domenica 5 giugno 2011

Acqua e nucleare: guida (scientifica) al referendum - Wired.it

Acqua e nucleare: guida (scientifica) al referendum

Sì o no all'energia atomica? L'oro blu deve essere privato o pubblico? A pochi giorni dai questiti referendari del 12 e 13 giugno, c’è ancora molta confusione. Wired.it mette a confronto gli scenari aperti dal voto e il dibattito scientifico che lo sta accompagnando

03 giugno 2011 di Fabio Deotto

referendum nucleare

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    referendum nucleare

    referendum nucleare

C’è stato chi ha volantinato, chi si è chiuso dentro un enorme bidone sulla terrazza del Pincio a Roma, chi ha provato a fare controinformazione e chi ha tentato di scassinare il meccanismo referendario. Intorno ai quesiti che chiameranno al voto gli italiani il prossimo 12 e 13 giugno si è discusso molto, ma non sempre ci si è preoccupati di sviscerare nel dettaglio le norme su cui potrebbe abbattersi la scure del voto popolare.
 
Gli aventi diritto che si recheranno alle urne si troveranno a poter metter la croce su quattro schede. Lasciando da parte il quesito relativo alla norma sul legittimo impedimento, ci occuperemo di portare a galla il dibattito dietro alle altre tre schede: quella rossa, quella gialla e quella grigia. Ovvero: i due quesiti sull’ acqua pubblica e quello sul nucleare.

Acqua e privatizzazione, un percorso lungo vent’anni
Considerando i ghiacciai e le nevi perenni, gli oceani salati, le paludi e gli altri bacini di acqua non utilizzabile, la quantità di acqua dolce sfruttabile dall’uomo ammonta solo al 0,01% del totale. E al ritmo crescente di utilizzo si prevede che entro il 2025, almeno 2/3 della popolazione mondiale sarà in condizioni di emergenza idrica. Non stupisce dunque che l’acqua negli ultimi anni sia stata al centro di polemiche di portata mondiale, al punto da essere definita oro blu. E tantomeno stupiscono le polemiche intorno alla privatizzazione dei servizi idrici integrati, che in Italia oggi è al centro di due importanti quesiti referendari.

Tutto è cominciato nel 1990, quando con l’approvazione della legge 142 venne stabilito che le aziende municipalizzate, che dal 1903 si occupavano di gestire l’approvvigionamento idrico nelle città, diventassero Aziende Speciali, ossia società imprenditorialmente autonome a cui veniva data la possibilità di coprire i costi attraverso i ricavi del servizio. Da allora il percorso verso la privatizzazione della gestione idrica ha seguito un tortuoso percorso che è culminato nel decreto Ronchi, del 2009, che oggi è nel mirino dei quesiti referendari. Il Decreto infatti stabilisce che, entro il 31 dicembre 2011, la gestione dell’acqua pubblica debba passare nelle mani di società private scelte tramite bando di gara, o a società miste che abbiano una partecipazione di privati pari al 40%. Oltre a questo, i referendum vogliono eliminare la norma che consente a queste aziende di stabilire le tariffe del servizio idrico sulla base di un’” adeguata remunerazione del capitale investito.

Il primo quesito sull’acqua: scheda rossa
Il primo quesito punta ad abrogare l’art. 23 bis della legge 133/08, che consente l’affidamento del servizio idrico alle aziende private e obbliga le società miste a ridurre la propria partecipazione pubblica al 60% entro il 2012 o, nel caso di società quotate in borsa, al 35% entro il 2015.

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