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Cervello e scrittura Post n°143 pubblicato il 14 Marzo 2011 da BROWSERIK Tag: neuroscienze, scienze cognitive Con l'articolo del Prof. Gabriele Miceli, Direttore clinico del CeRiN (Centro di Riabilitazione Neurocognitiva) del CIMeC (Centro Interdipartimentale Mente / Cervello) dell'Università di Trento, si apre la maratona divulgativa di BrainFactor e Società Italiana di Neurologia (SIN) per la Settimana del cervello (14 - 20 marzo) promossa da Dana Foundation "L'Agenda del cervello: un argomento al giorno". Oggi, Lunedì 14, sarà dedicato al Linguaggio. La diffusione capillare degli strumenti informatici (computer, smartphone, tablet, e-book) sta cambiando molte nostre abitudini. Uno di questi cambiamenti è l'aumento progressivo del tempo che dedichiamo alla comunicazione scritta. Scrivere un messaggio e-mail, mandare un sms, navigare sul web sono ormai attività quotidiane. E' quindi ovvio il crescente interesse delle neuroscienze cognitive, cliniche e di base, per questi argomenti. Gli studi su soggetti con disgrafia acquisita hanno documentato la natura delle rappresentazioni mentali usate per scrivere ed i processi che permettono la loro corretta produzione. Per scrivere, l'intera sequenza di grafemi corrispondente alla parola deve essere attivata in parallelo. L'analisi degli errori commessi da soggetti disgrafici dimostra che questa sequenza contiene informazioni sulla struttura sillabica della parola, sull'identità di ciascun grafema, sulla sua appartenenza alle consonanti o alle vocali e sulla sua "quantità" (lettera doppia o singola) (Fig. 1). Figura 1. Rappresentazione ortografica della parola STELLA. Struttura multidimensionale delle rappresentazioni ortografiche secondo Caramazza & Miceli (1990). σ = sillaba; C = consonante; V = vocale; D = lettera doppia Nelle fasi successive, i singoli grafemi della sequenza debbono essere trasformati, uno dopo l'altro, in lettere (scrittura), nomi di lettere (spelling) o movimenti distali degli arti superiori (digitazione su tastiera). Perché ciò possa avvenire correttamente, una memoria a breve termine -il buffer grafemico- deve mantenere attiva la sequenza ortografica per il tempo necessario alla sua ulteriore elaborazione. Studi sulla disgrafia suggeriscono che questa fase richiede due proprietà distinte: la stabilità temporale della rappresentazione (i grafemi della sequenza devono restare attivi fino al completamento della risposta) e la distinzione degli elementi che la compongono (per essere selezionato ed avviato alla produzione, ogni grafema deve essere identificabile e distinto da tutti gli altri). Analisi delle lesioni di soggetti con danno neurologico e studi fMRI su soggetti senza disturbi cognitivi dimostrano che queste fasi della scrittura coinvolgono una rete neurale emisferica sinistra di cui fanno parte, fra l'altro, il giro fusiforme, il giro frontale inferiore/medio ed il lobulo parietale superiore (Fig. 2) . Figura 2. Aree frontali e parietali attivate nell’emisfero sinistro durante un compito di Risonanza Magnetica funzionale che richiede l’elaborazione di rappresentazioni ortografiche (Miceli, dati personali) E' possibile che il giro fusiforme contenga le rappresentazioni ortografiche, e che le aree frontali e parietali siano critiche, rispettivamente, per la selezione della rappresentazione da produrre e per la scelta del formato della lettera (maiuscola/minuscola, ecc.). Dato che parti di queste regioni sono coinvolte anche nella lettura, e che lettura e scrittura possono essere danneggiate insieme o separatamente, è possibile che la stessa rete neurale contenga sia rappresentazioni ortografiche condivise da lettura e scrittura, sia meccanismi di processamento specifici per i due compiti. Queste conoscenze sono critiche per la clinica e per le teorie del cervello. Sul piano clinico, conoscere in dettaglio i meccanismi cognitivi e neurali di lettura e scrittura può guidare programmi di trattamento mirati ed efficaci. Sul piano conoscitivo, comprendere in che modo un processo filogeneticamente recente come la scrittura (introdotta nel 4500 a.C. circa) abbia potuto occupare stabilmente una rete neurale nel cervello umano è uno dei tanti, affascinanti compiti che attendono la ricerca in quest'area. Prof. Gabriele Miceli Direttore clinico del