lunedì 27 settembre 2010

Galileo - Giornale di Scienza | La materia grigia che fa riflettere

Temi salute

La materia grigia che fa riflettere

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di Giulia Belardelli | Pubblicato il 20 Settembre 2010 09:05
Detail-detail-pensare

L'attitudine a riflettere sui propri pensieri, sentimenti e decisioni dipenderebbe dalla quantità di materia grigia collocata subito dietro i nostri occhi. A scoprire la relazione tra la capacità di fare introspezione e il volume di materia grigia presente nella corteccia prefrontale anteriore sono stati i ricercatori dello University College di Londra in uno studio pubblicato su Science.

Il gruppo, guidato da Geraint Rees dell'Istituto di Neuroscienze Cognitive dello Ucl, ha analizzato tramite risonanza magnetica a immagini (MRI) il cervello di 32 persone sane sottoposte a un compito visivo. I partecipanti dovevano stabilire quale tra due schermi fosse più luminoso e poi assegnare un valore che indicasse quanto fossero sicuri della propria scelta. Il test era concepito in maniera tale da lasciare sempre un margine di dubbio nella risposta, con differenze minime tra uno schermo e l'altro. Alla base dell'esperimento c'era il presupposto che più si è introspettivi, più si è in grado di valutare correttamente il proprio margine di errore. Confrontando le risonanze dei partecipanti, gli studiosi hanno osservato che a questa attitudine a riflettere sulle scelte corrispondono una maggiore quantità di materia grigia nella corteccia prefrontale anteriore destra e una particolare struttura della materia bianca circostante.

Non è ancora chiaro come materia grigia e bianca influenzino la consapevolezza di sé e del margine di errore in una scelta; il campione è piccolo e i risultati potrebbero anche essere il riflesso di differenze anatomiche o degli effetti dell'esperienza e dell'apprendimento sul cervello. Sarebbe questo, però, l'aspetto più interessante dal punto di vista terapeutico: “Se così fosse – spiegano i neuroscienziati – si potrebbe pensare di allenare queste capacità. Prendiamo l'esempio di due persone con il morbo di Alzheimer, uno conscio della propria malattia, l'altro no: è possibile che il secondo paziente si rifiuti di prendere i farmaci. Se riuscissimo a comprendere le basi neurologiche dell'autoconsapevolezza, potremo un giorno sviluppare trattamenti e strategie mirati al suo allenamento”.

Riferimenti: DOI: 10.1126/science.1195983

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La materia grigia che fa riflettere

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di Giulia Belardelli | Pubblicato il 20 Settembre 2010 09:05
Detail-detail-pensare

L'attitudine a riflettere sui propri pensieri, sentimenti e decisioni dipenderebbe dalla quantità di materia grigia collocata subito dietro i nostri occhi. A scoprire la relazione tra la capacità di fare introspezione e il volume di materia grigia presente nella corteccia prefrontale anteriore sono stati i ricercatori dello University College di Londra in uno studio pubblicato su Science.

Il gruppo, guidato da Geraint Rees dell'Istituto di Neuroscienze Cognitive dello Ucl, ha analizzato tramite risonanza magnetica a immagini (MRI) il cervello di 32 persone sane sottoposte a un compito visivo. I partecipanti dovevano stabilire quale tra due schermi fosse più luminoso e poi assegnare un valore che indicasse quanto fossero sicuri della propria scelta. Il test era concepito in maniera tale da lasciare sempre un margine di dubbio nella risposta, con differenze minime tra uno schermo e l'altro. Alla base dell'esperimento c'era il presupposto che più si è introspettivi, più si è in grado di valutare correttamente il proprio margine di errore. Confrontando le risonanze dei partecipanti, gli studiosi hanno osservato che a questa attitudine a riflettere sulle scelte corrispondono una maggiore quantità di materia grigia nella corteccia prefrontale anteriore destra e una particolare struttura della materia bianca circostante.

Non è ancora chiaro come materia grigia e bianca influenzino la consapevolezza di sé e del margine di errore in una scelta; il campione è piccolo e i risultati potrebbero anche essere il riflesso di differenze anatomiche o degli effetti dell'esperienza e dell'apprendimento sul cervello. Sarebbe questo, però, l'aspetto più interessante dal punto di vista terapeutico: “Se così fosse – spiegano i neuroscienziati – si potrebbe pensare di allenare queste capacità. Prendiamo l'esempio di due persone con il morbo di Alzheimer, uno conscio della propria malattia, l'altro no: è possibile che il secondo paziente si rifiuti di prendere i farmaci. Se riuscissimo a comprendere le basi neurologiche dell'autoconsapevolezza, potremo un giorno sviluppare trattamenti e strategie mirati al suo allenamento”.

