venerdì 28 maggio 2010

Cervello razzisti insensibile a dolore altrui

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Cervello razzisti insensibile dolore altrui.Allora non è solo un'impressione... Il cervello dei "razzisti" funzionerebbe davvero in modo diverso, faticando a identificarsi spontaneamente nella sofferenza fisica di persone di altri gruppi etnici. Lo ha scoperto uno studio dell'Università di Bologna di prossima pubblicazione su Current Biology.

La prova è arrivata mostrando a soggetti sottoposti a stimolazione magnetica transcranica, sia bianchi italiani sia neri africani residenti in Italia, immagini di aghi che venivano conficcati sul dorso di mani dalla pelle di diverso colore.

"Ciò che abbiamo osservato – spiega Alessio Avenanti, il giovane ricercatore dell’Università di Bologna coordinatore della ricerca – è che la scarsa empatia, cioè la capacità di condividere e comprendere i sentimenti e le emozioni altrui, nei confronti di individui di diverso gruppo etnico, è strettamente legata al pregiudizio razziale inconscio dell’osservatore: soggetti con elevato pregiudizio razziale tendono a rispondere in maniera estremamente ridotta al dolore di membri dell’altro gruppo etnico, mentre persone con basso pregiudizio razziale tendono a reagire in modo simile al dolore dei membri del proprio e dell’altro gruppo etnico”.

I ricercatori italiani hanno testato la reazione ad immagini dolorose relative al proprio e all’altro gruppo razziale, scoprendo che quando un "bianco" osserva un ago conficcarsi sulla mano di un bianco, nel suo cervello si attivano automaticamente gli stessi circuiti cerebrali collegati alla percezione di quel dolore, come se l’osservatore lo stesse provando sulla propria mano. La stessa cosa accade quando un "nero" osserva la scena su una mano di pelle nera.

La novità messa in luce dal nuovo studio è che, osservando l’ago conficcarsi su una mano di un diverso gruppo etnico, questa reazione è pressoché assente.

Con un esperimento di controllo (mani artificiali di diverso colore) i ricercatori hanno capito che "non è tanto il diverso aspetto a determinare la differenza di risposta, bensì il significato culturale ad esso associato: in altri termini, sarebbero gli stereotipi e i pregiudizi razziali collegati ad un colore della pelle ad influenzare, e perfino ad attenuare, la naturale compartecipazione alla sofferenza altrui".

Questa conclusione è rafforzata da un ulteriore test condotto dai ricercatori su soggetti sottoposti a un’indagine sui pregiudizi razziali inconsci, che misura la spontaneità e la rapidità con cui idee positive o negative vengono associate a diversi gruppi etnici.

"Ebbene - spiega Avesani - si è palesata una evidente correlazione tra sentimenti razzistici latenti e resistenza empatica: tanto più il soggetto, bianco o nero che fosse, è risultato inconsapevolmente razzista, tanto più flebile è apparsa la sua capacità di immedesimazione, mentre individui non razzisti tendono a mostrare gli stessi livelli di empatia verso soggetti di entrambi i gruppi".

La sperimentazione, condotta con risonanza magnetica transcranica, si è conclusa nel 2009 e ha coinvolto circa 40 studenti universitari, per metà bianchi italiani e per metà neri africani residenti in Italia. Oltre ad Alessio Avenanti, che lavora presso il Centro studi e ricerche in neuroscienze cognitive dell’Alma Mater, hanno preso parte alla ricerca il professor Salvatore Maria Aglioti, dell’Università La Sapienza di Roma e dell’Ircss Fondazione Santa Lucia, e Angela Sirigu dell’Istituto di scienze cognitive del Cnrs francese di Lione.

Reference:

Avenati A et al., Racial bias reduces empathic sensorimotor resonance with other-race pain, Current Biology, doi: 10.1016/j.cub.2010.03.071

..poveri razzisti..!

Posted via web from cybernik's posterous

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