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I MISTERI DEI CODICI Post n°221 pubblicato il 28 Maggio 2011 da BROWSERIK Tag: codici indecifrati, storia La storia è ricca di segreti: messaggi cifrati, lettere indecifrabili, codici nascosti. Alcuni sono stati risolti, altri attendono ancora di essere compresi. Nonostante la potenza dei moderni computer, infatti, l’abilità degli uomini può essere così sofisticata da mettere in difficoltà anche le macchine più potenti. Ecco, su New Scientist, una carrellata degli otto codici ancora in attesa di soluzione: dal messaggio cifrato nascosto in un libro di poesia persiano alla lettera di un musicista inglese a un’amica. Primo mistero: un assassinio poetico Nel 1948, il cadavere di un uomo fu trovato sulla spiaggia di Somerton, in Australia. Nonostante l’autopsia parlasse di avvelenamento, nessuna sostanza tossica gli fu trovata in corpo. Le analisi delle impronte digitali e dei denti non portarono a nulla, lasciando l’identità dell’uomo avvolta nel mistero. Poi ci fu il colpo di scena: in una tasca nascosta dei suoi pantaloni, la polizia trovò un pezzo di carta con su scritto “ Tamam Shud”, che in persiano vuol dire “ finito”. Pochi giorni dopo questa scoperta, un uomo che aveva parcheggiato l’auto vicino al luogo dell’omicidio si ritrovò nella macchina una copia del libro del poeta persiano Omar Khayyam “ The Rubaiyat”. L’ultima pagina aveva un pezzo strappato che combaciava con quello trovato nei pantaloni del cadavere. In più, dietro il libro c’era un codice, forse l’unico indizio capace di svelare il mistero. Per cercare di risolverlo, Derek Abbott, dell’ Università di Adelaide, sta utilizzando un software in grado di risalire al tipo di tecnica crittografica. Sino ad ora ne ha escluse 20, e continua a non pensare che il messaggio sia privo di senso. “ La frequenza con cui appaiono le lettere dimostra che il codice ha una struttura e un contenuto informativo”, ha detto Abbott a New Scientist. La sua teoria, invece, è che il codice sia composto dalle prime lettere delle parole inglesi. Secondo mistero: un tesoro nascosto Nel 1885, James B. Ward pubblicò il libro “ The Beale Papers”. Nelle pagine erano riportati tre messaggi in codice, la cui soluzione avrebbe portato alla scoperta del ricco tesoro di Beale, nascosto da qualche parte in Virginia. Secondo lo scrittore, l’eponimo Beale, prima di scomparire nel nulla, avrebbe lasciato un cofanetto con i tre messaggi in codice nelle mani di un oste, che l’avrebbe poi passato a un amico. Questo riuscì a risolvere il primo codice, formato dai numeri corrispondenti alle prime lettere delle parole scritte nella Dichiarazione d’Indipendenza degli Stati Uniti. Nel 1980, il crittografo Jim Gillogly utilizzò un computer per risolvere gli altri due, ma non riuscì a venire a capo della questione. Anzi, riscontrò nei codici numerose anomalie, tanto da dichiarare di esser quasi certo si tratti di una beffa. Terzo mistero: il codice del Mit Per celebrare il 35esimo anniversario del Massachusetts Institute of Technology, Ron Rivest, l’inventore degli algoritmi Rsa (uno dei metodi più efficaci per crittografare le comunicazioni online), ha lasciato una scatola nei sotterranei dell’Istituto. Per scoprire cosa contiene, però, bisogna risolvere un codice da 616 numeri. Per decifrarlo, bisogna prima affrontare un problema: dividere un numero da oltre 7,2 biliardi di cifre per un numero da 600 cifre. Il risultato, anch’esso un numero, deve essere convertito in una forma binaria (cioè in una serie di uno e zero) e comparato con una versione binaria dei 616 numeri originari. Ogniqualvolta gli uno e gli zero delle due stringhe si sovrappongono, il risultato è uno zero, altrimenti un uno. A questo punto il gioco è fatto (si fa per dire): basta convertire i numeri in alfabeto. Secondo Rivest, il problema iniziale è così complesso che nessun supercomputer riuscirà a risolverlo in meno di 35 anni. Almeno che non si trovi una scorciatoia. Perché il numero da 600 cifre è in realtà il prodotto di due numeri primi. Scoperti questi, il mistero si potrebbe risolvere molto più velocemente. Ma, naturalmente, la scorciatoia non è così facile da percorrere. E forse ci vorranno più di 35 anni per aprire la scatola. “ La potenza dei calcolatori non sta aumentando così velocemente come predetto”, ha detto Rivest a New Scientist. Quarto mistero: la scultura del mistero Davanti al quartier generale della US Central Intelligence Agency, c’è una scultura che è anche un mistero. Commissionata nel 1990 all’artista James Sanborn (che ha seguito lezioni sulla crittografia da agenti della Cia), Kryptos ha sopra scritto un codice da 1.735 lettere diviso in 4 sezioni. Le prime 3 sono state risolte, manca l’ultima, senza la quale non è possibile svelare il mistero. Perché Kryptos è una sorta di scatola