Riferimenti: DOI: 10.1126/science.1195983

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Galileo - Giornale di Scienza | Dove risiede il senso di colpa

Temi vita

Dove risiede il senso di colpa

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di Tiziana Moriconi | Pubblicato il 20 Settembre 2010 18:38
Detail-cervello-uomo

Il senso di colpa ha una sua precisa sede nel cervello. Anzi, più d’una, visto che si tratta di un’emozione complessa e che ne esistono più forme. Per la prima volta, alcuni ricercatori italiani non solo hanno trovato quali aree vengono attivate da questi sentimenti, ma sono persino riusciti a distinguere tra senso di colpa deontologico (legato alla trasgressione di norme morali condivise dalla società) e altruistico (quello che si prova di fronte a un’ingiustizia, anche se non siamo stati noi a causarla). La scoperta è dell’équipe del Laboratorio di Neuroimmagini della Fondazione Santa Lucia di Roma guidata da Marco Bozzali, che ha lavorato in collaborazione con l’Associazione di Psicoterapia Cognitiva.

Nello studio, una serie di immagini concepite per evocare senso di colpa (sia deontologico sia altruistico) sono state mostrate a un gruppo di 72 volontari (tra 21 e 38 anni) mentre questi erano sottoposti a imaging. Il test è stato poi ripetuto in un secondo gruppo di 22 volontari (con età compresa sempre tra 21 e i 38 anni). In questo caso, però, tutti i partecipanti sono stati coinvolti in un compito di immedesimazione emotiva.

Una prima analisi dei dati della risonanza magnetica ha mostrato che l’identificazione con la colpa porta all’attivazione di due aree cerebrali, ben diverse da quelle attivate dalla rabbia o dalla tristezza: la corteccia del cingolo anteriore e del cingolo posteriore (entrambe coinvolte in abilità cognitive complesse, dette superiori).

In un secondo momento, i ricercatori sono riusciti anche a distinguere le aree coinvolte nei due diversi tipi di senso di colpa: quello di natura deontologica attiva l’insula (coinvolta anche nella sensazione di disgusto), mentre quello di natura altruistica sembra attivare soprattutto la corteccia prefrontale mediale (area che sottostà ad attività sociali, legate all’interpretazione degli stati d’animo e dei comportamenti altrui). Al di là della variabilità individuale, i ricercatori hanno per la prima volta dimostrato che questi sentimenti sono legati a circuiti cerebrali ben precisi e distinti. I risultati sono on line su Human Brain Mapping.

Riferimento: DOI: 10.1002/hbm.21009 

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Galileo - Giornale di Scienza | Dove risiede il senso di colpa

Temi vita

Dove risiede il senso di colpa

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di Tiziana Moriconi | Pubblicato il 20 Settembre 2010 18:38
Detail-cervello-uomo

Il senso di colpa ha una sua precisa sede nel cervello. Anzi, più d’una, visto che si tratta di un’emozione complessa e che ne esistono più forme. Per la prima volta, alcuni ricercatori italiani non solo hanno trovato quali aree vengono attivate da questi sentimenti, ma sono persino riusciti a distinguere tra senso di colpa deontologico (legato alla trasgressione di norme morali condivise dalla società) e altruistico (quello che si prova di fronte a un’ingiustizia, anche se non siamo stati noi a causarla). La scoperta è dell’équipe del Laboratorio di Neuroimmagini della Fondazione Santa Lucia di Roma guidata da Marco Bozzali, che ha lavorato in collaborazione con l’Associazione di Psicoterapia Cognitiva.

Nello studio, una serie di immagini concepite per evocare senso di colpa (sia deontologico sia altruistico) sono state mostrate a un gruppo di 72 volontari (tra 21 e 38 anni) mentre questi erano sottoposti a imaging. Il test è stato poi ripetuto in un secondo gruppo di 22 volontari (con età compresa sempre tra 21 e i 38 anni). In questo caso, però, tutti i partecipanti sono stati coinvolti in un compito di immedesimazione emotiva.

Una prima analisi dei dati della risonanza magnetica ha mostrato che l’identificazione con la colpa porta all’attivazione di due aree cerebrali, ben diverse da quelle attivate dalla rabbia o dalla tristezza: la corteccia del cingolo anteriore e del cingolo posteriore (entrambe coinvolte in abilità cognitive complesse, dette superiori).

In un secondo momento, i ricercatori sono riusciti anche a distinguere le aree coinvolte nei due diversi tipi di senso di colpa: quello di natura deontologica attiva l’insula (coinvolta anche nella sensazione di disgusto), mentre quello di natura altruistica sembra attivare soprattutto la corteccia prefrontale mediale (area che sottostà ad attività sociali, legate all’interpretazione degli stati d’animo e dei comportamenti altrui). Al di là della variabilità individuale, i ricercatori hanno per la prima volta dimostrato che questi sentimenti sono legati a circuiti cerebrali ben precisi e distinti. I risultati sono on line su Human Brain Mapping.

Riferimento: DOI: 10.1002/hbm.21009 

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