giovedì 24 marzo 2011

Fukushima: il disastro si poteva evitare - Wired.it

Fukushima: il disastro si poteva evitare

Secondo il Wall Street Journal, le autorità nazionali e i gestori delle centrali avrebbero ignorato la sicurezza degli impianti esistenti, concentrandosi su quelli nuovi. Un costo troppo alto per un rischio molto basso. Si sbagliavano

23 marzo 2011 di Emanuele Perugini

Fukushima, dopo il terremoto

 

  • Fukushima, dopo il terremoto

    Fukushima, dopo il terremoto

  • Fukushima, dopo il terremoto

    Fukushima, dopo il terremoto

  • Fukushima, dopo il terremoto

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  • Fukushima, dopo il terremoto

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  • Fukushima, dopo il terremoto

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  • Kesennuma nel 2002

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  • Kesennuma dopo il terremoto

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  • Kesennuma nel 2002

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  • Kesennuma, dopo il terremoto

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  • Kesennuma nel 2002

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  • Kesennuma dopo il terremoto

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  • Kesennuma dopo il terremoto

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  • Kesennuma nel 2002

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  • Kesennuma dopo il terremoto

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  • Minamisanriku nel 2002

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  • Minamisanriku dopo il terremoto

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  • Minamisanriku nel 2002

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  • Minamisanriku dopo il terremoto

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  • Minamisanriku nel 2002

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  • Minamisanriku dopo il terremoto

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  • Minamisanriku nel 2002

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  • Minamisanriku dopo il terremoto

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  • Ofunato dopo il terremoto

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  • Ofunato dopo il terremoto

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  • Rikuzentakata nel 2005

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  • Shinchi nel 2005

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  • Shinchi dopo il terremoto

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  • Soma nel 2005

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  • Soma dopo il terremoto

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  • Watari nel 2005

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  • Watari dopo il terremoto

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  • Watari dopo il terremoto

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  • Yamamoto nel 2005

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  • Yamamoto dopo il terremoto

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  • Yamamoto nel 2005

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  • Yamamoto nel 2005

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  • Yamamoto dopo il terremoto

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Lo scorso mese di ottobre la Nuclear Safety Commission of Japan, uno dei due principali enti regolatori del paese, si era riunita per definire la sua agenda di lavoro. In quell’occasione Takanori Tanaka, capo del Nuclear Power Engineering Center, un ente parzialmente controllato dal governo, presentò una animazione power point con una serie di diapositive in cui si raccomandava di assumere ulteriori misure di sicurezza per ridurre il “rischio residuo derivante da terremoti e tsunami”.

La sua presentazione si focalizzava sulla raccomandazione di adottare, per i nuovi reattori, sistemi di sicurezza di riserva, in backup, come parte di una più ampia strategia di sicurezza. “ La Nuclear Safety Commission aveva appena iniziato la discussione circa la necessità di istallare diversi sistemi di raffreddamento nei nuovi reattori”, ha detto Tanaka al Wall Street Journal.

Nel successivo mese di gennaio Hitachi Ltd., uno dei principali costruttori di centrali nucleari del mondo, aveva descritto i vantaggi dei reattori che avevano sistemi di raffreddamento in backup che non avevano bisogno di alimentazione elettrica o di diesel. Nella newsletter aziendale si legge che l’azienda e le altre compagnie di gestione degli impianti, così come il governo giapponese stavano andando verso l’adozione di questi sistemi per la realizzazione delle nuove centrali.

Anche il progetto della Hitachi si basava sulla istallazione dei condensatori di isolamento. “ Questi sistemi – ha detto Morokuzu – permettono di superare il problema dello spegnimento automatico dei reattori che avviene a seguito di un terremoto e della perdita di energia ai sistemi di raffreddamento”. Cosa che di fatto è accaduta proprio alle centrali di Fukushima. Nel reattore numero 1 di Fukushima Daiichi era istallato un sistema di questo tipo. Che però ha cessato di funzionare dopo qualche ora dal terremoto e non si sa ancora bene per quale motivo. Probabilmente, spiegano alcuni esperti, il calore accumulato ha mandato in tilt il sistema che era stato disegnato negli anni ’60 e realizzato nel 1971.

Secondo gli esperti la scelta di sistemi di sicurezza passivi – che entrano in funzione in automatico – o attivi – che hanno cioè bisogno di energia per essere azionati – è tema quasi filosofico nell’industria nucleare. Al punto che i reattori costruiti successivamente adottano tutti sistemi di sicurezza attivi, mentre quelli di terza generazione, ovvero quelli chje si stanno realizzando ora hanno sistemi misti che si basavo su due principi: la ridondanza e la passività. Per esmepio gli Epr, i reattori realizzati da Areva a Olkiluoto e a Flamanville hanno quattro sistemi di sicurezza attivi del tutto indipendenti l’uno dall’altro. Mentre gli Ap-1000 i reattori realizzati da Westinghouse-Toshiba hanno sistemi di raffreddamento passivo che entrano immediatamente in funzione quando il reattore si spegne automaticamente.

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