sabato 7 maggio 2011

L'ATTIVISMO ACCECANTE DEL "FAR WEST" E IL "SAPERE AUDE" DELLA "CRITICA DELLA RAGION PURA": JOHN DEWEY SPARA A ZERO SU KANT, SCAMBIATO PER UN VECCHIO FILOSOFO "TOLEMAICO". Alcune sue sua pagine da "La ricerca della certezza" del 1929, con alcune note - di

LA RIVOLUZIONE COPERNICANA. (Alcune pagine da "La ricerca della certezza. Studi del rapporto fra conoscenza e azione")

di JOHN DEWEY *

"Kant pretendeva di aver effetuato una rivoluzione copernicana nel campo della filosofia, trattando il mondo, e la conoscenza che abbiamo di esso, dal punto di vista del soggetto conoscente. Alla maggioranza dei critici, questo tentativo di far ruotare il mondo conosciuto sul cardine dell’attività conoscitiva della mente sembra un ritorno a un sistema di tipo ultra-tolemaico. Ma Copernico, cosí come lo ha capito Kant, rivoluzionò i fenomeni astronomici interpretando i loro movimenti percepiti secondo la loro relazione col soggetto percipiente, anziché trattarli come inerenti alle stesse cose percepite.

La rivoluzione del sole attorno alla terra, cosí com’è percepita dai sensi, venne considerata come dipendente dalle condizioni in cui si attua l’osservazione umana e non come dovuta a movimenti fatti dal sole. Non tenendo alcun conto delle conseguenze di tale mutato punto di vista, Kant stabilí che questa caratteristica era tipica del metodo di Copernico e pensò di poter generalizzare tale aspetto di questo metodo e sgombrare così il campo da una serie di difficoltà di natura filosofica, attribuendo i fatti in questione alla particolare costituzione del soggetto umano nel corso dell’attività conoscitiva.

Non deve meravigliare che la conseguenza fosse di carattere tolemaico invece che copernicano. In effetti la pretesa rivoluzione di Kant consisteva nel rendere esplicito ciò che era implicito nella tradizione classica. In altre parole, quest’ultima aveva sempre sostenuto che la conoscenza è determinata dalla costituzione obiettiva dell’universo. Ma era giunta a questo solo dopo aver stabilito che lo stesso universo è costituito secondo un modello razionale.

I filosofi costruirono prima di tutto un sistema razionale della natura e quindi ne mutuarono gli aspetti che caratterizzano la loro conoscenza di questa stessa natura. In effetti Kant osservò attentamente questo procedimento; intervenne quindi per rivendicare alla ragione umana - anziché a quella divina - il merito di avere effettuato quel prestito. La sua "rivoluzione" consisteva in questo trapasso da una autorità teologica ad una umana; oltre a questo punto il suo ragionamento era un esplicito riconoscimento di ciò che i filosofi avevano fatto inconsciamente lungo tutta la storia dall’antichità fino a lui.

Infatti il presupposto di fondo di quella tradizione era l’intima rispondenza dell’intellectus con la natura, lo stesso principio stabilito con tanta chiarezza da Spinoza. Al tempo di Kant, le difficoltà di tale premessa razionalistica erano diventate evidenti, ed egli pensò di mantenere quest’idea fondamentale e di rimediare alle sue incongruenze, facendo dell’uomo, inteso come soggetto conoscente, la sede dell’intelletto. Il fastidio causato in qualche mente da questo procedimento è dovuto piuttosto a questa traduzione, anziché a qualche dubbio sorto in merito alla validità della funzione della ragione nella costituzione delia natura.

Kant fa riferimento al metodo sperimentale di Galileo in modo marginale, per illustrare il modo in cui il pensiero può assumere la funzione concreta di guida, cosí che un oggetto è conosciuto grazie alla sua conformità ad un concetto antecedente, mercé il conformarsi delle specificazioni di questo. Il riferimento chiarisce, per contrasto, il contenuto esattamente opposto della conoscenza sperimentale. È vero che la sperimentazione procede sulla base di un’idea direttiva; ma la differenza fra la funzione dell’idea nel determinare un oggetto conosciuto e il compito assegnato ad essa nella teoria kantiana è tanto grande quanto quella fra il sistema copetnicano e quello tolemaico. Infatti un’idea nell’esperimento è ipotetica, condiziorrale, non fissa né rigidamente detetminata. Essa controlla un’azione che dev’essere compiuta. Ma le conseguenze dell’operazione determineranno il valore dell’idea direttiva; quest’ultima non determina la natura dell’oggetto.

