martedì 22 marzo 2011

CIBERNIX - Frustrazione ciibernetica

ITALIA il pericolo viene dalla LIBIA Post n°156 pubblicato il 22 Marzo 2011 da BROWSERIK Tag: conflitto, forze armate libiche, Gheddafi, libia “ L’Italia ci ha tradito, scatenerò l’inferno” . Questa la frase di Mu’ammar Gheddafi che ha strapazzato stanotte i sonni degli italiani. Fino a qualche giorno fa infatti molti di noi hanno osservato gli smottamenti arabi come si farebbe con eventi appartenenti a un luogo troppo lontano. Ora che la missione Odissea all’Alba è iniziata, di colpo ci rendiamo conto che stavamo affacciati sul balcone di casa, un balcone che potrebbe essere troppo basso, e dunque si sparge il timore che quello che sta accadendo nel cortile di casa possa in qualche modo ripercuotersi anche sui piani più alti. A moltiplicare l’ansia è intervenuto il sequestro del rimorchiatore italiano Asso 22 nei mari di Tripoli, di cui non si è più saputo nulla da stanotte. Nel frattempo, il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi ha cercato di tranquillizzare gli animi rassicurando che “ Gheddafi non ha l’armamento necessario per raggiungere l’Italia”, la realtà è che nessuno, al momento, è in grado di valutare con certezza la qualità e la quantità di attrezzature belliche nelle mani del Raìs (buona parte delle quali, è giusto ricordarlo, arrivano proprio dallo Stivale). Nonostante ciò, tutti gli esperti si dichiarano tranquilli sul fatto che la Libia non sarebbe in grado di spostare il conflitto in Italia, andiamo a vedere perché. La flotta aerea e navale Stando ai dati in possesso dell’ International Institute for strategic studies, Gheddafi si starebbe battendo il petto per distogliere l’attenzione da quello che è in realtà un arsenale scarso e obsoleto. Se il colonnello millanta di avere 200 velivoli da guerra (gran parte MiG e Sukhoi-Su di epoca sovietica) pronti a levarsi nei cieli libici, l’istituto londinese ritiene che solo 40 di questi sarebbero effettivamente in grado di volare. A questo conto potrebbero doversi aggiungere alcuni Dassault Mirage F1 francesi, il cui numero però sarebbe decisamente esiguo (uno o due). Mirage francesi a parte, gli altri velivoli di fatto sarebbero troppo obsoleti per costituire un’effettiva minaccia per l’Italia. Anche nel caso in cui qualche MiG riesca a uscire dalla No Fly Zone, in assenza di un sistema di rifornimento in volo, si troverebbe presto senza carburante e nell’impossibilità di fare ritorno. Sul fronte navale le condizioni libiche non sono migliori, la Al-Quwwāt al-Bahriyya al-Lībiyya, ovvero la Marina Libica, è da sempre considerata la forza meno solida del paese, da sempre dipendente da rifornimenti e attrezzature straniere. Non a caso, il presidente del Cesi (Centro Studi Internazionali), Andrea Margelletti, ha scansato ogni ipotesi di ritorsione militare in territorio italiano, bollando le forze navali del Raìs come “ deboli e inconsistenti.” I missili libici La paura più grande, in queste ore, verte sull’Isola di Lampedusa. E non a caso. Nel 1986 i libici avevano già tentato di colpire l’isola siciliana con due Scud sovietici che erano però precipitati in mare prima di raggiungere la base americana bersaglio. È naturale dunque che i territori più geograficamente vicini alla Libia (e nei quali risiedono le basi americane odiatissime dal Raìs) siano quelli che più temono le possibili ritorsioni. E mentre il sindaco di Lampedusa, Totò Martello, di dice profondamente preoccupato dei possibili sviluppi di Odissea all’Alba, il Ministro della Difesa Ignazio La Russa ricalca le rassicurazioni di Berlusconi affermando che “ Le nostre informazioni ci dicono comunque che i missili libici hanno una gittata di 300 chilometri e quindi non arrivano neanche a Lampedusa”. Quello che non dice, tuttavia, è che Lampedusa dista da Tripoli appena 335 km. Armi chimiche Se ne parla da giorni ed è una delle fonti di timore più grande, Gheddafi sarebbe in possesso di grandi quantità di Iprite, un’arma chimica meglio conosciuta con il nome di Gas Mostarda, un composto liposolubile in grado di penetrare in profondità nella cute generando piaghe e gravi lesioni di difficile guarigione (se usato in concentrazioni sufficienti è letale in pochi minuti). Gran parte dell’arsenale chimico libico è stato distrutto per ordine dello stesso Raìs, dopo che nel 2004 la comunità internazionale aveva fatto pressioni, ma ne sarebbero comunque avanzate 10 tonnellate, che attualmente vengono conservate in un sito nel deserto di Rughawa. La conferma è arrivata poche ore fa dall’ammiraglio statunitense Mike Mullen. “ Il Raìs è in possesso di una quantità di significativa di quel tipo di arma” riconosce Mullen “ E il potenziale distruttivo è parecchio alto”. Tuttavia, gli americani stanno monitorando il sito tramite satellite e si dichiarano sicuri che non è nei piani di Gheddafi utilizzare questo tipo di armi. Si tratterebbe, spiega Mullen, di un’ operazione complicata che Gheddafi potrebbe non essere in grado di effettuare. In ogni caso, gli esperti attualmente si preoccupano più che altro che il leader libico utilizzi gas mostarda contro i cittadini ribelli, ma non che lo utilizzi contro altri obbiettivi (ad esempio le basi americane ne sud Italia) che, ribadiscono, non sarebbero alla portata del Raìs. L’incubo Kamikaze La considerazione su cui convergono più o meno tutti gli esperti è che l’unica minaccia concreta che potrebbe arrivare dalla Libia, sono attacchi kamikaze mirati in suolo italiano. In queste ore, l’agenzia Interfax ha diffuso un’intervista al generale russo in pensione Leonid Ivashov, il quale mette in allerta l’Italia sulle possibili contromisure terroristiche di Gheddafi: “ Potrebbe usare altri metodi, come sabotaggi contro basi Nato in Italia e basi statunitensi e britanniche in paesi arabi”, ha spiegato Ivashov: “ In queste azioni potrebbe coinvolgere forze anti-americane e anti-europee, giovani e attentatori suicidi”. Nel frattempo, le autorità Italiane stanno già provvedendo a rinforzare le difese e i controlli sul territorio. Il capo della Polizia, Antonio Manganelli ha diffuso in queste ore una circolare per invitare a concentrare l’attenzione sugli obbiettivi sensibili e su tutte le frontiere.

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