo vino bevuto. Kant consumava «la maggior parte dei pranzi e delle cene in società», e quando non era così si fermava spesso da Gerlach, una sala da biliardo, sua passione perenne.
Quando non era biliardo, spesso era l'«hombre» (una sorta di complicatissima briscola), gioco di carte in cui era così abile da rimpinguare visibilmente i propri guadagni, e che elogiò persino in un suo corso di antropologia, perch´ «ci forma, ci rende imperturbabili, ci abitua a controllare le emozioni». Un habitu´ del bluff sociale, un goliardico consumatore dei piaceri della tavola, accorto bazzicatore del genere femminile. Questa era l'indole naturale di Kant, che a un certo punto regolò la sua vita per la salute malferma e, soprattutto, perch´ aveva intuito che con l'edificio della filosofia critica poteva rivoltare il pensiero occidentale. Come scrive Kuehn, la normalizzazione che Kant si impose dai cinquant'anni in poi, era «un modo di procedere nato dalla necessità, non dalla pigrizia». Non sarebbe mai andato a letto tardi leggendo se stesso. E, ancora vecchio, si presentava al visitatore come «il miglior compagnon, un vero bon vivant», che «gustava allo stesso modo il suo vecchio vino» e non diceva «una parola della sua filosofia».
Mentre altri oggi spendono parecchie parole a vanvera su di lui.

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domenica 23 ottobre 2011

Creator Playbook di YouTube

Benvenuto nella prima edizione del Creator Playbook di YouTube. Siamo entusiasti di offrire a partner e creativi una nuova risorsa che include importanti suggerimenti, best practice e strategie per aiutarli ad ampliare il loro pubblico su YouTube. Il Creator Playbook di YouTube verrà inoltre aggiornato man mano che vengono rilasciate nuove funzioni e che vengono scoperti nuovi suggerimenti, quindi ricordati di consultarlo spesso.

Ci auguriamo che queste informazioni risulteranno utili per il tuo processo creativo e che potremo aiutarti a fare avanzare di livello i tuoi contenuti e il tuo canale YouTube.

Molto stimolante per la creatività !

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sabato 22 ottobre 2011

Il futuro dell'intelligenza artificiale? Il test del pedone - Wired.it

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Il futuro dell'intelligenza artificiale? Il test del pedone
Che capacità di calcolo hanno raggiunto i supercomputer? I sistemi di guida assistita diventaranno lo standard su tutte le auto? L’ultima frontiera della sfida tra uomo e macchina va in scena al Festival della Scienza di Genova
21 ottobre 2011 di Carola Frediani
(Qui trovate una gallery con 50 robot, uno per ogni occasione)

Sono passati quasi 15 anni dalla prima volta in cui un computer è riuscito a battere un campione di scacchi. Da quando Deep Blue, il supercervellone di Ibm, ha umiliato il grande Garry Kasparov, attraverso uno sfoggio di potenza computazionale allora sorprendente: basti pensare che l’algoritmo riusciva a calcolare 100 milioni di posizioni al secondo. “ Ho avuto la sensazione di essere di fronte a un tipo di intelligenza al quale non ero abituato; dall'altra parte della scacchiera ho avvertito come la presenza di una mente aliena...”, commentò dopo aver abbandonato la partita il giocatore russo.

Oggi il supercomputer più potente al mondo si chiama K computer, ha una capacità elaborativa di 10 petaflop (quadrilioni di calcoli al secondo) e si trova in Giappone; ma già i laboratori americani di Oak Ridge stanno lavorando a Titan, un mostro di potenza che arriverà a 20 petaflop e che, oltre alla tradizionali applicazioni mediche e di scienza dei materiali, sarà usato anche per lo sviluppo di nuovi biocarburanti e di energia solare più efficiente.

Eppure, quando si parla di intelligenza, si intende un insieme di capacità più sottili di quelle offerte da un monolite del supercalcolo, abilità che siano in grado di reagire a interrogativi apparentemente semplici ma di fatto incredibilmente complessi. Quelle competenze che servono per decifrare il reale significato di una battuta di spirito o per non andare a sbattere se si guida nel centro di Roma all’ora di punta.

