venerdì 21 maggio 2010

Cronache dalla Spring Conference di Roma. Partire da Shakespeare per capire Dietrich von Hildebrand? | Phenomenology Lab

Potrebbe sembrare strano eppure è proprio così: muovere da Shakespeare per meglio comprendere alcuni snodi cardine della filosofia hildebrandiana potrebbe essere una mossa tanto impensata quanto vantaggiosa.

A sostenerlo è John F. Crosby, principale organizzatore con il figlio John Henry Crosby della Rome Spring Conference 2010 ospitata dall’Università dell’Apollinare.

Firmando l’Introduzione all’edizione inglese di Zum Wesen der Liebe, e rilevando che quest’opera potrebbe risultare di difficile comprensione senza una previa conoscenza dell’Etica di von Hildebrand, egli evidenzia innanzitutto la centralità dei «valori» nell’economia del divenire personale, orientato all’amore in tutte le sue forme e modalità possibili.

Se non che, dei valori, si possono dare molte definizioni diverse: alcune pertinenti e altre meno. Alcune ancorate a quell’”oggettivismo” che non confonde ciò che piace a me con ciò che è un bene in sé. Altre invece preda di quel singolare egocentrismo che consiste nel giudicare meritevole qualche cosa solo perché lo sperimento come utile per me.

Certo, i valori restano quel che sono. Eppure i modi in cui possono essere incontrati e onorati nei loro portatori sono diversi. Ci sono - ricorda John F. Crosby - «persone che vivono primariamente di risposte al valore, impedendo che la soddisfazione di interessi soggettivi interferisca con il mondo dei valori». E ci sono anche - all’estremo opposto - persone «tranquillamente capaci di sperimentare cose soggettivamente soddisfacenti», dimenticandosi però di corrispondere alle rigorose esigenze del mondo dei valori.

Forse è proprio in questa talvolta drammatica alternanza, che consegna due “tipi” umani ma anche due strategie del fare esperienza, che si gioca l’efficacia, in noi, di quel “mondo dei valori” (Welt der Werte) di cui von Hildebrand ha parlato ma del quale ha per prima cosa provato a dare credibile testimonianza attraverso la sua vita.

Certo, ricorda ancora una volta l’Introduzione, per esemplificare in tutta la sua forza la distinzione hildebrandiana si potrebbero invocare le parole del Troilus and Cressida di Shakespeare (II, I).

Così incisive nell’originale inglese che sarebbe un vero peccato tradurle:

«But value dwells not in particular will; / It holds his estimate and dignity / As well where in ’tis precious of itself / As in the prizer»

Lodovica M. Zanet

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