Inoltre, in sede sperimentale, ogni cosa ha luogo "a carte scoperte". Ogni passo è manifesto, osservabile. Vi è prima uno stato di cose ben precisato, poi una operazione ben specificata che impiega mezzi sia fisici che simbolici, i quali vengono mostrati e riferiti. Tutto il processo, attraverso il quale si arriva alla conclusione che questo o quel giudizio su di un oggetto è pienamento valido, è effettivo e manifesto. Ognuno può ripeterlo punto per punto, e ognuno in tal modo può giudicare da sé se la conclusione cui si è giunti in merito a quel determinato oggetto abbia o no validità di conoscenza, oppure presenti lacune o incoerenze. Inoltre, tutto il processo si evolve anch’esso come gli altri processi esistenziali, cioè nel tempo. Vi è una sequenza temporale ben definita come in ogni ramo della tecnica, quale per esempio nella produzione della stoffa di cotone a partire dall’impiego della macchina che sgrana il cotone grezzo per arrivare - attraverso la cardatura e la filatura - all’operazione finale della tessitura. Una serie di operazioni ben definite, tutte controllabili e pubblicamente ripetibili, contaddistingue la conoscenza scientifica da quell’altro tipo di conoscenza realizzata da processi "mentali" interiorí, resi accessíbili soltanto all’introspezione o raggiunti per virtú speculativa, muovendo da determinate premesse.

Vi è pertanto contrasto, anziché accordo, fra la determinazione kantiana degli oggetti, attuata per mezzo del pensiero, e la determinazione consimile che ha luogo in sede sperimentale. Non c’è nulla di ipotetico o di condizionale nelle forme kantiane della percezione e dei concetti. Esse procedono uniformemente e trionfalmente, non hanno alcun bisogno di una prova differenziale tramite le conseguenze. La ragíone per cui Kant le postula è quella di rimpiazzare ciò che è ipotetico e problematico con forme piú sicure di universalità e necessità. Ma vi è in tutto questo complesso meccanismo kantiano alcunché di manifesto ed effettivo, di osservabile, di temporale, di storico. Ogni attività si svolge dietro le quinte soltanto il risultato si mostra alla nostra osservazione; ed è solo un elaborato procedimento a base di deduzioni speculative che permette a Kant di sostenere la realtà del suo sistema di forme e di categorie. Queste sono tanto inaccessibili all’osservazione quanto lo erano le forme occulre e le essenze delle quali la scienza moderna - se ha voluto progredire - ha dovuto liberarsi.

Queste osservazioni non sono dirette particolarmente contro Kant, che in effetti, come si è già detto, offre una versione moderna delle vecchie concezioni della mente e delle sue attività conoscitive, piuttosto che sviluppare una teoria del tutto originale. Ma poiché egli ha coniato la definizione di "rivoluzione copernicana", la sua filosofia costituisce un punto di partenza conveniente per considerare il rovesciamento genuino delle idee tradizionali circa la mente, la ragione, i concetti, i processi mentali.

Le fasi di questa rivoluzione ci hanno via via interessato nelle pagine precedenti. Abbiamo visto come il contrasto tra il conoscere e l’agire, fra teoria e pratica sia stato abbandonato nel campo della ricerca scientifica effettiva; e come la conoscenza possa progredire pet mezzo dell’azione. Abbiamo constatato come la ricerca conoscitiva dell’assoluta certezza, perseguita con mezzi puramente mentali, abbia dovuto cedere di fronte ad una ricerca della sicurezza con un largo margine di probabilità, attuata mediante una regolamentazione attiva delle condizioni. Abbiamo considerato alcuni dei passi ben definiti attraverso i quali la sicurezza si è mostrata in stretta dipendenza da una regolazione dei mutamenti più di quanto l’assoluta certezza non dipendesse da essenze immutabili. Abbiamo avuto modo di notare come, in conseguenza di tale trasformazione, il modello di ogni giudizio si sia trasferito dagli antecedenti ai conseguenti; dalla dipendenza inerte del passato alla costruzione intenzionale di un avvenire.