È qui che la sfida dell’intelligenza artificiale - una volta scaraventata nel mondo fisico, imperfetto, sfuggente e così umano, troppo umano - diventa più avvincente. E che il famoso test di Turing mantiene ancora intatto, se non la sua validità scientifica, il suo fascino. Chi si è misurato con i risvolti più pratici nella creazione di software intelligenti è l’israeliano Amnon Shashua, che con l’azienda tecnologica Mobileye ha sviluppato sistemi avanzati di guida assistita (Advanced Driver Assistance Systems o Adas) basati sull’elaborazione dell’immagine per prevenire e limitare tamponamenti stradali. Dei veri e propri occhi elettronici che rilevano la presenza di pedoni o veicoli se l’automobilista non se ne accorge e lo avvisano all’istante, o prendono direttamente contromisure.

“ Per continuare a crescere velocemente il mercato dei sistemi di assistenza alla guida, in particolare quelli basati su sistemi di visione, ha bisogno di piattaforme di calcolo più robuste, più economiche, capaci di sopportare la crescente domanda di funzioni che vanno dai semplici avvertimenti di pericolo incipiente, al rallentamento o addirittura alla brusca frenata”, ha recentemente dichiarato Shashua - che sarà uno dei relatori del convegno Scienza e ingegneria dell'intelligenza, in programma il 23 novembre al Festival della Scienza di Genova - in occasione dell’accordo tra la Mobileye e l’azienda di semiconduttori STMicroelectronics per produrre una
edn.com/article/519515-STMicro_Mobileye_expand_vehicle_safety_IC_developments.php">terza generazione di processori per sistemi Adas.

E forse non è un caso se, al Festival, accanto a Shashua, siederà Nikos Logothetis, direttore del dipartimento di Fisiologia dei processi cognitivi presso il Max Planck Institute for Biological Cybernetics di Tubinga. La sua ricerca infatti si concentra proprio sui meccanismi neurali della percezione e del riconoscimento di oggetti. Per farlo, si aiuta con tecniche di neuroimaging e in particolare con la risonanza magnetica funzionale. Mentre spetterà al panelist Matt Ridley, zoologo, organizzatore scientifico, giornalista e scrittore, inquadrare le singole ricerche in una visione di più lungo respiro dell’innovazione tecnologica. Il suo ultimo libro, The Rational Optimist. How Prosperity Evolves ( L'ottimista razionale: come si evolve la prosperità, in Italia atteso con Rizzoli) è così fiducioso nel progresso scientifico-tecnologico da ritenere infondate anche le preoccupazioni per il clima. Chissà Ridley cosa penserebbe di quello che attualmente si respira in Italia.

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Come condividere (quasi) tutto grazie alla Rete - Wired.it

Continua dopo il video

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Un quadro in sei minuti [video virali] - Wired.it

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venerdì 21 ottobre 2011

Album Covers by Kids

Greetings fans of “Album Covers by Kids!”  We just wanted to say a quick “Thank You” for following us.  It’s exciting every time we see new folks discover the site.  

We’d also like to ask for your help in getting more young artists featured on “Album Covers by Kids.”  In other words…we need submissions.  Surely many of you have kids of your own or younger brothers, sisters, nieces and nephews.  Why not let them loose on recreating some famous album art this weekend?  We are anxious to receive your submissions!


Come vedono i bambini la musica contemporanea? Una risposta originale arriva dal blog Album Covers by Kids che propone le copertine di noti album di musica elettronica, pop e rock ridisegnati proprio dai più piccoli.

Dai Prodigy di The Fat of the Land ai The Alan Parsons Project di Eye in the Sky passando per i Depeche Mode di Violator si trovano anche diverse chicche come So di Peter Gabriel e l'immancabile Help! dei Beatles.

Sul blog tutti possono sottoporre i disegni dei propri piccoli, e chissà che qualcuno non verrà scelto come prossimo cover artist da qualche band in vena di sperimentazioni.

