mercoledì 20 aprile 2011

«Il nostro welfare si rivela inadeguato ai nuovi bisogni» - Il Sole 24 ORE

Nel suo ultimo saggio, che sarà pubblicato sulla rivista dell'European Social Foundation, si interroga sulle possibilità di lavoro e di vita che il nostro Paese offre ai giovani. E Paolo Barbieri, professore di Sociologia Economica a Trento, si dà una risposta lapidaria, che è anche il titolo dell'articolo: "Italy, no country for young men and women". La causa, secondo Barbieri, sarebbe da ricercare in due fattori: un mercato del lavoro troppo frammentato e un sistema di welfare inadeguato ai bisogni delle nuove generazioni. Ragioni che determinano anche l'aumento dei giovani Neet. «I contorni del problema oggi appaiono più chiari. Si sapeva dell'esistenza di un'ampia quota di under-30 inattivi ma solo negli ultimi anni si è cominciato a studiare questo fenomeno, che è rilevante oltre che in Italia anche in Spagna e in Svezia».
Perché secondo lei i giovani Neet aumentano?
Per le caratteristiche della deregolamentazione del mercato del lavoro della metà degli anni Novanta, che è stata parziale e selettiva: parziale perché metteva mano solo al sistema degli accessi, attraverso contratti più deboli e meno costosi; selettiva perché dedicata ai giovani. A ciò si deve aggiungere il fatto che sempre in quegli anni si sono aperte le riforme del welfare: a fronte di una riduzione dei diritti pensionistici, si prevedevano nuovi e più lunghi requisiti contributivi. La combinazione di questi due fattori ha creato e crea situazioni di esclusione che vedono protagonisti proprio i giovani.
Chi sostiene queste persone?
Quello dei Neet è un problema socialmente poco esplosivo. Questi due milioni di ragazzi che non studiano né lavorano sono mantenuti dalle famiglie, con le quali vivono, e non pesano sulle casse dello Stato. In Italia non esiste infatti un welfare che li aiuti ad andare avanti: il sistema pensionistico che abbiamo, e che è tra i meno costosi d'Europa, non copre tutta una serie di rischi sociali, tra cui appunto la disoccupazione, e lascia soli i ragazzi. Che nell'immediato non costano niente.
C'è per loro un futuro lavorativo stabile?
Se guardiamo all'esperienza spagnola possiamo dire che no, per loro non ci sono prospettive di un posto fisso: il mercato del lavoro secondario anche in Italia tende ad allargarsi e ormai si è passati da una "job security", la certezza di mantenere quel determinato posto di lavoro, ad altre forme di sicurezza, come ad esempio l'"employer security", la garanzia cioè di avere sempre un'occupazione nell'arco della vita lavorativa. Ma per essere sempre appetibili per questo mercato del lavoro, è necessaria una continua formazione.
I dati dicono però che la metà dei Neet ha almeno un diploma.
E che i laureati sono più soggetti a entrare nel mondo del lavoro con un impiego precario: ciò significa stipendi più bassi del 25-30% rispetto ai lavoratori più tutelati e rischio di restare senza un'occupazione stabile fin oltre i 35 anni. Davanti a questo la risposta deve essere l'investimento di sempre maggiori risorse nell'istruzione, l'unica in grado di garantire la crescita delle giovani generazioni.
Quali sono le conseguenze di questo fenomeno?
Dal punto di vista pensionistico, con la riduzione della quota degli occupati si riduce anche quella dei contribuenti, e quindi rischia di andare in crisi tutto il sistema previdenziale. Da quello sociale, invece, le conseguenze sono sia in termini di creazione delle famiglie, con le donne che rimandano l'accesso alla maternità, sia di ingresso nell'età adulta. I giovani non escono di casa, non concorrono al bene comune e la società non progredisce.G. B.
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