venerdì 1 aprile 2011

CIBERNIX - Frustrazione ciibernetica

Il reattore nucleare rivoluzionario di Luciano Cinotti

Post n°168 pubblicato il 01 Aprile 2011 da BROWSERIK
 

 Una centrale nucleare che si autoalimenta con le proprie scorie, una fabbrica segreta a San Pietroburgo e uno scienziato irrintraciabile.

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Gli ingredienti della spy story energetica che potrebbe farci dire addio al vecchio atomo - Giappone, cos'è successo finora 31 marzo 2011 di Emanuele Perugini Uno scienziato italiano in fuga, una società che da Milano si trasferisce prima a Mosca, poi a Londra e infine a New York, un sito web non aggiornato, una fabbrica militare top secret alle porte di San Pietroburgo e, infine, un reattore nucleare che potrebbe rappresentare la svolta ai fabbisogni energetici delle grandi potenze industriali.

A questi ingredienti manca solo una spia cinese, e poi il cocktail del giallo internazionale con accenti fantascientifici è servito.

A dirla tutta, la storia del reattore nucleare di quarta generazione sembra più una fiction, a metà strada tra Alias e Simon Templar, dove al posto della fusione fredda c’è un reattore che è capace di autoalimentarsi bruciando i suoi stessi residui radioattivi e al posto della macchina di Rambaldi c’è però la macchina di Cinotti.

Già, perché tutta la storia parte proprio da questo nome: Luciano Cinotti.

Non si tratta di un personaggio a metà strada tra Leonardo e il Conte di Cagliostro, ma di un solidissimo ingegnere nucleare che ha sulle spalle anni di ricerche con l’ Ansaldo di Genova e una borsa piena di brevetti in un particolare settore della tecnologia nucleare, quella cioè dei reattori di quarta generazione raffreddati a piombo fuso. Perché la storia del nucleare di quarta generazione non è fiction, ma una solida realtà che siamo in grado di raccontare. Il reattore infatti esisterebbe e avrebbe alle sue spalle almeno un paio di anni di attività e sarebbero in corso le prove di collaudo in Germania. Ma tutto è circondato dal più stretto riserbo e dalla discrezione, alimentando intorno a questo progetto un alone di mistero.

La storia di Luciano Cinotti e quella di Elio Calligarich, fisico dell’ Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, si sono intrecciate qualche anno fa con quella di Domenico Libro, amministratore delegato di una società, la Del Fungo Giera Energia, che aveva già avviato una serie di collaborazioni con il mondo della ricerca nel settore del nucleare. Cinotti a quel tempo era a capo della sezione nucleare di Ansaldo Energia che a sua volta era capofila per lo sviluppo di un progetto di ricerca su un particolare tipo di reattore veloce raffreddato a piombo fuso. Proprio nell’ambito di quelle ricerche, Cinotti ha acquisito una serie di brevetti e di conoscenze che lo hanno fatto diventare, molto probabilmente, il più importante scienziato al mondo su questo particolare tipo di reattore.

Per la verità queste tecnologie non sono del tutto nuove. I reattori veloci raffreddati a piombo sono un vecchio gioiello della marina militare russa. Proprio questi erano i reattori che alimentavano i sommergibili d’assalto della marina russa, quelli che per intenderci davano la caccia in pieno oceano Atlantico al colosso Ottobre Rosso. Navi formidabili che grazie a questi reattori della potenza di 155 Megawatt raggiungevano in immersione anche i 44 nodi di velocità.

Il problema era che si trattava di macchine piccole, che andavano bene per i sommergibili, ma non per le grandi centrali elettriche. I russi però hanno anche continuato a non si sono fermati sullo sviluppo di questa filiera tecnologica e di reattori superveloci, loro li chiamano “ fast breeder reactor”, ne hanno realizzati almeno due: uno sulle rive del Caspio, che oltre a produrre elettricità viene usato per alimentare un potente dissalatore e un altro sugli Urali, a Beloyarsk. Si tratta di impianti con potenza maggiore, ma che ancora devono essere sviluppati per poter concorrere sul mercato internazionale.

Anche in Occidente si conosce già la tecnologia dei reattori superveloci. Solo che invece del piombo fuso, quelli occidentali usavano sodio. Un esempio è il reattore francese Super Phénix.

Che l’industria nucleare russa stia puntando su questa tecnologia non è un mistero. “ I nostri fast breeder reactor – ci aveva raccontato due anni fa a Roma Evgenii Velnichov, uno dei massimi esperti nucleari russi, quello che, per intenderci, al tempo di Chernobyl, coordinò gli interventi di messa in sicurezza della centrale e ora lavora allo sviluppo di Iter, il reattore a fusione nucleare – sono la risposta alle vostre esigenze di sviluppo. Sono sicuri, sono più economici e soprattutto sono puliti”. Perché, invece di produrre scorie, le bruciano e anzi si autoalimentano proprio eliminando quelle scorie che nei normali reattori a fissione rappresentano il principale problema di gestione.

Ai russi però mancava ancora qualcosa per poter definitivamente lanciarsi sul mercato internazionale. Da un lato servivano le conoscenze occidentali in materia di protocolli di sicurezza e dall’altro serviva semplificare il progetto del loro reattore troppo complesso per poter essere esportato chiavi in mano. Ecco che allora sono arrivati Luciano Cinotti e Domenico Libro. Che hanno portato in dote i brevetti tanto cercati dai russi. Proprio nel momento in cui, era il 2008, il governo italiano aveva appena dichiarato di voler tornare al nucleare e di aver stabilito un’alleanza di ferro con la Russia, Cinotti e Libro hanno chiuso un accordo con la russa Nikiet (un'agenzia equivalente al nostro Enea) per la realizzazione del nuovo reattore nucleare di quarta generazione. Per mesi abbiamo cercato Libro e lo stesso Cinotti al telefono e abbiamo anche strappato la promessa all’amministratore delegato di portarci in Russia per vedere e toccare con mano il prototipo del reattore, anche se prima occorreva farsi dare i permessi dalle autorità militari russe.

“ Il reattore funziona -  disse Libro nel 2009 - e ha più di ottomila ore di attività”. Il cantiere dove sarebbe stato realizzato potrebbe essere quello della grande fabbrica di Izorsky Zavod alle porte di San Pietroburgo, una fabbrica storica della marina militare russa in cui sono stati costruiti i reattori destinati ai sommergibili della Flotta del Nord. Da allora però le tracce dei due si sono perse nel mistero fitto della taiga russa.

Fino a Natale scorso, quando, accidentalmente nel corso di una cena, un giovane ricercatore italiano (ennesimo cervello in fuga) ci racconta la sua storia e ci spiega che ora lavora in Germania, presso un importante centro di ricerca dove le industrie di tutto il mondo portano i loro reat! tori nucleari (o meglio alcune loro parti) per essere collaudate. Così chiacchierando tra un fritto di pesce e un vermentino, ecco che spunta di nuovo fuori il nome di Cinotti e del suo reattore rivoluzionario. " Posso scrivere un articolo?", chiedo al giovane ricercatore. “ No assolutamente no, anzi io non ti ho detto niente”, ci racconta, assicurandosi che eventualmente non avremmo mai citato neanche il nome del centro tedesco che fa questo tipo di lavoro. Intanto però il reattore di Cinotti è tornato alla luce dopo oltre due anni di oblio. Sul sito della Del Fungo Giera Energia le notizie sono davvero scarne. E i russi hanno annunciato che il loro nuovo fast breeder reactor sarà pronto nel 2014. Forse per saperne di più dovremo aspettare altri tre anni.

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