venerdì 20 maggio 2011

Superodori e nanocristalli. E sei seguito ovunque vai - Wired.it

Superodori e nanocristalli. E sei seguito ovunque vai

Basta farti un segno con un particolare pastello e la tua scia si troverà anche al chiuso. Oppure spruzzarti di cristalli liquidi per vederti al buio. Ecco le nuove tecniche di tracciamento dell'esercito Usa

20 maggio 2011 di Martina Saporiti

Microtrasmettitori

Sono più piccolo di una moneta e riescono a localizzare un bersaglio a 3 km di distanza (Credit: Oak Ridge National Laboratories)

 

  • Microtrasmettitori

    Microtrasmettitori

    Sono più piccolo di una moneta e riescono a localizzare un bersaglio a 3 km di distanza (Credit: Oak Ridge National Laboratories)

  • Il radar che ti mette su Google Earth

    Il radar che ti mette su Google Earth

    SpotterRF M600 è un radar grande come un notebook che individua le persone sino a 1000m di distanza e i veicoli a 1500m (Credit: spotterrf.com)

  • Nanocristalli

    Nanocristalli

    Questi nano cristalli emettono radiazioni luminose rilevabili attraverso occhiali a infrarossi (Credit: voxtel-inc.com)

  • Il segno

    Il segno

    Esistono dei composti che fanno reazione a contatto con la pelle, rivelando un potenziale target (Credit: voxtel-inc.com)

  • Nanocristalli liquidi

    Nanocristalli liquidi

    I nanocristalli rivelatori, come quelli prodotti dalla Voxtel, possono essere nascosti in un liquido (Credit: Sandia National Labs)

Segnare, seguire, localizzare”. È il must del dipartimento della Difesa degli Stati Uniti, che sta facendo fiorire un nuovo mercato, accanto a quello delle armi. Cosa significa? Che i militari stanno imparando a fiutare i nemici come segugi e a tracciare i loro spostamenti con una precisione inimmaginabile. Nelle guerre di questi ultimi anni, definite eufemisticamente " in movimento", sono le nuove tecnologie di tracciamento a fare la differenza. Parliamo di speciali profumi che ti rendono rintracciabile ovunque tu sia, di nanocristalli che ti si attaccano addosso e che possono essere visti agli infrarossi, di miniradar che mappano la tua posizione su Google Earth. Le cosiddette tecnologie Ttl ( tagging, tracking, locatine, appunto) sono la nuova arma contro criminali e nemici degli Usa. E per averle, l’Esercito e la Marina stanno spendendo un sacco di quattrini.

La Blackbird Technologies di Herndon, una delle compagnie leader in questo settore, ha incassato dalla Marina statunitense un assegno da 450 milioni di dollari per lo sviluppo e la fornitura di tecnologie Ttl e sembra essere una di quelle che la sa più lunga. Un’altra è la Tracer Detection Technology Corp.: si è inventata il modo di segnare un potenziale bersaglio con un pastello di cera alla paraffina che contiene perfluorocarburi, composti di uso comune (si usano per fabbricare molti oggetti, dai cosmetici ai frigoriferi). Ebbene, il vapore liberato dai perfluorocarburi può essere individuato da un rilevatore di gas, e il suo odore può durare ore. Se pensate di tapparvi in una stanza per non essere scoperti, tanto vale sapere che il composto permea porte, finestre, contenitori e bagagli. Lo dice un rapporto del dipartimento di Giustizia. Negli anni, la compagnia ha stipulato molti contratti di lavoro con la Marina , ma l’argomento è ovviamente top secret. “ Tracer sta sviluppando una tecnologia Ttl che renderà la vita difficile ai criminali - ha detto a Wired.com il presidente della società Jay Fraser - ma l’identità del nostro committente esige il segreto professionale”.