cinese, dove la verità si scopre solo alla fine. Le prime due sezioni sono state costruite usando una versione modificata del C ifrario di Vigenère, dove le lettere dell’alfabeto sono arrangiate in una griglia chiamata “ tabula recta”. Ogni lettera nel messaggio poteva essere codificata usando una delle 26 colonne della griglia. La risoluzione della prima sezione rivelò il messaggio “ Tra l’ombra sottile e la totale oscurità c’è la sfumatura dell’illusione”. Dalla seconda sezione, invece, arrivò la frase “ A Langley lo sanno? Dovrebbero: è seppellito lì da qualche parte”, che faceva riferimento alla misteriosa sepoltura di un oggetto segreto. La terza, infine, è un passaggio del diario dell'archeologo Howard Carter, in cui racconta dell’apertura di una porta nella tomba del re Tutankhamon. Manca all’appello la quarta sezione. Per cercare di semplificare le cose, lo stesso Sanborn ha dato un indizio codificando 6 delle lettere: Berlin. “ E’ da molto tempo che ci si prova, la gente ha bisogno di incoraggiamento”, ha detto l’artista. Quinto mistero: il libro medievale Il Voynich manuscript è un libro medievale pieno di illustrazioni di piante medicinali, diagrammi astrologici, disegni di ninfe nude e indecifrabili scritti. Fu scoperto nel 1912 in un monastero italiano e probabilmente apparteneva all’Imperatore del Sacro Romano Impero Rudolph II di Boemia. Nonostante alcune ricerche ne avessero provato l’attendibilità (nel senso che la lunghezza delle parole e la combinazione dei simboli usati negli scritti segreti sembravano imitare il linguaggio reale), nel 2004 il linguista Gordon Rugg dell’ Università di Keele, in Gran Bretagna, ha pubblicato uno studio in cui affermava che il manoscritto era una bufala. Scherzo o non scherzo, il libro è comunque antico: analisi con radiocarbonio hanno provato che risale al 15esimo secolo. Sesto mistero: crittografia in musica Edward Elgar non era solo un musicista inglese, ma un crittografo. La sua melodia Enigma Variations è complementare a una famosa melodia scritta da un altro compositore, di cui Edward non ha mai rivelato il nome. Ma i suoi giochetti non finiscono qui. Nel 1897, infatti, scrisse una lettera in codice alla sua amica Dorabella Penny, che la pubblicò 40 anni dopo ammettendo di non essere riuscita a decifrarla. La lettera era composta da 87 caratteri e conteneva 24 simboli scarabocchiati sparsi su 3 righe. Probabilmente si tratta di un semplice codice in cui ogni simbolo equivale a una lettera, ma sino ad oggi nessun tentativo di decifrarlo in questo modo è andato a buon fine. Tanto che nel 2007, la Elgar Society ha organizzato una competizione per premiare chi risolvesse il codice. Ma nessuno c’è ancora riuscito. Settimo mistero: la macchina dell’Enigma Nella Seconda Guerra Mondiale, dalla crittografia scritta si passò a quella “ computerizzata”. Una delle prime macchine capaci di trasformare un testo leggibile in un messaggio in codice fu l’ Enigma machine, utilizzata per la prima volta dalla marina tedesca nel 1926. La macchina usava tre o quattro rotori meccanici per “mescolare” i circuiti elettrici che assegnavano un codice alle lettere da cifrare. Grazie all’aiuto del matematico britannico Alan Turing e ai computer chiamati Bombes, gli Alleati riuscirono a decifrare molti dei messaggi tedeschi. Altri, invece, sono ancora oggi un mistero. Nel 2006, il crittografo amatoriale Stephen Krah ha avviato il progetto HYPERLINK, con cui ha reclutato centinaia di computer in tutto il mondo per risolvere i messaggi ancora irrisolti. Ottavo mistero: il killer dello zodiaco Dal dicembre del 1968 all’ottobre del 1969, un serial killer che si faceva chiamare “ Zodiaco” uccise almeno sette persone a San Francisco. Per sbeffeggiare la polizia, mandava messaggi in codice la cui risoluzione, diceva, avrebbe svelato la sua identità. I primi tre codici contenevano simboli al posto delle lettere. Quando furono risolti (confidando che i messaggi contenessero le parole “ uccidere” o “ omicidio”), il testo che ne uscì parlava del piacere che il killer provava nell’uccidere le sue vittime, ma nessun indizio sull’identità. Nel 1969, lo Zodiaco mandò un nuovo codice da 340 caratteri, diverso dai precedenti e mai risolto. Ci provò, nel 2009, Ryan Garlick dell’ Università del North Texas, in Usa, usando un cosiddetto algoritmo genetico. Il metodo prevedeva di generare possibili combinazioni tra simboli e lettere dell’alfabeto. Poi si studiavano quali combinazioni di simboli corrispondessero alle parole più comuni in inglese. Le combinazioni migliori venivano quindi scelte e sottoposte a ulteriori combinazioni. Nonostante questo metodo abbia permesso di risolvere i primi messaggi, non è stato risolutivo per quello del 1969. href="http://posterous.com"> da site_name (())
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