venerdì 5 agosto 2011

L'Homo Cyberneticus di Nicola Cara Damiani | SCIENZA E FUTURO

Homo Cyberneticus (Este Edition 2011)

http://www.este-edition.com/prodotti.php?idProd=598

Società cibernetica e Informatica di massa, roba esoterica e – nonostante notebook e smartphone quasi persino nel letto..., di ardua comprensione?

A volte, gli scrittori divulgano meglio, con poche azzeccate pennellate o schizzi, le cose complesse del nostro mondo.

E' certamente il caso di Homo Cyberneticus dello scrittore pugliese Nicola Cara Damiani.

Sulla scia dello stile della comunicazione degli stessi Roberto Vacca o l'equipe di Piero Angela:

ovviamente in chiave narrativa, l'autore traccia con parole scorrevoli da dove viene in fondo il presunto alieno Homo Cyberneticus del nostro tempo.

Attraverso una fiction “classica”, quale la forma dialogica, ottimamente polarizzata tra un misterioso anziano filosofo e due giovani figli dell'era del computer.

Ne esita, appunto, un “semplice” Homo Cyberneticus, riconnesso alle sue origini umane e culturali, che- oltre l'apparenza puramente letteraria, fa piazza pulita dei due principali e convenzionali approcci alla questione degli umani nell'età dell'intelligenza artificiale.

Sia la visione tecnofila e magica, sia quella apocalittica, sono splendidamente relativizzate: la nuova scienza del nostro tempo, mentre cambia- per fortuna- il mondo- in sé è semplicemente il linguaggio del nostro tempo: un linguaggio potenzialmente rivoluzionario.

Va da sé: un'astronave con un pilota scimmia finisce fuori orbita.

Educare invece al senso non solo estetico ma spirituale della tecnoscienza e dei suoi effetti sorprendenti sull'anima o la mente umana (la si chiami come si preferisce), senza alcun timore: se non quello di certo principio di precauzione o realtà, ma mai a priori, nel divenire della storia umana, la piccola grande storia della nostra contraddittoria specie, ma almeno sulla Terra unica, capace di contemplare le stelle, pensare e amare e creare, migliorare la Natura.... genera software umani potenziati capaci di attraversare la computer age.

Bel libro quindi di certo esistenzialismo cibernetico che auspica un semplice homo cyberneticus capace di conservare e rinnovare, raffinare le emozioni umane, non soltanto nei grandi eventi della nostra epoca, dai trapianti ai viaggi spaziali all'energia solare alle macchine pensanti, ma nella vita quotidiana di tutti i giorni- telefonino o wireless , certamente nella stanza accanto o nello zaino, ma acceso o meno...

Come farebbero, senza lamentarsi troppo, anche Platone , Democrito, Eraclito o Pitagora...

RobyGuerra
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martedì 2 agosto 2011

Il nostro cervello non può fare di più - Wired.it

Il nostro cervello non può fare di più

La materia grigia degli esseri umani ha raggiunto i suoi limiti. La spiegazioni di un team inglese di ricercatori

01 agosto 2011 di Lorenzo Mannella

Il nostro cervello non può fare di più

Il nostro cervello non pu�� fare di pi��

 

  • Il nostro cervello non può fare di più

    Il nostro cervello non può fare di più

    Il nostro cervello non pu�� fare di pi��

Teniamoci stretti gli Shuttle, i computer quantistici e le nanomacchine, perché forse in futuro non riusciremo a inventare niente di più sofisticato. Che sia chiaro, agli esseri umani non mancano certo le idee, bensì la possibilità di sviluppare qualche connessione neuronale in più. Il nostro cervello, infatti, avrebbe raggiunto il massimo delle sue capacità di elaborazione dati. A dirlo non è un pessimista qualunque, ma Simon Laughlin, neuroscienziato dell’ Università di Cambridge.

Secondo Laughlin, coautore di un libro sull’autonomia energetica degli organismi intitolato Work Meets Life, per potenziare le sue capacità cognitive la materia cerebrale avrebbe bisogno di quantità extra di ossigeno troppo elevate. Significa che, per far funzionare il cervello, non possiamo permetterci di spendere più carburante di quanto già non facciamo.

“Il nostro cervello consuma energia per funzionare”, spiega Laughlin, “e questo dispendio di risorse è tanto elevato da limitare le performance cerebrali. Significa che c’è un limite alla quantità di informazioni che possiamo elaborare nella nostra testa”.

