sabato 22 gennaio 2011

Viaggio nella mente di un attentatore [ricerca] - Wired.it

Viaggio nella mente di un attentatore

I servizi segreti Usa hanno studiato le 88 persone che hanno ucciso o cercato di uccidere un personaggio pubblico. Il risultato? Non sono così speciali o interessanti

21 gennaio 2011 di Douglas Fox traduzione di Chiara De Togni

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Fein dice infatti che “molte persone sono piuttosto ambivalenti nei confronti delle cattive azioni che stanno per commettere.”

Alla fine H.J. arrivò a Washington con l’intenzione di uccidere un membro del gabinetto presidenziale, di mettere in piedi un’indagine come quella per il Watergate e di porre fine al programma satellite che lui stesso aveva immaginato.

Ma i Servizi Segreti preferiscono individuare personaggi come H.J. prima che compiano le loro azioni e guidarli su una strada diversa senza dover ricorrere alla prigione. Una lettera sospettosa a un importante funzionario dovrebbe far scattare un campanello d’allarme e far arrivare a casa del mittente due ufficiali in divisa, che controllerebbero se si tratta effettivamente di una vera e propria minaccia.

 “ Sempre più persone indagate finiscono in un ospedale psichiatrico”, dice Robert T.M. Phillips, psichiatra forense del Maryland che ha lavorato con i Servizi Segreti per 15 anni per valutare le persone che avevano minacciato il presidente. A volte la persona viene affidata a servizi di sanità mentale. Altre volte sono i Servizi Segreti stessi a chiamare o a fare visita di frequente all’individuo considerato potenzialmente pericoloso. Fein racconta di una lettera scritta da uno di questi individui all’agente dei Servizi Segreti incaricato di tenerlo sotto controllo. La lettera era così intestata. “Alll’agente Smith, il mio unico amico al mondo.”

Gli sforzi per evitare che le persone commettano azioni spiacevoli non sempre hanno successo. Una dona, citata da Phillips in uno studio separato, si presentò alla casa bianca con dei fiori per Bill Clinton. Un’altra volta si recò a Washington per fare jogging con lui. Non sembrava costituire una minaccia, così venne rilasciata ogni volta. Ma dopo anni di situazioni simili, dopo aver mandato lettere e regali, la donna oltrepassò il limite, letteralmente. Ruppe la zona di sicurezza attorno alla limousine di Clinton con in mano un cellulare, che poteva essere facilmente scambiato per una pistola. Alla luce del pericolo che costituiva per se stessa, e al fatto che, se si fosse sentita rifiutata da Clinton, avrebbe potuto scoppiare in un attacco di rabbia, e venne rinchiusa in un istituto.

Jared Lee Loughner, a differenza di altri, non venne mai intercettato. Ciò che lo ha portato a commettere questo massacro, i suoi veri pensieri, ci metteranno un po’ a emergere, sempre se verranno rivelati. “L a verità degli omicidi americani è molto più banale, più ordinaria, di quella degli omicidi rappresentati nei film”, conclude Fein nel suo rapporto sullo studio dei Servizi Segreti. Queste persone non sono speciali o interessanti, non sono nè mostri nè martiri.

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