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mérida, extremadura 360 fullscreen panoramas

Fantastica

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index

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Fantastic archeologic site in 3D

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martedì 18 ottobre 2011

Le compagnie aeree più green e quelle meno - Wired.it

Le compagnie aeree più green e quelle meno

Pronti al decollo ecosostenibile? Dal 2012 ache in cielo entrerà il sistema di scambio di emissioni per ridurre quelle che lo rendono meno blu

17 ottobre 2011 di Simone Cosimi

Monarch Airlines, primo posto, 77,4 punti, categoria C

 

  • Monarch Airlines

    Monarch Airlines, primo posto, 77,4 punti, categoria C

  • Condor Flugdienst

    Condor Flugdienst, secondo posto, 73,5 punti, categoria C

  • Air Transat A.T.Inc

    Air Transat A.T.Inc, terzo posto, 71,8 punti, categoria C

  • Air New Zealand Link

    Air New Zealand Link, quarto posto, 71,1 punti, categoria C

  • Kingfisher Airlines

    Kingfisher Airlines, quinto posto, 70,3 punti, categoria C

  • EVA Airways

    EVA Airways, sesto posto, 70,0 punti, categoria C

  • Air Europa

    Air Europa, settimo posto, 69,6 punti, categoria C

  • Srilankan Airlines

    Srilankan Airlines, ottavo posto, 68,7 punti, categoria C

  • TAM Regional

    TAM Regional, nono posto, 68,6 punti, categoria C

  • Edelweiss Air

    Edelweiss Air, decimo posto 68,0 punti, categoria C

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I bei tempi sono finiti. D'altronde, 220 milioni di tonnellate di CO2 all'anno erano una mole davvero insostenibile, oltre che in preoccupante crescita. Ecco perché dal 2012 anche l'affollato comparto dell'aviazione civile sarà chiamato a dare il proprio contributo in termini di compensazione delle emissioni di anidride carbonica.

Proprio come gli impianti industriali dei vari stati membri, infatti, anche le compagnie di trasporto aereo entreranno nel cosiddetto Eu Emissions trading system, il sistema di scambio delle emissioni. Un meccanismo spesso contestato eppure, al momento, l'unico in grado di mettere un po' d'ordine nella giungla-CO2. In soldoni, l'ingranaggio prevede una quota di emissioni gratuite fino alla quale i vettori possono spingersi, calcolata secondo la formula di 0,6422 quote per 1.000 tonnellate-km (0,67 nel 2012, anno di transizione). Varcata tale soglia, bisognerà acquistare sul mercato ulteriori "autorizzazioni a inquinare", saldando a suon di quattrini gli sforamenti del tetto: 10 euro a tonnellata di CO2, grazie e buon viaggio.

"Grazie alla fissazione dei valori dei parametri di riferimento – ha detto Connie Hedegaard, commissaria responsabile dell'azione per il clima – le compagnie aeree ora sanno quante quote riceveranno a titolo gratuito ogni anno fino al 2020. Agli attuali prezzi di mercato queste quote gratuite rappresentano oltre 20 miliardi di euro per il decennio a venire. Con queste entrate potenziali le compagnie potrebbero investire nell'ammodernamento delle flotte al fine di migliorarne l'efficienza dal punto di vista del consumo e utilizzare carburante non fossile per il trasporto aereo. Benché l'Ue preferisca un'azione su scala mondiale, non possiamo tuttavia accettare che il settore dell'aviazione sia esonerato dalla partecipazione perché non riesce a raggiungere un accordo internazionale".

Non è un caso, infatti, che tutte le compagnie saranno obbligate a partecipare al programma Ets, anche quelle non europee e che tuttavia volano da e per l'Europa. Quasi tutte gridano da tempo al rincaro selvaggio da scaricare sui clienti. Non potevano mancare gli italiani: "Stimiamo un danno per i nostri bilanci compreso tra i 30 e i 70/80 milioni di euro in tre anni", ha dichiarato l'a. d. Alitalia Rocco Sabelli, supportato dal governo nella battaglia contro la direttiva Ue.

Se si scava un po', il problema risulta in realtà assai marcato. Rispetto a vent'anni fa il livello delle emissioni è raddoppiato. Un aumento vertiginoso che ha portato al 10% il tasso d'incidenza dei voli aerei nel complesso delle emissioni di gas serra interessate dal sistema di compensazione europeo.