Qualche altro esempio? NightMarks è il nome di un prodotto della Voxtel che permette di rilevare la presenza di una persona al buio utilizzando occhiali per la visione notturna. Si tratta di nanocristalli che possono essere nascosti in un liquido. “ Quando per un materiale raggiungi dimensioni inferiori al nanometro - ha spiegato a Wired.Com l’amministratore delegato di Voxtel, George Williams - puoi godere di proprietà ottiche particolari che ti permettono di costruire gli spettri luminosi che ti servono per individuare e seguire un bersaglio”. Ancora una volta, Williams non parla dei rapporti tra la sua società e la Marina, ma basta dare un’occhiata al contratto del 2008 per capire cosa c’è sotto.

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Una piccola turbina nelle arterie - Wired.it

Una piccola turbina nelle arterie

Un sistema per autoalimentare pacemaker e dispositivi biomedici elettrici, risolvendo il problema delle batterie. Come? Con una piccola centrale idroelettrica nel sangue messa a punto da un gruppo di ricercatori svizzero

20 maggio 2011 di Anna Lisa Bonfranceschi

Globuli rossi

 

  • Globuli rossi

    Globuli rossi

Energia idroelettrica dal sangue, direttamente dalle arterie. Un gruppo di ricercatori dell’ Università di Berna, in Svizzera, e della Berner Fachhochschule (l’Università di Scienze applicate della capitale elvetica) ha infatti creato una turbina per generare energia elettrica a partire dal flusso sanguigno. Lo scopo: trovare il modo più efficace per ricaricare dispositivi medici elettronici come pacemaker, sensori di pressione o pompe a rilascio programmato di farmaci. Ed evitare così i pit stop necessari al cambio di batterie. L’innovativa turbina è stata presentata nel corso della Microtechnologies in Medicine and Biology Conference di Lucerna.

L’idea di concepire il corpo come una macchina che produce energia – con le sue variazioni di pressione, i cambiamenti di temperatura e il movimento dei liquidi – non è nuova, e qualcuno aveva già pensato a un modo a come sfruttarla. Nel 2005 per esempio, Dan Gelvan della Sirius Implantable Systems ha ricevuto un brevetto per un dispositivo in grado di produrre energia attraverso l’ effetto piezoelettrico, sfruttando il movimento degli organi interni. Stavolta invece i ricercatori svizzeri hanno pensato di usare un altro tipo di energia, quella idroelettrica del flusso sanguigno generato dal muscolo cardiaco.

Come ha infatti spiegato Alois Pfenniger, a capo dello studio, in un articolo su Ieee Spectrum: “Il cuore produce circa 1,5 watt di potenza idraulica e la nostra intenzione è quella di prenderne circa un milliwatt”, insomma quel tanto necessario ad alimentare non solo un pacemaker, ma anche dispositivi più potenti. Gli scienziati svizzeri hanno quindi creato in laboratorio una serie di piccolissime turbine e ne hanno testato il potenziale energetico all’interno di sottili tubicini simili per struttura e grandezza alle arterie umane. E il risultato non ha deluso le aspettative: fino a 800 microwatt per un modello di turbina.

Raggiunto l’obiettivo energetico, resta aperto un altro problema: il rischio di coaguli. I vortici creati dalle turbine potrebbero infatti portare alla formazione di grumi sanguigni, mettendo a rischio la vita dei pazienti. Ma anche in questo caso una soluzione sembra essere, in parte, già pronta. Paul Roberts della Southampton University Hospitals NHS Trust ha infatti messo a punto un magnete che si muove in risposta alle variazioni di pressione prodotte dal battito cardiaco, generando energia elettrica. A lui e alla sua idea, manca però l’altra metà della mela: la potenza energetica, troppo piccola per far funzionare un pacemaker.