Il problema non è tanto nelle dimensioni del nostro cervello, ma nel grado di interconnessione tra le sue cellule, i neuroni. Come in un computer, per elaborare informazioni più complesse dovremmo prima espandere la potenza del nostro processore aumentando la sua capacità di calcolo. Ma, purtroppo, la nostra centralina cerebrale consuma già il 20% dell’energia prodotta dall’intero organismo. Inoltre, anche se le dimensioni del cervello rimanessero costanti, sarebbe impossibile aumentare la densità dei suoi neuroni miniaturizzandoli ancor di più. Si tratta di un limite fisiologico che, se superato, produrrebbe più danni che benefici.

Tutti i dati raccolti dagli scienziati fanno presagire che per l’essere umano sia arrivata la fine della corsa evolutiva. Il nostro cervello non avrà mai cellule più piccole e numerose né sarà più veloce di quanto non sia già oggi. A ripetere questa triste verità c’è anche Ed Bullmore, uno psichiatra di Cambridge che lavora a fianco di Laughlin.

Gli studi di brain imaging di Bullmore hanno dimostrato che nel cervello delle persone dalla mente più brillante gli impulsi cerebrali viaggiano più velocemente del solito. “Si paga un prezzo per l'intelligenza'', spiega lo studioso, ''essere più intelligenti significa migliorare le connessioni tra diverse aree del cervello e questo si scontra contro forti limiti in energia e spazio''.

