La fuga dei cervelli è anche fuga dal degrado morale italiano
Non si cercano solo nuove opportunità all'estero. Si vuole soprattutto trovare un nuovo clima. Wired.it ha fatto due chiacchiere con Manuela Arata, responsabile della Start Cup del Cnr
06 giugno 2011 di Gaia Berrutoricercatore
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Pagina successiva“ Gli innovatori sono considerati un pericolo, in tutti i campi. Lo vediamo oggi come nel passato. I nostri grandi innovatori sono sempre stati costretti alla fuga: da Leonardo a Marconi, ai nostri giovani cervelli”. Se chiamata in causa per parlare di innovazione in Italia, Manuela Arata, 55 anni, Technology Transfer Officer del Cnr, non usa diplomazia. Anzi: “ La fuga dei cervelli non è solo fuga alla ricerca di opportunità, ma è anche una fuga dal degrado morale”.
Occasione dello scambio di vedute è il nuovo bando della Start Cup Cnr – Il Sole 24 Ore: c’è tempo fino a fine agosto per presentare il proprio piano d’impresa e sperare di essere fra i 15 selezionati per la fase finale. I più bravi verranno anche indicati al Premio Nazionale per l'Innovazione per l’evento nazionale che Working Capital organizzerà a Torino a novembre.
Cosa significa per te la parola innovazione e quali sono a tuo avviso le peculiarità del contesto italiano?
“L'innovazione non è solo tecnologica, ma culturale. Per questo ritengo sia difficile da attuare in un Paese conservatore e attaccato al passato come il nostro. Innovazione è rinascimento, cambiamento, rivoluzione. In questo senso, l'atteggiamento conservatore degli italiani è in totale contrasto con la vivacità e la creatività che in tanti campi dimostriamo”.
Quali sono le difficoltà di chi cerca di innovare in Italia?
“Gli innovatori sono considerati un pericolo, in tutti i campi. Lo vediamo oggi come nel passato. I nostri grandi innovatori sono sempre stati costretti alla fuga: da Leonardo a Marconi, ai nostri giovani cervelli. Mediamente quando proponi qualcosa di nuovo nessuno ti crede. Manca la fiducia, manca quel clima da pacca sulla spalla tipico degli americani".
Se avessi un incarico di governo, qual è la prima cosa che faresti per facilitare e incentivare l’innovazione in Italia?
“Toglierei le università e gli enti di ricerca dal calderone della pubblica amministrazione, cui si applicano regole che sono diametralmente opposte a realtà come quelle della ricerca. Introdurrei nel codice della proprietà intellettuale il periodo di grazia che consente ai ricercatori di essere riconosciuti proprietari di un'invenzione anche prima di averla brevettata. Questo perché, a maggior ragione in un Paese in cui l'impresa è tanto frammentata e dispersa, è innanzitutto necessario diffondere le nuove conoscenze per attrarre le imprese. E invece di vietare vietare vietare, metterei ferree regole sui conflitti di interesse e poi lascerei libertà di azione. Da noi invece di punire i disonesti si impedisce di agire anche agli onesti”.
Partire o restare? Roberto Bonzio di Italiani di frontiera, durante la tappa palermitana di Working Capital, ha detto che per lui è necessario “Andare per tornare, tornare per incazzarsi”, e usare tutta l’energia per cambiare davvero le cose.
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