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Perché i neutrini non sarebbero più veloci della luce - Wired.it

Perché i neutrini non sarebbero più veloci della luce

A quasi tre settimane dall'annuncio dei ricercatori italiani, sono già 80 le pubblicazioni sui neutrini presentate su ArXiv. E molte ridimensionano la scoperta. Ecco alcune ipotesi

17 ottobre 2011 di Martina Saporiti

Super Proton Synchrotron

L'Sps è un acceleratore circolare posto in un tunnel lungo quasi 7 chilometri, costruito sottoterra nel 1976. Qui vengono accelerati i protoni, per poi farli collidere con un apposito bersaglio di grafite e produrre i neutrini

 

  • Super Proton Synchrotron

    Super Proton Synchrotron

    L'Sps è un acceleratore circolare posto in un tunnel lungo quasi 7 chilometri, costruito sottoterra nel 1976. Qui vengono accelerati i protoni, per poi farli collidere con un apposito bersaglio di grafite e produrre i neutrini

  • Cern

    Cern

    Un tubo di un chilometro, dove il decadimento delle particelle sprigiona i neutrini, è orientato esattamente verso il Gran Sasso

  • Tiro al bersaglio

    Tiro al bersaglio

    Un fascio di neutrini muonici viene prodotto facendo scontrare dei protoni accelerati contro un bersaglio di grafite composto da 5 unità della lunghezza di 2 metri, progettate per massimizzare il numero di neutrini prodotti

  • Opera

    Opera

    il rilevatore Opera (Oscillation Project with Emulsion-tRacking Apparatus), fotografa i prodotti della interazione dei neutrini con i nuclei del piombo di cui è composto

  • Opera

    Opera

    La struttura ha un volume di 2mila metri cubi e un peso di 4mila tonnellate

  • Opera

    Opera

    Il rivelatore principale è costituito da 150mila mattoncini. Ogni mattoncino pesa 8,3 chilogrammi ed è costituito da 56 lastre di piombo alternate a emulsioni fotografiche ultrasensibili

  • Computer

    Computer

    Le rilevazioni sono estremamente complicate da realizzare e si affidano per questo a un grande complesso di calcolatori

  • Filo rosso o filo blu?

    Filo rosso o filo blu?

    Se non sapete cosa toccare, state lontani...

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Più veloce della luce. Sino a qualche mese fa, nessuno all'infuori di un supereroe dei fumetti avrebbe potuto pronunciare questa frase. Ma dopo gli straordinari risultati dell’esperimento italiano Opera (Oscillation Project with Emulsion-tRacking Apparatus), anche i ricercatori hanno iniziato a prendere in considerazione la possibilità che il podio della velocità nel mondo delle micro particelle non spetti ai fotoni ma ai neutrini. A circa tre settimane dall’esperimento condotto dall’ Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn) in collaborazione con il Cern di Ginevra,il server arXiv (un archivio che raccoglie le pubblicazioni scientifiche non ancora passate al vaglio della peer review della comunità scientifica) è stato intasato da oltre 80 pubblicazioni di ricercatori impazienti di spiegare cosa è successo nei Laboratori del Gran Sasso.

Alcune parlano di una nuova fisica, popolata da neutrini che viaggiano attraverso extra-dimensioni o che possiedono una tale energia da renderli più veloci della luce. Altre, certamente meno seducenti, chiamano in causa spiegazioni più ordinarie, che se non altro tolgono dall’impiccio il tanto chiacchierato Einstein. Tra queste, Adam Mann, su Wired.com, ne passa in rassegna alcune, che tentano di spiegare perché i risultati di Opera non mettono paura alla Teoria della Relatività Speciale.

Le prime obiezioni mosse a chi interpretava i risultati dell’esperimento del Gran Sasso come la prova che i neutrini siano più veloci della luce sono nate da un’ osservazione astrofisica. Nel 1987, una supernova potentissima spruzzò sulla Terra una doccia di luce (cioè di fotoni) e neutrini. In quell’occasione, i rilevatori segnalarono l’arrivo dei neutrini circa tre ore prima della luce. Ma se Opera avesse ragione, è il calcolo dei ricercatori, i neutrini sarebbero dovuti arrivare ben quattro anni prima della luce. Come si spiegano, quindi, le tre ore di anticipo? Con la falsa partenza della luce, in un certo senso. Al contrario dei quasi inermi neutrini, infatti, i fotoni interagiscono molto con la materia. Ecco perché hanno impiegato più tempo ad arrivare sulla Terra: sarebbero stati bloccati in uscita dalle interazioni con i vari elementi del nucleo della supernova. I neutrini, invece, sarebbero riusciti a scappare subito.