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Janice, allegica all'elettricità - Wired.it

Janice, allegica all'elettricità

Niente tv, radio o cellulare. E addio anche a frigorifero e computer. Una donna inglese sta male se attorno a lei sono in funzione apparecchi elettrici. Ecco la sua storia

20 maggio 2011 di Valentina Arcovio

elettricità

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  • elettricità

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Una vita a lume di candela potrebbe sembrare la cosa più romantica del mondo. Ma per Janice Tunnicliffe, una signora inglese di 55 anni, non è una scelta. Anzi, la sua vita è un po’ come una prigione che la obbliga a rinunciare praticamente a tutto ciò che il progresso ha regalato alla società moderna. Janice infatti è allergica all’elettricità. Non può guardare, la tv, non può ascoltare la radio o usare il cellulare. Non solo. In casa non ha il frigorifero, il congelatore o un computer. È talmente elevata la sua sensibilità all’elettricità che anche i suoi vicini hanno dovuto smettere di navigare su Internet con la connessione senza fili. Janice è mamma di due figli e con loro le serate sono molto diverse da quelle delle famiglie normali. Sempre a lume di candela, al massimo nella famiglia Tunnicliffe ci si può divertire con qualche gioco da tavolo.

La vita di Janice però non è sempre stata così. Tutto è cambiato quando si è ammalata di cancro. È sopravvissuta, certo. Ma la chemioterapia le ha causato una rara condizione chiamata  elettrosensibilità, che causa gravi reazioni ai campi elettromagnetici emessi dagli apparecchi elettrici. Sono ormai passati tre anni da quando ha sviluppato questa malattia, ma da allora ogni volta che la signora Tunnicliffe si trova vicino a un qualsiasi dispositivo che emette campi elettromagnetici ha subito mal di testa, dolori al petto, nausea, formicolio alle braccia e alle gambe.

È facile immaginare il suo sollievo quando recentemente un black-out ha colpito Wellow, un paesino di campagna nel Nottinghamshire dove vive Janice vive con la sua famiglia.

Le finestre del suo cottage sono tutte schermate e isolate metallicamente per deviare le onde elettromagnetiche che arrivano da fuori. Per Janice uscire a fare una passeggiata o anche andare semplicemente al supermercato a fare la spesa è praticamente impossibile. Tutt’al più può trascorrere un fine settimana in campeggio in piena campagna con il marito Carl, 43 anni. A volte si tratta di fine settimana forzati proprio per allontanarsi dagli ambienti troppo elettrici.
 
Il Wi-Fi - racconta Janice al Daily Mail - mi fa sentire come se avessi una morsa dietro la testa. È molto estenuante e può immobilizzarmi completamente. Non sono in grado di muovere le braccia e le gambe”.

La signora Tunnicliffe era una manager che lavorava nell’industria dei cosmetici. Si è trasferita in campagna da Nottingham dopo aver divorziato dieci anni fa con il suo primo marito. Poi quella brutta diagnosi di cancro all’intestino e la conseguente terapia che tre anni fa le è costata una vita ricca di comfort moderni. Non è stato facile accorgersi di questa particolare allergia. A quel tempo Carl aveva appena acquistato una fotocopiatrice e aveva appena installato nella loro casa un router per la connessione Wi-Fi. Janice però ha iniziato a stare male a casa e a sentirsi meglio durante le passeggiate in campagna per poi peggiorare una volta di nuovo a casa.
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Ecco come salvare il cinema - Wired.it

Ecco come salvare il cinema

Dal tramonto del dvd al video on demand, fino alle proteste di James Cameron e Peter Jackson, che difendono le sale, qualche idea per dare una mano all'arte cinematografica in chiusura del Festival di Cannes

20 maggio 2011 di Aldo Fresia

cinema

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    cinema

Nel weekend si chiude una delle più importanti manifestazioni del mondo, il Festival di Cannes, ma il cinema è in crisi, eppure non manca certo chi vorrebbe salvarlo. Il problema è come fare. Negli Stati Uniti il dibattito è aperto e si contano anche prese di posizione piuttosto dure. Cerchiamo allora di fare il punto della situazione.

