venerdì 4 febbraio 2011

VISIONE/ Per cogliere la bellezza, il nostro occhio si affida alla statistica | Pagina 1

La visione è uno dei compiti più impegnativi per il nostro cervello, basti pensare che utilizziamo il 4% dell’energia che acquisiamo mangiando nel vedere.  Questo può stupire fino ad un certo punto, data la complessità di questo compito. A ricevere il segnale che viene dall’esterno è la retina, che contiene circa 100 milioni di fotorecettori. È da tempo evidente che non è possibile per il nostro cervello esaminare punto per punto in ogni istante 100 milioni di segnali per creare l’immagine percepita. Si è così scoperto che, mentre nella zona centrale della retina, che è utilizzata quando fissiamo un oggetto, si ha un utilizzo molto preciso dei fotorecettori, sul bordo della retina il sistema visivo cerca di aggregare molti segnali insieme per non rendere il processo visivo troppo faticoso. In questo modo il nostro occhio è estremamente preciso quando fissa un oggetto, mentre non vede dettagli sul bordo della retina, ma in tale zona è molto sensibile al movimento.

Il meccanismo con cui avviene questa “compressione” da 100 milioni di punti a un’immagine che il cervello elabora in maniera rapidissima è però ancora da chiarire completamente. Ecco perché ha suscitato interesse uno studio presentato la settimana scorsa al congresso della “Society of Photo-Optical Instrumentation Engineers’ Human Vision and Electronic Imaging” dalla ricercatrice Ruth Rosenholtz del Dipartimento di Scienze Cognitive del MIT. L’idea principale di questo lavoro è che, via via che ci allontaniamo dal centro della retina, il sistema visivo si limita sempre più a una statistica della scena che sta osservando, lasciando perdere i dettagli esatti. In un certo senso non osserva, ad esempio, se ci sono linee verticali od orizzontali, ma se valuta che la maggioranza delle linee sia verticale  passa al cervello questa risposta “di massima”.

Il modello proposto potrebbe spiegare bene un problema noto da tempo nella scienza della visione e corrispondente al cosiddetto “crowding” (che potremmo tradurre come affollamento): se si fissa il centro di un foglio e lateralmente c’è stampata una singola lettera, siamo in grado di riconoscerla; ma se lateralmente non vi è una singola lettera, ma più lettere una accanto all’altra, non siamo in grado di riconoscere le lettere nonostante il compito sembri apparentemente della stessa difficoltà. Questo potrebbe essere spiegato, nell’idea di Rosenholtz, dal fatto che quando si guardano tante lettere una accanto all’altra il sistema registra una “statistica” delle lettere e non il singolo dettaglio.


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