Veniamo invece alle obiezioni teoriche mosse dal fisico Matt Strassler sul suo blog. Come suggerisce il ricercatore, secondo il Modello Standard (teoria quantistica che descrive tutte le particelle della materia e le loro interazioni fondamentali, a eccezione della gravità), se i neutrini viaggiano più veloci della luce, anche gli elettroni devono fare lo stesso. Quanto più veloce? Di almeno un miliardesimo, se possiedono la stessa energia dei neutrini (40 GeV, almeno come rilevato dai laboratori). Ma i fisici sanno che ciò non è possibile: nel vuoto, infatti, gli elettroni non possono superare la velocità della luce di oltre 5 parti su 10 15.

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Computer che trasformano i circuiti, il futuro è tutto in un nuovo materiale | Il quotidiano italiano

Computer che trasformano i circuiti, il futuro è tutto in un nuovo materiale

(17 Ottobre 2011) CHICAGO – Il cuore dei prossimi computer starà in un milionesimo di millimetro. Con questo risultato, i ricercatori della Northwestern University di Chicago hanno presentato i dati di uno stupefacente studio: grazie a un nuovissimo materiale duttile e di alta tecnologia, i computer del futuro saranno capaci di rigenerarsi e di adattarsi a tutte le esigenze.

Tutto funziona secondo i principi della fisica e della chimica: dietro a questi computer “cangianti” infatti, c’è di mezzo la nanotecnologia applicata alle più avanzate scienze. Il computer sarà in grado di governarsi da solo in base a impulsi interiori. Essi fungeranno da guida nel modificare la struttura e l’andamento della corrente elettrica, i microcircuiti del futuro saranno piccolissimi e composti da un materiale ibrido che sarà avvolto in un secondo strato con cariche positive, attorno a cui ci saranno ioni negativi.

scoperto_microchip_piccolissimo_cangiante

Con questa nuova scoperta, il mondo della tecnologia informatica fa un grande passo in avanti. Ricercatori di tutto il mondo puntano a creare nuovi materiali in grado di garantire un perfetto funzionamento dei nuovi computer a dimensioni e prezzi irrisori: la tecnologia sarà rinchiusa sempre di più in piccole dimensioni.

Se diamo uno sguardo al passato, i primi computer erano gigantesche macchine che occupavano intere stanze e funzionavano attraverso grandi manopole. Questi erano grandi calcolatrici in grado di fare complicate operazioni matematiche.

La scienza, nel corso degli anni, ha fatto passi da gigante rinchiudendo in un chip tutta la tecnologia delle immense macchine. I computer sono diventati sempre più alla portata di tutti e con il tempo sono entrati a tutti gli effetti nella nostra vita.

Dai grossi calcolatori si è passati ai personal computer: questo nuovo strumento ha rivoluzionato la nostra esistenza. Sono passati pochi anni e sono arrivati sul mercato i primi notebook e netbook. Oggi i tablet e gli smartphone hanno preso il sopravvento nel campo dell’informatica. Nel palmo di una mano possiamo trovare anni e anni di sviluppo, e per il futuro chissà cosa ci aspetterà.

 

Daniele Fox

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domenica 16 ottobre 2011

Generazione Millennials

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Corriere della Sera

Generazione Millennials

Nati negli Anni Ottanta, sono i più numerosi dai tempi del baby boom. I ragazzi «fluidi» che vivono di tecnologia