CeRiN (Centro di Riabilitazione Neurocognitiva) del CIMeC (Centro Interdipartimentale Mente / Cervello) dell'Università di Trento Società Italiana di Neurologia (SIN) Trackback: 0 - Scrivi Commento - Commenti: 0 Condividi e segnala - permalink - modifica - elimina Vacanze per i sub Post n°142 pubblicato il 14 Marzo 2011 da BROWSERIK Tag: sub, travel Il paradiso dei sub è una piattaforma petrolifera Se ami le immersioni e sei stanco dei soliti tuffi, prova questa: una vecchia piattaforma petrolifera in Malesia ti offre un modo originale per vivere il mondo sottomarino ‹ › ‹ › Svegliarsi al sole dei tropici, indossare muta, bombole, maschera, pinne e tuffarsi in mare direttamente dal ponte di una piattaforma petrolifera. Un sogno? Niente affatto: succede davvero al Seaventures Dive Resort, un hotel molto particolare dedicato agli amanti dell’immersione. A poche miglia dall’isola di Sipadan, al largo dell’ atollo di Mabul nel mare di Celebes (ci troviamo in Malesia), una vecchia piattaforma petrolifera è stata davvero riconvertita in una sistemazione per sub. “ Da quanto ne sappiamo, siamo gli unici a usare una piattaforma petrolifera come hotel e base per immersioni”, dice Suzette Harris, l’attuale proprietaria. Suo suocero, un ufficiale malese, comprò la struttura a Singapore nel 1988 (qui, dice Suzette, “ puoi comprare una piattaforma di trivellazione usata come se stessi comprando una barca”) e la fece rimorchiare nella sua attuale posizione, tra il Borneo, l’Indonesia e le Filippine. Il Seaventures Resort è il posto ideale per rilassarsi di fronte alla vista dell’oceano dopo un’immersione, godendosi una birra ghiacciata, una brezza tiepida e l’allettante aroma di barbeque (il cibo non è da ristorante a cinque stelle, ma è abbondante e sempre fresco). Il collegamento Wi-Fi e la sala Internet permettono comunque di rimanere in contatto con il mondo reale. Gli ospiti sono alloggiati in 25 camere abbastanza spartane, che assomigliano alle cabine di una nave che ha visto giorni migliori. Ma chi decide di fermarsi sulla piattaforma non va certo alla ricerca di comfort e lusso: qui vengono i sub veri, e ciò che conta è potersi immergere in un paesaggio sottomarino incredibile, considerato da molti uno dei più belli del mondo. Sotto la superficie del mare si possono ammirare la barriera corallina, impressionanti banchi di barracuda, una enorme varietà di pesci coloratissimi, squali martello e squali balena di passaggio. Il must comunque è l'affascinante cimitero delle tartarughe. Cinque anni fa, il governo malese - per mantenere incontaminato questo paradiso - ha bandito ogni attività che possa nuocere all’ambiente, compresa la presenza di abitanti locali, dichiarando la zona parco nazionale. A oggi vengono emessi solo 120 permessi al giorno per visitare Sipadan e le acque circostanti. Molti di questi permessi vanno agli ospiti dei vari hotel dedicati ai sub, tra cui proprio il Seaventures Resort; il suo team inoltre è composto da esperti maestri che possono fare da guida, fornire assistenza e dare lezioni. E i prezzi non paiono nemmeno eccessivi, considerata l’unicità dell’hotel-piattaforma: il pacchetto da tre giorni e due notti in una doppia costa 516 dollari a persona, comprensivi di pasti, trasferimento ed equipaggiamento a nolo. Trackback: 0 - Scrivi Commento - Commenti: 0 Condividi e segnala - permalink - modifica - elimina ROMECUP 2011 Post n°141 pubblicato il 13 Marzo 2011 da BROWSERIK Tag: cibernetica, robotica, romecup, tecnologia ITALIAN VALLEY NEWS Moriconi, Enea: "I robot non devono imitare l'essere umano" Duelli tra automi e riflessioni sul futuro. Ecco l'edizione 2011 di Romecup. Con una domanda: dove sta andando la ricerca italiana? 