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martedì 26 luglio 2011

CIBERNIX - Frustrazione ciibernetica BRAIN TRAINER

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BRAIN TRAINER Post n°230 pubblicato il 26 Luglio 2011 da BROWSERIK Tag: scienze cognitive, video game Ricercatori dell’Università di Belfast hanno sviluppato un videogioco in grado di migliorare le nostre capacità di prendere decisioni nella vita di tutti i giorni e nei momenti critici. Una speranza di guarigione per gli indecisi cronici? Boh! Diamoci un’occhiata dopo aver ripercorso un po’ la storia dei videogiochi educativi. “Papà mi compri il computer? Non fa solo videogiochi, mi serve per studiare, è utile per la gestione della tua azienda e poi… ci sono i giochi educativi, che mi insegnano divertendomi!” Discorsi del genere, falsi quanto ingenui, sono ronzati nelle orecchie di tanti papà degli anni ’80, che molto spesso non avevano aziende da gestire (o che magari non le avrebbero gestite con un Commodore 64) e che guardavano con sospetto quelle nuove macchine che si “attaccavano” alla televisione. In effetti l’home computer in quei tempi remoti oltre che a giocare non serviva proprio a niente. Certo, c’erano programmi per fare un po’ di tutto, ma quasi nulla che non si potesse fare meglio a mano. E tra le altre cose c’erano i famigerati giochi educativi, il tipico regalo sbagliato della nonna a Natale. Forse non tutti i giochi educativi degli anni Ottanta erano davvero brutti, alcuni erano esperimenti coraggiosi, interessanti, intelligenti; era difficile però trovarne uno che si potesse definire davvero divertente e accattivante. Lentamente, negli anni ’90, gli edu-game inizieranno a farsi strada nelle scuole, rivelandosi utili nel campo dell’ insegnamento di varie materie (lingue su tutti) e soprattutto per gli alunni con difficoltà di apprendimento; resteranno tuttavia confinati nel settore degli strumenti didattici. Il 2005 è l’anno della svolta. Il dottor Ryuta Kawashima, uno dei massimi esperti di neurologia in Giappone, sviluppa un videogioco per Nintendo DS che in realtà è una collezione di “giochi” (per non chiamarli esercizi). Si chiama Brain Trainer e vende in un paio di anni più di 17 milioni di copie: tante, anche perché nel conteggio non si calcolano gli innumerevoli cloni e le conversioni per altre piattaforme. È la rivincita del genere (forse sarebbe più corretto parlare di tipologia) di videogioco più bistrattato della storia. Quello che è ironico è che un programma di questo tipo sarebbe girato senza difficoltà su un Commodore 64 e forse anche su un Vic-20 (5 kbite di RAM, espandibili fino a 32). Anzi, programmi del genere ce n’erano, ma erano quasi sempre realizzati in modo molto approssimativo e soprattutto non riscontravano nessun gradimento da parte del pubblico. Come spiegare quindi il successo di Brain Trainer? Non è difficile capire che nel corso degli anni è completamente cambiato l’approccio del pubblico all’home computer (che ormai coinvolge quasi ogni nostra area del vivere) e il tipo di fruitori (sempre più ampio e sempre più diversificato, che non chiede al computer solo alieni verdi a cui sparare). Ma soprattutto Brain Trainer ha portato a un nuovo modo di vedere il videogioco, già evidente dal sottotitolo Brain Age: Train Your Brain in Minutes a Day. Il videogame viene proposto come un attrezzo ginnico per il proprio cervello, qualcosa che ci fa star meglio e vivere meglio, uno strumento che ha delle ricadute positive nella nostra vita pratica, che, in una parola, ci migliora. È quasi un oggetto magico in grado di ringiovanirci, almeno a livello neurale: è facile immaginare la soddisfazione di chi passa (ricordiamolo, nelle valutazioni del programma) da un età cerebrale di 87 anni a un’elasticità mentale da ventenne. Seguendo la linea guida tracciata da Kawashima, un gruppo di ricercatori della Queen’s University di Belfast ha creato un software che ha un obiettivo molto ambizioso: quello cioè di migliorare la capacità di prendere decisioni nella vita reale. Il software, che si chiama World of Uncertainity, è stato studiato e sviluppato da un pool di esperti in varie discipline, tra cui il professore di statistica Philip Dawid, dell’università di Cambridge e la dottoressa Melissa Cole, informatica della Brunel University. Per ora il gioco è solo un prototipo, e si basa sullo stesso principio di training del videogame di Ryuta Kawashima (più ci si gioca più benefici si avranno) ma rispetto a questo tocca tasti molto più delicati, specifici e complessi del cervello umano, ovvero i meccanismi di scelta. Se il Brain Trainer è una palestra generica per tutto il cervello, World of Uncertainty ha lo scopo di allenarne una delle parti più sensibili e importanti: quella che determina le nostre scelte e il nostro futuro. Ma come funziona esattamente World of Uncertainty? In realtà, come anche Brain Trainer, è basato su un meccanismo molto intuitivo. In questo caso è il quiz a risposta multipla (alla Chi vuol essere milionario? per intenderci). Forse, a questo punto, qualcuno si aspetterà che le domande simulino situazioni critiche a cui dobbiamo dare una risposta, del tipo “la casa sta andando a fuoco: salvi il gatto, il canarino o il cane?”. Invece non accade niente di tutto questo. Le domande sono di cultura generale (da “qual è la capitale dell’Egitto?” a “come si chiama il terzino della Dinamo Zagabria?”), non implicano nessuna presa di posizione o decisione. Una presa in giro? In realtà no, perché il giocatore, oltre a dare la risposta in breve tempo, deve considerare un altro, cruciale, fattore: la fiducia che ha nella correttezza della sua risposta. A ogni quiz il giocatore deve distribuire 20 punti tra due possibilità: che la sua risposta sia corretta o che sia sbagliata. Pertanto se è assolutamente sicuro della sua risposta attribuirà 20 punti alla sicurezza e 0 all’insicurezza. Viceversa se non ha idea di quale sia la risposta corretta, distribuirà in modo equo i punti, così da guadagnare punteggio sia che la sua risposta sia giusta sia che sia sbagliata. E’ chiaro perciò che il minimo del punteggio si avrà quando si sbaglierà completamente di valutare la propria competenza, ovvero quando si investiranno 20 punti su una risposta che poi si rivelerà sbagliata. Quello che misura il gioco non è quindi la conoscenza degli argomenti (anche se a prima vista potrebbe apparire così), ma quanto il giocatore crede di conoscere gli argomenti. E il punteggio sarà tanto maggiore quanto più accuratamente saprà stimare, nel breve tempo dato, le sue capacità. Il presupposto di partenza dei creatori di World of Uncertainty è abbastanza semplice: prendere una buona decisione in una circostanza critica infatti dipende dal saper valutare in tempi brevi e il più approfonditamente possibile le proprie capacità e possibilità di successo ; e questo è il genere di situazioni su cui questo gioco ci vuole allenare e che- in modo meccanico e astratto – simula. Altro aspetto da tenere in considerazione è che World of Uncertainty non va considerato solo come una forma di divertimento e di allenamento alla corretta percezione di sé ma anche, guardandolo dal punto di vista di Jyldiz Tabyldy Kyzy (Phd coinvolta nello sviluppo del gioco) e degli altri ricercatori, come “un ottimo strumento di ricerca che ci sta facendo scoprire molto sui meccanismi mentali e sui processi coinvolti nella presa di decisioni”. Quasi una forma d’involontaria citizen science, quindi. E forse questo è in effetti l’aspetto più interessante del progetto, dato che videogiochi che aumentano la capacità di prendere in fretta decisioni corrette già ce n’erano, e probabilmente fin dai tempi di Pacman e Centipede. Infatti, secondo una ricerca curata da C. Shawn Green (dipartimento di scienze cognitive dell’università di Rochester) questo sarebbe un aspetto connaturato ai videogiochi d’azione. Lo studio, pubblicato su Current Biology, riporta i risultati di un esperimento svolto su un ampio campione di giovani (dai 18 ai 25 anni) non giocatori. I volontari sono stati divisi in due gruppi uguali: alcuni hanno giocato a giochi d’azione, gli altri invece si sono cimentati con videogiochi gestionali; ogni giocatore ha giocato 50 ore. Dopo la “terapia” sono stati effettuati sui volontari test visuali e uditivi di diverso tipo e non legati alle abilità richieste nei videogiochi . I risultati hanno messo in evidenza come le risposte di chi aveva giocato ai giochi d’azione fosse più veloce del 25% e soprattutto, avesse lo stesso grado di accuratezza di quelle di chi aveva giocato ai giochi gestionali. Insomma, sebbene in questo caso non venga coinvolta la propria autopercezione, sembra che il classico videogame d’azione aiuti a ragionare bene e in fretta. Resta da vedere in che misura prendere decisioni in situazioni e mondi astratti e ipersemplificati possa legarsi a qualcosa come la capacità di scegliere e decidere, aspetti della vita connessi a molti altri fattori, contingenti, emotivi, sociali, culturali.