C' è una nuova, imponente generazione, ormai diventata abbastanza adulta per iniziare a rivendicare un posto nella società. E lo sta facendo. In tutto il mondo. I Millennials sono i giovani nati negli anni ' 80, i primi cresciuti in un ambiente digitale. Sono la generazione più numerosa dopo i baby boomers , tre volte più grande rispetto alla precedente, la Generazione X. Ottanta milioni di individui diventati adolescenti respirando l' atmosfera digitale, i Millennials (conosciuti anche come Net Generation o Echo boomers) sono la prima generazione globale, con valori, abitudini e modi di pensare sorprendentemente convergenti. Conoscerli significa conoscere il nostro futuro. Lo sa anche l' economista della Columbia University Jeffrey Sachs, che per primo ha identificato i protagonisti delle recenti proteste, gli «indignati» la cui voce sta gridando in tutto il pianeta, nei Millennials. E il professore crede anche che quando entreranno in politica, finalmente la riusciranno a cambiare, costruendo una società non basata sul consumismo ma sull' umanesimo responsabile. Ciò che li rende davvero diversi rispetto ai giovani del passato è l' essere sempre connessi, in relazione tra loro, istantaneamente aggiornati. Elementi non solo dal valore teorico, ma, anzi, che hanno un riflesso più reale che mai, che si traduce (come è ormai evidente) sul piano politico. Per capire meglio chi sono questi nuovi giovani dall' animo liberal, questi aspiranti riformatori che diventano rivoluzionari solo quando si scontrano con realtà troppo diverse da come s' aspettano, Mtv ha prodotto una ricerca su un campione di più di 6.500 ragazzi dai 12 ai 34 anni, in 15 Paesi quali Italia, Regno Unito, Francia, Germania, Polonia, Olanda, Svezia, Grecia, Portogallo, Spagna, Messico, Sud Corea, Sud Africa, Russia e Australia. E, sorprendentemente, sono emersi gli stessi valori e aspirazioni in tutto il mondo. Un tratto che ha colpito Antonio Campo Dall' Orto, vice presidente di Mtv International. «L' errore è continuare a categorizzare i giovani con gli stereotipi degli adulti che li immaginano così ma non li conoscono», premette per poi ammettere ciò che lo ha stupito: «C' è una riscoperta dei valori tradizionali, comune nel mondo. I ragazzi sono legati all' idea di famiglia pur appartenendo spesso nuclei non convenzionali. Se gli chiedi cosa vorrebbero rispondono: un buon lavoro, vivere bene e che i miei fossero fieri di me». Non è sempre stato così? «No, prima c' era una generazione orientata a soddisfare i propri bisogni in maniera immediata. Quella del sesso, droga e rock and roll . L' obiettivo era uscire di casa a 18 anni. Loro no, hanno come modello i genitori e nessuna fretta di andarsene. Ma sanno pensare in grande e mettono la collettività prima dei singoli. È nei loro cromosomi e fa ben sperare per il futuro». Giovani dai valori tradizionali ma tendenti alla «fluidità» nelle relazioni, a sentirsi cioè parte di gruppi differenti. Per i Millennials, la costruzione dell' identità è data dalla somma di ruoli diversi e personalità fittizie che internet e i social network garantiscono. Vivono la tecnologia come un codice di appartenenza e un' abitudine a cui non possono rinunciare: il 41% preferirebbe stare a casa piuttosto che andare in vacanza senza internet. Il 63% sarebbe stressato senza il web per un giorno: la rete è uno strumento indispensabile di espressione di sé. A riprova, un dato impressionante: un 12-24enne partecipa mediamente a 48 conversazioni digitali al giorno (336 alla settimana, 17.500 l' anno). Le stesse conversazioni che hanno anche veicolato i messaggi delle proteste. Come è stato per Wael Ghonim, attivista nato nel 1980 che attraverso il suo blog e Facebook ha fatto esplodere la rivoluzione egiziana. O Yoani Sanchez, la blogger cubana anti-castrista che nel suo «Generation Y» descrive l' isola come altrimenti sarebbe impossibile, lodata da Barack Obama e finita nella lista del Time tra le 100 persone più influenti del 2008. Giovani attenti a ciò che succede ma protagonisti di ribellioni diverse da quelle passato e forse tipiche dell' adolescenza. Spiega Dall' Orto: «Sono giovani riformatori, non rivoluzionari. Non vogliono bruciare le città e hanno obiettivi prima che ideali. Vogliono un posto nel mondo, lo scopo è cambiare le cose. Un tempo la ribellione era fine a se stessa. Ora tutti vogliono darsi da fare perché le cose cambino: il web diffonde e dà forma a queste intenzioni». Una generazione impaziente e curiosa, che si appaga attraverso l' utilizzo spesso contemporaneo di diverse tecnologie: il 70% crede siano un strumento indispensabile soprattutto per mostrare i propri contenuti agli altri. Dedicano sempre più tempo ai media (8 ore al giorno) e hanno tutto: il 94% ha un cellulare, il 72% un computer, il 64% una console per videogiochi. Il 58% dice di usare un social network ogni giorno e il 36% di chattare ogni giorno. Ma sono ragazzi che pur sentendosi degli outsider, non perdono l' aspirazione di fare grandi cose: il 66% si sente protagonista del proprio futuro. Ricercano felicità e successo, ma vogliono lavorare per ottenerlo: per 7 giovani su dieci le scorciatoie non sono ammesse. «Non sono ideologici ma post ideologici - conclude Dall' Orto -. Sono forti perché hanno obiettivi concreti. Vogliono un lavoro, non cose irrealizzabili. Chissà cosa riuscirà a fare questa generazione in India o in Cina. Negli Stati Uniti sono convinti che Obama sia stato eletto soprattutto grazie a loro. Chiedono solo un pezzo di futuro. Ma la domanda è: cosa faranno se non gli verrà dato? Perché una cosa è certa: questi nuovi giovani, anche davanti alle porte chiuse, non si fermano». RIPRODUZIONE RISERVATA * * * La parola Millennials Con il termine «Millennials» si intendono i ragazzi nati negli Anni Ottanta del secolo scorso, per i quali erano già stati coniati altri termini come Net Generation o Echo boomers. Sono la prima generazione globale con valori, abitudini e modi di pensare sorprendentemente convergenti. Ciò che li rende diversi da chi li ha preceduti è che sono sempre connessi, in relazione fra loro, istantaneamente aggiornati ' '