L'home entertainment non sta benissimo
È un dato ormai acquisito che il grosso degli incassi di un film non arriva dalle sale cinematografiche ma dall'intrattenimento domestico, che però sta registrando un calo sensibile: secondo uno studio dell' Economist, la flessione è pari al 22% rispetto al picco storico del settore. E siccome il calo colpisce soprattutto i film di medio budget e di alta qualità (quelli che di solito fanno scorpacciate di premi), ecco che gli studios si stanno concentrando su produzioni milionarie dall'alto contento spettacolare e dal ridotto valore qualitativo.

Il vero nemico non è la pirateria
I dati che certificano il calo dell'home entertainment dicono anche che sta diminuendo il numero di persone che acquistano e sta aumentando quello di coloro che noleggiano. E si capisce perché: il noleggio costa molto meno, a maggior ragione se sei un padre di famiglia che paga anche per i bimbi. Questo spinge l' Economist a dire che la pirateria "non sembra più una minaccia così grave" e che il vero problema sono gli scarsi margini di guadagno offerti dal noleggio. I nuovi nemici sono dunque i pezzi grossi del settore: Redbox, che produce distributori automatici di film da piazzare nei centri commerciali, e Netflix, che il film te lo spedisce a casa oppure ti consente di vederlo in streaming.

Se noleggio dev'essere, quale scegliere?
Per gli studios i margini di guadagno sono maggiori se il noleggio avviene attraverso il video on demand su Internet (vod), per il quale però bisogna aspettare. La tradizione vuole infatti che solo dopo quattro mesi di distribuzione esclusiva nelle sale cinematografiche i film diventino disponibili sul mercato dei dvd, dei Blu-ray e del video on demand. Ebbene, Sony, 20 th Century Fox, Disney e Warner Bros. hanno deciso una mossa impensabile fino a pochi anni fa: anticipare il vod di due mesi. Certo, l'idea è di proporre al pubblico prezzi salati, fino al doppio di un biglietto del cinema, ma questo ha comunque messo sul piede di guerra gli esercenti.

La posizione di James Cameron e soci
Gli esercenti hanno poi trovato una sponda in 23 registi di primo piano, tra cui James Cameron, Peter Jackson, Michael Mann, Kathryn Bigelow, Gore Verbinski, Robert Zemeckis, Guillermo del Toro, Robert Rodriguez e Roland Emmerich. Insieme hanno scritto una lettera aperta nella quale stigmatizzano l'anticipazione della distribuzione via vod come l'inizio della fine per le sale cinematografiche, in particolare le piccole.

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La prossima vacanza? A casa di qualcun altro [foto] - Wired.it

La prossima vacanza? A casa di qualcun altro

Sta spopolando il sito AirBnB, dove si possono affittare camere in abitazioni di privati cittadini. Wired.it ha fatto quattro chiacchiere con uno dei suoi creatori e ha scelto le 5 case più strane sul sito

20 maggio 2011 di Matteo Lenardon

Green Windmill, Grecia

Nell'isola greca di Thera un appartamento con piscina, vista sul mediterraneo e mulino

 

  • Green Windmill, Grecia

    Green Windmill, Grecia

    Nell'isola greca di Thera un appartamento con piscina, vista sul mediterraneo e mulino

  • Island Suite a Puerto Viejo, Alajuela in Costa Rica

    Island Suite a Puerto Viejo, Alajuela in Costa Rica

    Una delle proprietà della casa è un muffin gigante con gioielli incastonati nel tetto

  • Aircamp Furillen, Svezia

    Aircamp Furillen, Svezia

    Il classico camper anni '60 americano si trasforma in luogo eccentrico e accogliente per le foreste svedesi

  • Hotel Airplane, Olanda

    Hotel Airplane, Olanda

    Chi odia i camper - e ha sempre viaggiato in economy - può scegliere di soggiornare in un aeroplano ancorato saldamente a terra. Cabina compresa