Ma se tali mutamenti non costituiscono, nell’essenza e nello scopo del loro significato, un rovesciamento radicale paragonabile a una rivoluzione copernicana, non so piú dove dovremo ricercare un mutamento del genere né a che cosa esso dovrebbe assomigliare. Il centro di tutto era la mente che conosceva per mezzo di un insieme dí facoltà complete nel suo ambito ed esercitate solo su di una materia antecedente, esterna e ugualmente completa in sé. Il nuovo centro è costituito da un numero infinito di interazioni che avvengono nell’ambito di un processo naturale che non è né fisso né completo, ma è capace di servire da guida per rísultati nuovi e differenti mediante operazíoni intenzionali. Né la personalità interiore, né il mondo, né l’anima, né la natura (intesa nel senso di qualcosa di isolato e di finito nel suo isolamento) sono il nucleo centrale, allo stesso modo che né il sole né la terra costituiscono il centro assoluto di un singolo sistema di riferimentò universalè e necessario. Vi è invece una totalità mobile, composta di infinite parti interagenti; un centro emerge là dove c’è uno sforzo teso a far confluire quelle parti verso una direzione particolare.

Questo rovesciamento ha molte fasi ed esse sono strettamente legate fua loro. Non possiamo dire che una sia piú importante di un’altra. Ma un mutamento spicca sugli altri. La mente non è piú uno spettatore che contempli il mondo dal di fuori e che trovi in questa contemplazione autosufliciente il suo piú alto godimento. La mente si trova all’interno del mondo come parte integrante del suo processo continuo. Si distingue poi come mente per il fatto che, là dove la si incontra, i mutamenti cominciano tutti ad effettuarsi in una maniera che rivela una g u i d a precisa; in modo che si attua un movimento orientato vérso una ben definita direzione da ciò che è dubbio e confuso a ciò che è chiaro, risolto e sistemato. Dal conoscere inteso come contemplazione dall’esterno, al conoscere inteso come partecipazione attiva al gtan dramma di un mondo in eterno divenire: ecco il trapasso storico che abbiamo descitto in queste pagine".

* John Dewey, La ricerca della certezza. Studi del rapporto fra conoscenza e azione, Firenze, La Nuova Italia, 1965, pp. 297-301 (tit. orig.; The Quest for Certainty. A Study of the Relation of Knowledge and Action, 1929)

Sul tema, nel sito, si cfr.:

PER IL "RISCHIARAMENTO" ("AUFKLARUNG") NECESSARIO. ANCORA NON SAPPIAMO DISTINGUERE L’UNO DI PLATONE DALL’UNO DI KANT, E L’IMPERATIVO CATEGORICO DI KANT DALL’IMPERATIVO DI HEIDEGGER E DI EICHMANN !!! FREUD, KANT, E L’IDEOLOGIA DEL SUPERUOMO. ALLA RADICE DEI SOGNI DELLA TEOLOGIA POLITICA EUROPEA ATEA E DEVOTA. Un breve saggio di Federico La Sala, con prefazione di Riccardo Pozzo.

-  IL PROGRAMMA DI KANT. DIFFERENZA SESSUALE E BISESSUALITA’ PSICHICA: UN NUOVO SOGGETTO, E LA NECESSITA’ DI "UNA SECONDA RIVOLUZIONE COPERNICANA"

-  LA SCUOLA, IL WEB, E LA LEZIONE DI KANT. "SAPERE AUDE!": IL CORAGGIO DI SERVIRSI DELLA PROPRIA INTELLIGENZA E L’USCITA DALLO STATO DI MINORITA’ .....
-  IL MONDO COME SCUOLA, LA FACOLTA’ DI GIUDIZIO, LA CREATIVITA’, I NATIVI DIGITALI, E L’ATTIVISMO CIECO NELLA CAVERNA DI IERI E DI OGGI. Materiali per riflettere

In effetti...!

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