Maffioletti Chiara

Pagina 31
(15 ottobre 2011) - Corriere della Sera

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giovedì 13 ottobre 2011

Google quanto rivela di noi ai governi? - Wired.it

Google quanto rivela di noi ai governi?

Non ci sono solo le intercettazioni. In 6 mesi, le autorità italiane hanno chiesto per 837 volte dati personali di utenti a BigG. Quanta pressione riceve Mountain View? E come risponde? L’analisi di Wired.it

13 ottobre 2011 di Fabio Deotto

google car

google car

 

  • google car

    google car

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Abbiamo ricevuto dalla Polizia Italiana una richiesta di rimozione per un video YouTube che criticava il Primo Ministro Silvio Berlusconi e nel cui finale veniva simulato il suo assassinio per mezzo di una pistola. Abbiamo rimosso il video in quanto violava le Community Guidelines di YouTube”.

Quella che avete letto è la spiegazione ufficiale che Google ha dato per la rimozione di un contenuto da YouTube in seguito a una precisa richiesta governativa. Nel caso non lo sapeste, tra i governi di tutto il mondo è pratica comune contattare le grandi compagnie come Google per sollecitare la rimozione di contenuti illegali e l’ acquisizione di dati relativi agli utenti Google al centro di un’ indagine.

A differenza di altre compagnie (che, va detto, gestiscono un traffico di dati personali sicuramente inferiore) Google ha deciso di sollevare un poco il tappeto per fare un po’ di trasparenza su queste transazioni. A un anno e mezzo dal lancio di Google Trasparency Report, i tempi sono maturi per fare qualche bilancio: quanti governi hanno sguinzagliato Google a fare pulizia nella Rete? Quanto è stata disponibile Google ad accogliere le loro richieste? Cos’ha fatto il Governo Italiano?

Ecco un po’ di cifre: nel secondo semestre dello scorso anno le autorità del nostro paese hanno fatto arrivare a Mountain View un totale di 49 richieste di rimozione di contenuti, per un totale di 131 contenuti da rimuovere (molte richieste interessano più contenuti). 18 di queste richieste provenivano da autorità come la Polizia Postale, mentre le restanti erano frutto di provvedimenti giudiziari. I tre servizi più colpiti erano YouTube (88 contenuti rimossi), la ricerca Web (22 contenuti rimossi) e Blogger (18 contenuti rimossi). Google ha ricevuto le richieste, le ha esaminate e le ha accolte tutte.

Perché? Quali erano i crimini o le accuse che hanno mosso quelle richieste? In primo luogo l’accusa di diffamazione, 55 dei contenuti rimossi (in gran parte da YouTube e dal motore di ricerca) erano stati segnalati come diffamatori. 28 video caricati su YouTube sono stati rimossi per questioni di privacy o di sicurezza, 21 in quanto eccessivamente violenti, 5 perché palesemente pornografici. E parlando di numeri, ecco la sorpresa: i contenuti rimossi per violazione di copyright erano 2. Ed erano pubblicati su blog. A voi il compito di trarne riflessioni.

Queste cifre potrebbero apparire basse, data la quantità di materiabile passibile di denuncia presente in Rete. Considerate però che stando ai dati relativi ai governi europei (e non solo) pubblicati sul Google Transparency Report, l’ Italia è tra i paesi che ha avanzato più richieste (nel primo semestre del 2010 erano addirittura 1655).

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