Sulla rivista ScienceFotosintesi, una risorsa da re-ingegnerizzare
Senza miglioramenti artificiali, la capacità fotosintetica globale non potrà dare alcun contributo ulteriore all’aumento del prodotto interno lordo o cibo per la sempre crescente popolazione mondiale
Quale processo ha il primato dell’efficienza nello sfruttamento dell’energia solare, le celle fotovoltaiche o le piante? La questione se l’è posta Thomas Moore, direttore del Center for Bioenergy and Photosynthesis dell’Arizona State University che firma in proposito un articolo sulla rivista Science.
“Per arrivare a un confronto sensato tra fotosintesi, che fornisce un potenziale chimico immagazzinato in molecole, e il fotovoltaico, che fornisce corrente elettrica istantanea, abbiamo considerato l’elettrolisi dell’acqua alimentata da celle fotovoltaiche per produrre idrogeno come esempio di fotosintesi artificiale”, ha spiegato Moore. “L’idrogeno prodotto con un sistema artificiale è termodinamicamente equivalente agli zuccheri prodotti per fotosintesi. La conclusione di ciò è che il sistema artificiale supera quello naturale, ma sulla base del potenziale per una conversione dell’energia solare efficiente misurata dall’area di terreno richiesta per un dato output di energia, il processo artificiale e quello biologico potrebbero fornire simili risultati”.Tutti gli organismi fotosintetici contengono sistemi per la raccolta della radiazione in cui pigmenti specializzati, tipicamente diverse centinaia di molecole, raccolgono l’energia e la trasferiscono a un centro di reazione in cui hanno luogo le reazioni fotochimiche. Con così tanti pigmenti che assorbono la luce la capacità di elaborare l’energia viene rapidamente saturata: in una giornata di pieno sole, oltre l’80 per cento dell’energia assorbita deve essere buttata via per evitare che finisca per alimentare reazioni chimiche dannose per la stessa pianta.
La moderna agricoltura, mediante le tecniche di selezione delle varietà a maggiore resa e l’uso di fertilizzanti e di pesticidi, ha massimizzato l’efficienza della fotosintesi delle piante, ma i dispositivi artificiali potrebbero fare di più.
“Abbiamo identificato molte importanti inefficienze che derivano dalla struttura di base della fotosintesi e hanno suggerito metodi per re-ingegnerizzarla e migliorare così la sua capacità di soddisfare le necessità energetiche dell’uomo”, ha aggiunto Moore. “Questi miglioramenti vanno oltre i miglioramenti introdotti con l’agricoltura in migliaia di anni”.
Si calcola che la fotosintesi elabori approssimativamente 133 terawatt, alimentando la biosfera e la vita sulla Terra. Attualmente, le attività umane nei soli Stati Uniti sfruttano all’incirca il 24 per cento della produzione primaria netta (NPP) fotosintetica. Si stima anche che senza miglioramenti, la capacità fotosintetica globale non possa dar alcun contributo ulteriore all’aumento del prodotto interno lordo o cibo per la sempre crescente popolazione mondiale.
“Fortunatamente, l’efficienza della NPP fotosintetica potrebbe essere notevolmente migliorata per soddisfare le necessità umane, passando da 133 a circa 150 terawatt con un minimo impatto aggiuntivo sull’ecosistema terrestre”, ha concluso Moore. (fc)
(14 maggio 2011
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