lunedì 18 aprile 2011

Il potere nascosto del “mi piace” - Wired.it

Il potere nascosto del “mi piace”

Piccoli gesti volontari – come cliccare sul bottone “like” di Facebook – possono cambiare radicalmente l’opinione delle persone, trasformando incertezze o tiepide approvazioni in credo indissolubili. L'esperimento del New Yorker 

18 aprile 2011 di Caterina Visco

Il potere nascosto del “mi piace”

Il potere nascosto del ���mi piace���

 

  • Il potere nascosto del “mi piace”

    Il potere nascosto del “mi piace”

    Il potere nascosto del ���mi piace���

Un trucco per guadagnare influenza e popolarità è fare in modo che qualcuno metta “ mi piace” alla tua pagina Facebook. Lo sanno i candidati presidenziali come Barack Obama, i grandi brand, le riviste letterarie o i gruppi musicali, che riservano alcuni dei loro contenuti online ai fan delle loro pagine sul popolare social network. Questo perché, come gli psicologi hanno scoperto da tempo, piccoli gesti volontari – come cliccare sull’icona “mi piace” – possono cambiare radicalmente l’ opinione delle persone, trasformando incertezze o tiepide approvazioni in credo indissolubili.

Si chiama razionalizzazione o, in gergo accademico, dissonanza cognitiva, ed è una delle forze cognitive più potenti e conosciute, portata alla ribalta da Leon Festinger alla fine degli anni ’50. All’epoca il ricercatore mostrò, con un piccolo esperimento, quanto fosse facile manipolare la mente degli studenti e fargli apprezzare un gioco noiosissimo. Dopo un’estenuante ora di attività, infatti, Festinger offrì a metà degli studenti un dollaro per mentire a un altro studente spacciando il gioco per divertentissimo; all’altra metà offrì invece 20 dollari per fare la stessa cosa. Dopo diversi giorni chiese agli stessi studenti cosa pensassero alla fine del gioco: chi aveva ricevuto un dollaro era più propenso a dare comunque un giudizio positivo rispetto agli altri. Quelli che avevano ricevuto 20 dollari, infatti, avevano facilmente razionalizzato il fatto che la loro menzogna fosse dovuta a un motivo prettamente economico. Gli altri, invece, avevano bisogno di convincersi che a loro il gioco fosse piaciuto davvero, pur di non ammettere che la loro integrità potesse essere venduta per un misero verdone.

Questo principio viene applicato anche su Facebook, come mostra una piccola trappola realizzata dalla rivista The New Yorker. Il giornale ha imposto come condizione per leggere l’ultimo racconto di Jonathan Franzen quella di diventare fan della pagina della rivista. A questo punto, tutti i lettori che avevano accettato il compromesso, e che quindi avevano visto comparire la loro scelta sul wall di tutti i loro amici, hanno avuto bisogno di razionalizzare la loro azione. Di conseguenza molti sono diventati grandi sostenitori della rivista, autoconvincendosi che quel contenuto fosse veramente meritevole di essere conosciuto e condiviso dai loro amici. Si sono quindi trasformati nel tipo di fan di cui un marchio o un politico ha più bisogno: utenti molto attivi, che diffondono informazioni, creano video virali e reclutano sempre nuovi “amici”.

Questi trucchi però sono vincenti anche grazie a un altro complice: la pigrizia. È cognitivamente più semplice attribuire un credito maggiore a qualcuno che sembra influente piuttosto che pensare a quello che dice. Per esempio, le persone bene informate e gli ascoltatori attenti non si lasciano ingannare quando una celebrità accorda la propria approvazione a un candidato.

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