12 marzo 2011 di Silvio Gulizia Lampreta Pesce Robot, Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa ‹ › Si apre lunedì il Romecup 2011, Premio Internazionale di Robotica, che spazierà dalla robotica educativa a quella di servizio. Per tre giorni si svolgeranno gare fra robot in quattro competizioni: calcio, salvataggio, danza ed esplorazione. Mercoledì sarà firmato un accordo inter-istituzionale per una strategia nazionale di lungo termine per la robotica educativa e si svolgerà una tavola rotonda su La robotica tra presente e futuro. Per approfondire il tema abbiamo fatto qualche domanda a Claudio Moriconi, responsabile del Laboratorio Robotica dell'Unità tecnica energia e industria dell’ Enea, partner della manifestazione. Quale direzione ha preso la robotica italiana? "Come quella mondiale, laboratori italiani, che sono fra i migliori, stanno lavorando su applicazioni sempre più in campo assistenziale. Non più solo piccoli robot che fanno pulizie di casa. Nei prossimi tre anni vedremo robot, oggi usati in servizi industriali, abbandonare i cantieri e iniziare a usare una propria intelligenza". Tipo la macchina di Google che si guida da sola? "Per quella ci vorrà poco di più, ma sì, la direzione è quella. Nel giro di cinque anni avremo elettrodomestici intelligenti e robot per l’aiuto degli anziani, specializzati in assistenza e nei lavori di tutti i giorni, come mettere in ordine la cucina". Questi nuovi robot avranno sembianze umane? "Si va in effetti verso il robot maggiordomo, ma sono soprattutto i giapponesi a puntare sull’umanoide. Questa però è una strada impervia, perché per imitare l’uomo servono strutture complesse e costose". Qual’è lo stato di salute della nostra robotica? "Eccellente direi, soprattutto dal punto di vista della ricerca. Manca però un supporto per coprire il gap fra ricerca e applicazione sul mercato". Negli anni ’80 sorridevamo al pensiero dei super robot giapponesi che salvavano il mondo dagli alieni. Ci siamo sbagliati? "L’immaginario giapponese era solo un immaginario: trasportavano sui robot la loro aspirazione ad avere un grande aiutante, un semidio di stampo greco. È una mitologia e non bisogna pensare a quello per il futuro della robotica. Andiamo però verso robot non più programmati, ma che imparano seguendo l’uomo e dai propri errori". Tecnologia semantica e robotica si sposeranno presto? "In un certo senso sono già la stessa cosa: un robot è incrocio fra una macchina che fa un lavoro e un computer. La semantica è fortemente utile per aiutare il robot a relazionarsi con l’uomo". Penso a film come Io, robot e Blade Runner. Quanto sono distanti dalla realtà? "Tanto tanto tanto. Un po’ per assurdo, più che l’intelligenza, quello che distanzia l’uomo dalla macchina sono le sue funzionalità. Costruire una macchina in grado di replicare i movimenti dell’uomo richiede strumenti che non esistono e anche riprodurre l’uomo usando motori elettrici, che è oggi l’unica via, richiederebbe un quantitativo di energia esagerato. Per assurdo, la parte di intelligenza e sensorialità è invece molto più avanti. Le macchine possono sentire attraverso l’infrarosso o l’ultravioletto, captare odori e sapori, hanno una gamma sensoriale che va molto al di là delle capacità dell’uomo. In ultima analisi però la capacità di gestire informazioni e la mobilità dell’uomo sono ancora decisamente superiori". Insomma, l’uomo è il miglior robot? "È la natura che ha prodotto le migliori macchine, e l’uomo è una di queste". Trackback: 0 - Scrivi Commento - Commenti: 0 Condividi e segnala - permalink - modifica - elimina Tsunami in Giappone Post n°140 pubblicato il 12 Marzo 2011 da BROWSERIK Tag: informazione scientifica, tsunami Quattro scosse una dietro all'altra nell'arco di meno di dodici ore hanno devastato la costa occidentale dell'Isola di Honshu in Giappone ad appena un centinaio di chilometri a nord della capitale Tokyo. E hanno scatenato un maremoto con onde alte anche dieci metri che si è abbattuto sulla costa con un preavviso di solo una ventina di minuti travolgendo porti, strade, infrastrutture e penetrando nella costa in alcuni casi per qualche chilometro. Venerdì le autorità giapponesi hanno immediatamente bloccato l'aeroporto di Tokyo e le quattro centrali nucleari che si trovano nell'area colpita dal terremoto e dallo tsunami. Danni si segnalano un po' ovunque nella regione e anche nella capitale. Si è trattato infatti di un evento " 30mila volte più forte del sisma dell'Aquila", dice Enzo Boschi, presidente dell' Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia. La sequenza sismica in Giappone era attiva già da qualche giorno. Proprio lo scorso 9 marzo una scossa di 7.2 di magnitudo della scala Richter aveva colpito la zona. Poi una serie di scosse di assestamento di minore intensità fino a ieri sera, quando la sequenza ha accelerato con effetti dirompenti. Le scosse sono cominciate intorno alle 5 ora italiana in mezzo al mare. Le prime due, di magnitudo 