domenica 24 aprile 2011

Mente e esperienza estetica

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Arte e esperienza estetica. Il saggista e scienziato cosgnitivo Ugo Morelli ci guida verso lo spazio della meraviglia, dell'oltre, del non ancora... pubblicato domenica 24 aprile 2011 L’arte e l’esperienza estetica rappresentano un terreno di prova particolarmente valido non solo per comprendere alcuni degli aspetti più distintivi e caratteristici degli esseri umani, ma anche per cercare le vie attraverso le quali possiamo affrontare le esigenze di innovazione e cambiamento che il mondo in cui viviamo ci pone innanzi. È il valore generativo della bellezza che ci interessa analizzare, se intendiamo la bellezza come quell’esperienza che emerge, allo stesso tempo, dentro noi e nelle relazionali con gli altri e il mondo. Si tratta di percorrere un cammino alla ricerca del senso e dei significati della bellezza nell’esperienza umana, riconoscendo che ci troviamo, con ogni probabilità, di fronte ad uno dei tratti distintivi della specie, una delle dimensioni peculiari mediante la quale ogni individuo della specie diventa se stesso. Prendendo il via dall’ipotesi che la bellezza possa essere, alfine, intesa come un sentimento particolarmente compiuto di risonanza incarnata che confermi o estenda il modello neurofenomenologico del sé, possiamo comprendere come essa emerge, si presenta e la sentiamo, con un doppio processo, interno e esterno. La stessa dinamica corporeo- psichica può generare esperienze del terrore e dell’orrore se quelle esperienze minacciano o pregiudicano il modo di sentirsi nella vita e nel mondo. L’arousal o attivazione è, probabilmente, alla base della tensione rinviante all’esperienza di bellezza e decisivo è studiare le soglie dalla cui elaborazione dipende l’accessibilità alla bellezza. L’ipotesi più accreditata con cui l’esperienza estetica viene analizzata, utilizzando in particolare gli approcci delle neuroscienze cognitive e della fenomenologia, è che l’accessibilità alla bellezza, intesa come espressione sufficientemente buona del proprio mondo interno nella relazione con gli altri e il mondo, sia possibile e difficile allo stesso tempo, perché la bellezza è ambigua e accedervi esalta il suo contrario, non lo supera ed elimina. Più s’intensifica la luce, più aumenta la sua separazione dall’ombra; i margini divengono confini e, perciò, più difficili da attraversare. Più alta è l’esperienza di bellezza che si para innanzi, più sembrano ridursi le possibilità e lo spazio del significato e del linguaggio per accedere all’espansione interna richiesta: quell’accesso esige un’apertura all’immediatezza dell’indicibile e allo stesso tempo riduce la resilienza degli equilibri e degli ordini di senso esistenti, esaltando il valore rassicurante di questi ultimi. È forse in questa dinamica che si situa uno dei principali ostacoli alla creatività e all’innovazione. Eppure l’arte ci mostra costantemente e in modo infinito che la generazione dell’inedito, quello che ancora non c’è, non solo è concepibile e possibile, ma effettiva e concreta.Se si considerano gli ultimi dieci anni di ricerca nel campo delle scienze cognitive e della psicologia della creatività e dell’innovazione, con un assiduo dialogo con i risultati delle ricerche neuroscientifiche applicate all’esperienza relazionale umana e all’esperienza estetica, è possibile accedere ad una visione meno mentalista ed idealista della creatività umana. A partire da un’attenzione al tempo profondo dell’evoluzione, rispetto al quale, in epoche recentissime, abbiamo cominciato a creare segni per un altro, mostrando di sentire quello che l’altro sente, noi possiamo ora riconoscere di aver elaborato la nostra distinzione biologico-evolutiva verso una fenomenologia in cui l’immaginazione e la creatività hanno un ruolo costitutivo e generativo. Non nella ricognizione e rappresentazione del reale consiste l’esperienza del creare e del conoscere, ma nella considerazione della realtà in quanto cifra, codice rinviante all’ulteriorità del senso, a cui l’incompiutezza di ogni esperienza e la mancanza rimandano, proponendo già l’oltre e il possibile. Quella mancanza propria di noi esseri che nasciamo neotenici, incompleti e incompiuti, e che all’incompiutezza dobbiamo lo spazio del possibile divenire e della capacità di creare mondi con l’immaginazione e la creatività. Nella rottura di ogni orizzonte in cui potrebbe concludersi, sta sia il compimento della chiarezza razionale del conoscere, che la sua generativa incompletezza creativa che rinvia al "non ancora”. Fra tendenza alla semplificazione e tensione rinviante, si generano la creatività e la conoscenza, che sono possibili per la nostra continuità evolutiva originaria e le nostre caratteristiche emergenti, neurofenomelogicamente distintive. Del resto ognuno di noi si chiede come crea quotidianamente la propria vita e oggi sappiamo che ciò dipende da come il cervello media la cognizione sociale, le relazioni interpersonali e le interazioni affettive e cognitive nei gruppi, nelle istituzioni e nei contesti sociali. Sappiamo di essere una specie relazionale e nelle relazioni costruiamo anche la nostra esperienza estetica e le domande che la accompagnano senza sosta. Che cosa ci incanta di fronte a un paesaggio? Perché ci commuove una sinfonia? Quando ci perdiamo in un quadro o nelle forme di una scultura cosa ci sta accadendo? Perché creare o affrontare l’inedito, quello che prima non c’era, ci attrae e ci fa paura allo stesso tempo? Come può un verso di una poesia risuonare dentro di noi fino al pianto? Di che cosa parliamo quando parliamo di arte e di esperienza estetica? Quando il mondo arriva dentro di noi fino al punto di ispirarci una particolare esperienza di elevazione o quando generiamo qualcosa direttamente o siamo di fronte a qualcosa che altri generano, ma anche quando siamo presi e catturati da un paesaggio, da un tramonto, da una persona o da un fiore, ci troviamo nello spazio della meraviglia, dell’oltre, del non ancora. Quello spazio è l’esperienza estetica. E’ in quello spazio esistenziale che ci rendiamo conto che la bellezza fa venir voglia di creare. Proprio in simili circostanze possiamo riconoscere che la creatività per noi è composizione e ricomposizione almeno in parte originale di repertori disponibili. Ed è in quel gioco tra realtà e immaginazione che sperimentiamo il valore generativo della bellezza. Sia quando riguarda un’opera, una persona o una situazione, sia quando riguarda il nostro mondo interno e l’espressione e la realizzazione di noi stessi. Creatività ed esperienza estetica intervengono nella nostra vita ed emergono nelle nostre relazioni con gli altri: possono essere più o meno riconosciute nelle situazioni lavorative e nella vita quotidiana. Tutto dipende da quanto spazio, per la libertà d’immaginazione e di innovazione nelle relazioni interne abbiamo lasciato vivere nei luoghi dell’educazione, del lavoro e della vita. La creatività, l’arte e l’innovazione sono perciò intimamente connesse. L‘ipotesi più oggi più accreditata è che la nostra sia una specie naturalmente creativa, contraddistinta da una distinzione, la tensione rinviante, che ci porta a creare costantemente i mondi che abitiamo, fino alla creatività artistica che è uno dei vertici della creatività umana. L’esperienza della creatività umana si connette, inoltre, all’innovazione sociale, intesa come un processo di condivisione della creatività, mediante l’elaborazione dei vincoli e delle possibilità del riconoscimento. a cura di ugo morelli

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