venerdì 18 marzo 2011

Il Meme in agguato

Le idee, le icone, i fenomeni, i prodotti, i marchi, gli stili, i segni, le storie e tutto quello che si afferma e si propaga nell’immaginario sociale e mediale contemporaneo – in cui tutti siamo immersi – altro non è che un meme forte. Il meme è l’unità minima di trasmissione culturale che si diffonde per contagio virale e si replica per imitazione. Francesco Ianneo, epistemologo studioso di Memetica, dice: “Mangiamo memi, compriamo memi, ci comunichiamo a vicenda memi (…) è un fenomeno o prodotto memetico un gruppo di memi materializzato in un oggetto hi-tech, un indumento, un cosmetico (…)”. Fare Trendwatching significa intercettare sul nascere i memi circolanti, i segnali deboli di un cambiamento, che cominciano a prendere piede e a influire sui comportamenti sociali, sugli stili di vita e conseguentemente sulle abitudini di consumo. Il mondo – la vita on e off-line – è un grande contenitore, una variegata bacheca che dispiega significati non univoci, spesso contraddittori e in ordine sparso. Compito del trendwacther è osservare e individuare fenomeni, presenze visive, emergenze del percepibile, artefatti, che rappresentino una discontinuità – portatrice di significatività e densità semantica – e trovare fra essi delle connessioni, porli in relazione l’uno con l’altro. Come un detective della real life, il trendwatcher raccoglie evidenze, frammenti che assumono significato solo se opportunamente interpretati e contestualizzati. Una “tendenza” nasce quando segnali e spunti di senso non organici, selezionati e ricombinati, appaiono riconducibili a un comune denominatore simbolico-valoriale. Una tendenza estetica o espressiva è, in pratica, un aggregato di memi. La capacità che il trendwatcher usa per rilevare tendenze è quella di pattern recognition di gibsoniana memoria, che consiste nel “saper riconoscere i modelli”, ovvero nel distillare, nella molteplicità di segnali che la circondano, la struttura immateriale che li accomuna e che permette di riprodurli. Sempre citando William Gibson, il futuro altro non è che il nostro estremamente mutevole presente. Cercare di prevederlo ha poco senso. L’unica cosa che possiamo fare è capire “la direzione che le cose hanno già preso”. Perciò, cominciamo a unire i puntini.

Pattern Recognition from MEMEThIC LAB. on Vimeo.

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