  • Halifax Castle, Inghilterra

    Halifax Castle, Inghilterra

    Per le famiglie numerose che non riescono mai a trovare posto nei soliti alberghi Airbnb offre un intero castello nella campagna inglese fra Manchester e Leeds. Orchi esclusi

Si chiama   Airbnb è una delle novità più giovani e interessanti nel panorama del turismo fai-da-te. Airbnb propone un nuovo modo di viaggiare, superando la finta-rivoluzione lastminute, partita dal basso e ormai utilizzata dalle famiglie anche meno avvezze con la Rete che acquistano pacchetti ultimo minuto mesi prima nelle agenzie viaggi. Saltare alberghi, ostelli e agriturismi per entrare direttamente nelle case di proprietà delle persone. Abbiamo parlato delle difficoltà incontrate con lo status quo della lobby alberghiera e di cosa si aspetta dal futuro uno dei responsabili di Airbnb, Christopher Lukezic.

Cosa vi ha ispirato a creare un servizio come Airbnb?

“È una storia molto particolare, in realtà. Mi piace raccontarla. È iniziato tutto nel 2007 nel soggiorno del loft di Joe Gebbia e Brian Chesky a San Francisco. Un giorno, dato che frequentavano insieme la facoltà di Design a Rhode Island, hanno notato che i posti disponibili in albergo per una importante conferenza sul design vicino al loro college erano tutti esauriti. ' La creatività risolve tutti i problemi', è sempre stato il loro motto, quindi hanno offerto la loro casa ad amici e anche sconosciuti interessati a seguire l’evento.

“Pensa un po’, alla gente non dispiaceva poi così tanto stare a casa di estranei. L’ospitalità è genuina e sincera, e le patatine non costano 6 dollari. Inoltre gli ospiti di Joe e Brian hanno imparato molto sulla città e sui luoghi migliori dove cenare o uscire. Esperienze che non puoi replicare nei soliti alberghi. Partendo da tutto questo abbiamo  quindi deciso di cambiare per sempre il modo in cui la gente sceglie di viaggiare”.

Non deve essere stato facile, però, partire da quella esperienza e creare il business di oggi.

“Ci sono volute molte notti passate su materassi buttati a terra per Joe e Brian a cui poi si è aggiunto Nathan Blecharczyk. Ma oggi siamo in oltre 160 paesi e 8mila città”.

Anche in Italia si sta facendo notare Airbnb.

“Siamo riusciti a espanderci grazie a prezzi e soluzioni appetibili a tutte le fasce di popolazione. Da 10 € per una stanza fino a 5mila € per un appartamento. Roma è una delle città più popolari su Airbnb, con oltre 500 stanze e appartamenti da affittare per una notte”.

Ma come riuscite a guadagnare sugli annunci?

“Prendiamo una piccola percentuale su ogni prenotazione. Airbnb incassa il 6-12% a seconda della cifra richiesta dal proprietario della casa a notte”.

Non avete paura di un possibile monopolio su servizi simili al vostro da parte di Facebook? In 5 anni ci saranno ancora startup indie o tutto sarà una app dentro Facebook?

“Credo sia molto difficile prevedere come sarà Facebook fra 5 anni. Penso che quasi certamente Facebook non avrà il monopolio dei servizi sociali su Internet e che le startup indipendenti continueranno a innovare. Gli utenti vogliono servizi specifici che rispondono ai propri bisogni e desideri.

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Paolo Nespoli: ecco cosa si sente nello Spazio [Space Chat] - Wired.it

Paolo Nespoli: ecco cosa si sente nello Spazio [Space Chat]

Daniele ci invia una delle domande più interessanti: che rumore fa il silenzio siderale? Solo il nostro inviato-astronauta può dare la giusta risposta

20 maggio 2011 di Wired.it Staff

Paolo Nespoli: ecco cosa si sente nello Spazio [Space Chat]

 
  • Paolo Nespoli: ecco cosa si sente nello Spazio [Space Chat]

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    L'argomento viene sfiorato anche da tanti film di fantascienza: che rumore c'è nello Spazio? Il respiro degli astronauti che saltellano nelle loro casacche o il rombo assordante delle navicelle che sfrecciano a tutta velocità?

