Il risveglio a tappe del cervello Spiegata la frequente dissociazione tra la percezione di essere svegli e il rallentamento della capacità sensoriali e di integrazione Nei primi 5 minuti dopo il risveglio l'intera corteccia cerebrale presenta una consistente diminuzione dell'attività elettrica a elevata frequenza (attività beta da 15 a 25 Hz), tipicamente associata a uno stato di veglia vigile. In particolare, le aree cerebrali posteriori coinvolte nell'analisi e integrazione delle informazioni sensoriali continuano a presentare un'attività elettrica sincronizzata tipica del sonno, come se fossero le più "lente " a risvegliarsi. La scoperta, che spiega perché nei primi minuti dopo il sonno si sperimenta una paradossale minore efficienza rispetto al momento in cui ci si addormenta, è stata fatta da ricercatori dell'Università di Roma "La Sapienza", dell'Aquila e di Bologna, e dell'Associazione Fatebenefratelli per la Ricerca (AfaR), è pubblicata in un articolo apparso sulla rivista Neuroscience. I ricercatori hanno identificato per la prima volta la base cerebrale del fenomeno che, molto efficacemente, è stato definito "inerzia del sonno" e che consiste in una dissociazione tra la percezione di essere svegli (verosimilmente legata a una ripristinata attività elettrica tipica dell'individuo vigile nelle regioni cerebrali anteriori) e un rallentamento della capacità sensoriali e di integrazione, mediato dalle aree più posteriori del cervello. "Tutto è iniziato molti anni fa - spiega Luigi De Gennaro, coordinatore della ricerca - quando abbiamo iniziato lo studio sistematico della fase di addormentamento e del risveglio. L'idea di base era che le diverse aree cerebrali non si addormentassero e svegliassero tutte allo stesso tempo. La persistenza di un funzionamento cerebrale in specifiche regioni ancora tipica di un individuo sveglio (durante l'addormentamento) o quella ancora tipica di un individuo che dorme (al risveglio), avrebbe spiegato tutta una serie di fenomeni comunemente sperimentati, per esempio le allucinazioni ipnagogiche o ipnopompiche, rispettivamente in addormentamento o al risveglio". La scoperta presenta prospettive potenzialmente applicative per tutte quelle professioni che richiedono una rapida operatività (vigili del fuoco, operatori sanitari di pronto soccorso, forze dell'ordine, ma anche astronauti e militari impegnati in scenari bellici). "Si potrebbe immaginare un sistema di sensori elettroencefalografici (EEG) - aggiunge De Gennaro - che determini nelle singole regioni cerebrali il livello critico per garantire adeguate prestazioni. Le attuali tecnologie consentono ormai di miniaturizzare i tradizionali EEG, garantendo una scarsa intrusività di questi strumenti, così da renderli compatibili con lo svolgimento delle singole attività professionali". (gg) (02 marzo 2011) se avessero fatto la ricerca osservando il mio cervello, questa scoperta l'avrebbero fatta già da anni. Inviato da gigi il 03 marzo 2011 alle 00:58 Si parla di sensori e di monitoraggio, ovvero di verificare che l'operatore sia sveglio "abbastanza" per poter svolgere al meglio le proprie funzioni, non di stimolazioni Inviato da micene84 il 02 marzo 2011 alle 13:56 non è un po' agghiacciante l'immagine di un medico o paramedico di pronto soccorso (ma anche pompiere o poliziotto o carabiniere) dotato di elettrodi che lo stimolano ad un pronto risveglio? Inviato da araelnono il 02 marzo 2011 alle 10:30 AGGIUNGI UN COMMENTO © 1999 - 2010 Le Scienze S.p.A. - Sede legale: Via Cristoforo Colombo, 149 - 00147 Roma Tel. 06.865143181 - Codice fiscale e Partita IVA n. 00882050156 Gruppo Editoriale L'Espresso Spa | Abbonamenti e arretrati: SOMEDIA S.p.A. tel.199.700721 (02.39633433 per chi chiama da telefoni pubblici o cellulari), fax 02-70648237What is OneTrueFan
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