6.2 e 6.1 sono avvenute a profondità variabili tra i 43 chilometri e i dieci chilometri sotto la crosta terrestre. Poi alle 10:20 di sera una terza scossa sempre di intensità 6.1 ancora a 44 chilometri di profondità. Dopo qualche ora, alle 6:46 l'apocalisse: una scossa pari a 8.9 della scala Richter con ipocentro a soli dieci chilometri di profondità in mezzo al mare a cento chilometri al largo della città di Sendai, ha scatenato il disastro. " Un terremoto così violento il Giappone non lo aveva mai visto", spiega Franco Mele funzionario della sala sismica dell'Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia (Ingv). " Almeno da quando le scosse sismiche - continua - hanno cominciato ad essere misurate con i sismografi. Per trovare un altro terremoto di magnitudo superiore all'ottavo grado della scala Richter bisogna risalire al 1933 quando venne registrato un terremoto pari a 8.3 della scala Richter". " Il Giappone è in una zona ad altissimo rischio sismico, su un punto congiunzione tra quattro diverse placche. Si è verificata una subduzione, uno spostamento di una placca sotto un'altra, della placca pacifica sotto quella dell'isola di Honshu, un fenomeno - dice Mele - che avviene in milioni di anni, con movimenti che a volte sono lenti e non generano terremoti e altre volte invece provocano scatti più forti. Come in questa occasione". " Stiamo parlando di faglie che lunghe centinaia di chilometri", racconta Mele: " La crosta terrestre è in continuo movimento e a causa di questi si accumulano degli sforzi nella profondità della Terra, che poi generano energia e quindi il terremoto. In questo caso per fortuna l' ipocentro era in mare, e non sotto una zona abitata. Si è creato però uno tsunami, perché il fondo marino si è spostato e con questo milioni di chilometri cubi di acqua". Acqua che in appena venti minuti si è riversata sulle coste occidentali della principale isola dell'arcipelago nipponico e che è arivata con tutta la sua energia anche nel resto delle coste del Pacifico. L' allarme tsunami è infatti esteso ovunque: da Taiwan all'Alaska e poi al Canada, California, America Meridionale, Australia, Indonesia e in tutte le isola del Pacifico. Qui potete trovare una simulazione della propagazione dell'onda. " La popolazione - spiega Stefano Tinti, esperto di tsunami dell'Università di Bologna, in un'intervista a MareScienza - ha avuto pochissimo tempo, appena una ventina di minuti per mettersi al riparo. Ma occorre dire che la Protezione civile in Giappone fa fare sistematicamente esercitazioni contro gli tsunami e la gente appena sente un terremoto sa perfettamente cosa fare e dove andare". " Purtroppo le onde", continua Tinti, " hanno raggiunto una zona di costa particolarmente pianeggiante per cui l'acqua è penetrata molto in profondità provocando danni enormi". Nell'area di Fukushima il mare è penetrato all'interno della costa per cinque chilometri. Trackback: 0 - Scrivi Commento - Commenti: 0 Condividi e segnala - permalink - modifica - elimina Disordini Mentali Post n°139 pubblicato il 12 Marzo 2011 da BROWSERIK Tag: scienze cognitive Disturbo Ossessivo Compulsivo (Ocd) Il disturbo ossessivo compulsivo è un disturbo d'ansia caratterizzato da pensieri intrusivi che producono disagio, apprensione, paura . Patrick Smith ha una capacità innata nel descrivere concetti difficili in maniera estremamente minimalista. Nasce così la sua collezione di poster Disordini mentali. Nei suoi lavori Patrick riesce a rappresentare disturbi di cui sono affetti molte persone, con semplici schemi e giochi di colore. Così la depressione è rappresentata da un quadratino bianco (la persona) che passa da uno stato colorato di grigio a momenti più neri, oppure il disturbo ossessivo compulsivo, nel quale un quadratino (sempre la persona) non è allineata al resto dei quadratini (la società). In questo modo si possono comprendere meglio, e in natura visivamente più semplice, le patologie che Patrick rappresenta, in modo da interpretarle in maniera diversa da come fa, spesso, la medicina. Un'arte minimalista al servizio della psicologia e dell' individuo. Trackback: 0 - Scrivi Commento - Commenti: 0 Condividi e segnala - permalink - modifica - elimina « Precedenti Successivi » href="http://posterous.com"> da site_name (())
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