    A fare la domanda è il nostro lettore Daniele che vuole saperne di più sull'aspetto uditivo di una missione come quella del nostro inviato spaziale Paolo Nespoli, l'unico capace di rispondere correttamente.

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    Il treno, un social network compresso - Wired.it

    Il treno, un social network compresso

    Gente che va, che viene, chi sta al cellulare, chi lavora o legge. La Barbara di Wired.it questa settimana si inoltra nella rete sociale dei viaggiatori

    20 maggio 2011 di Barbara Lazzari

    treno

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      treno

      treno

    Le cose migliori vengono in bagno e mentre si dorme. Per questo è sempre bene essere regolari d’intestino, dormire molto e avere una penna a portata di mano, ché certe idee come sono arrivate potrebbero svanire nel dimenticatoio. Se, nonostante questi accorgimenti le pensate dovessero scarseggiare, non c’è niente di meglio che un bel viaggio in treno: in poco spazio e poche ore si possono scoprire le pensate migliori di un sacco di gente, condividerle o, perché no, perfino rubarle. Basta tenere gli occhi aperti per essere catapultati in mondi fino ad allora sconosciuti. Il treno è un social network in versione compressa con il vantaggio di non avere a che fare con delle foto o degli avatar ma con la gente in carne e ossa. Si può sentirne la voce, annusarne l'odore, valutare altezza, peso, stile e gusto. Basta sbirciare sul monitor del computer aperto al posto 96 per sapere che lavoro fa il signore brizzolato lì seduto. La passione per il gossip della donna castana la si intuisce dalle riviste che legge con attenzione. C’è un ragazzo che ascolta in cuffia dell’heavy metal e l’amico al suo fianco che si diletta coi giochi da iPhone. Basta ascoltare la telefonata di una bella signora con dei grossi occhiali da sole per sapere che con il suo compagno le cose non vanno affatto bene. Anche quelli che cercano di preservare la loro privacy non possono evitare di mettersi in gioco in qualche modo, così come tutti i passeggeri sono spettatori loro malgrado.

    Ci sono i bambini che saltellano, un signore che tossisce senza sosta e poi c’è sempre qualcuno che scambia il vagone per il suo ufficio e resta incollato al telefono cercando di gestire una serie di collaboratori poco efficenti. Tutte persone che non vorrei nel mio network su LinkedIn.

    Tra quelli che invece mi piacerebbe taggare assieme a me in una foto su Facebook ho pensato a Mario, che si diletta a fare gli oroscopi ai passeggeri semplicemente studiando i lineamenti del loro volto. Non azzecca nemmeno un segno, però è tanto rassicurante. E non dimentico quel ragazzetto in viaggio da casa della nonna alla casa del padre. La sorella lo ha sistemato al suo posto, si è accertata che avesse con se tutto il necessario, compreso il biglietto, e poi lo ha salutato. E lui, appena rimasto solo, ha aperto tutti i suoi sacchetti e ha cominciato a mangiare nell’ordine: avanzi di uova di pasqua, un panino con la porchetta e delle salsicce di norcia delle quali, a bocca piena, ha cominciato a decantare le lodi. Ha smesso solo quando la studentessa seduta al suo fianco ha pescato in borsa una bustina di biscotti. Senza vergogna alcuna gliene ha chiesti un paio. Erano proprio i suoi biscotti preferiti. E’ stato un po’ molesto ma mi ha fatto tanto ridere. Per fortuna poi sono arrivata a destinazione e, come per i veri social network, ho lasciato tutti alle loro vite scendendo dal treno per salire su un altro che mi riportava indietro, a casa.

    (Credit per la foto: Jon Hicks/Corbis)

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