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domenica 24 luglio 2011

Quando i loghi dicono la verità - Wired.it

Quando i loghi dicono la verità

In Honest Logos, Viktor Hertz trasforma marchi noti rendendoli sinceri 

06 maggio 2011 di Alessio Lana

Viktor Hertz, Honest Logos

(Photo credits: Victor Hertz)

 

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Anche i loghi, nel loro piccolo, dicono la verità. Soprattutto quando vengono modificati e riadattati da un designer come Victor Hertz. Abbiamo già incontrato questo designer svedese 28enne che disegna da soli due anni. Era in occasione della presentazione delle sue locandine cinematografiche realizzate con i pittogrammi, i simboli dei cartelli stradali.

In poco tempo la Rete lo ha consacrato un artista di culto, tanto da definirlo  viral, una meta ambitissima per ogni creativo che si muove sul Web. Lui, instancabile, non si ferma e con Honest Logos continua una ricerca grafica contraddistinta da un umorismo sottile. Lo scopo è " raccontare la vera anima di un'azienda o come dovrebbe essere chiamata" e lo fa con un tono mai urlato, come piace a noi.

Allora che la sfida abbia inizio: riesci a indovinarli tutti?

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martedì 12 luglio 2011

Este Edition / Prodotto / Homo Cyberneticus

Homo Cyberneticus

Homo Cyberneticus Home > AUTORI / LIBRI > AUTORI dalla A alla M > Cara Damiani Nicola > Homo Cyberneticus TITOLO Homo Cyberneticus AUTORE Nicola Cara Damiani È nato a Bari. I suoi interessi prioritari sono lo studio dell’uomo, le sue aspirazioni, le sue debolezze, gli affetti che ne condizionano i comportamenti sociali ed affettivi. GENERE Narrativa ISBN 978-88-96604-71-7 PREZZO € 12,00 PAGINE 112 FORMATO 14,8 x 21 cm. ANNO DI PUBBLICAZIONE 2011 CONTENUTI La Filosofia è la scienza che permette di inquadrare una situazione nei termini utili alla stimolazione riflessiva dalla cui attività elaborativa risulteranno le relative deduzioni. Ho voluto quindi affrontare il tema relativo alla vita dell’uomo moderno, così tecnologico-dipendente, sviluppandone l’analisi con vari approcci. Per questo ho seguito una logica di sviluppo che fosse coerente alla tematica nel rispetto della semplicità e chiarezza di espressione del pensiero nella trattazione di argomenti profondi che stimolano l’analisi introspettiva del lettore. Quale modo migliore per suscitare l’interesse alla lettura se non quello di far parlare due giovani che vivono la realtà tecnologica odierna, offrendo loro la possibilità di confontarsi con un autorevole rappresentante della generazione anziana? (N.C.D.) COLLANA Fictio (collana di narrativa) » Richiedi più informazioni

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Este Edition / Categorie / Cara Damiani Nicola

Cara Damiani Nicola

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