venerdì 13 maggio 2011

Sul nome B.A.C.H. contrappunti con L'arte della fuga

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Home Teatro Musica Lavoro Arredamento Ricerca Case Ricerca Moto Ricerca Auto Login • Iscriviti • Anno 5 - Numero 20 Sul nome B.A.C.H. contrappunti con L'arte della fuga ▼LE RUBRICHE▼RECENSIONI ▼SERVIZI ▼CHI SIAMO Casting e Provini Recensioni sul Cinema Italiano Le Recensioni sui film italiani in programmazione nelle sale Cerca PRECEDENTE Sul nome B.A.C.H. contrappunti con L'arte della fuga Un viaggio da Eisenach a Lubecca, sulle tracce di Bach, dentro una delle opere più emblematiche e assolute. Film, Italia - Germania, 2008/2011 - Durata: 115’ Ideazione, regia e sceneggiatura di Francesco Leprino “Qualcosa di più di un film, un viaggio nel mondo di Bach, delle sue passioni, della sua musica”. Così è stato definito, durante la presentazione avvenuta a Milano alla Terrazza Martini, quest’ultimo lavoro musicale di Francesco Leprino, regista, musicologo e musicista che lavora non “con” ma “tra” immagine e musica. Una personalità amante della completezza dell’arte e che da anni insegue il sogno di abbattere i confini che racchiudono i fruitori delle diverse espressioni artistiche: coinvolgere gli appassionati di lirica nell’ascolto della musica concertistica, gli appassionati di arti visive nell’ascolto dei capolavori della musica. Coerente con la sua concezione di fruizione complessiva dell’arte, ha prodotto un film di difficile definizione. Non è una biografia del grande genio musicale, è molto di più: è il ripercorrere i suoi ultimi dieci anni di vita scavandone i moti più segreti dell’animo attraverso la sua ultima musica, il capolavoro incompiuto dell’Arte della Fuga, interpretando attraverso di esso l’evoluzione dell’animo di Bach, il suo percorso esistenziale, sempre più metafisico. Un’impresa per la quale si potrebbe adottare la definizione di Quirino Principe che, in una dichiarazione all’interno del film, sostiene che la musica di Bach “sembra essere fatta come qualcosa che abbia una sua superficie liscia, nella quale possiamo penetrare solo con la visione orizzontale e ammirarla nella sua sapienza. Poi, se invece riusciamo a penetrarvi, vediamo in essa tante scatole una dentro l’altra, in cui ci sono i segreti di fabbricazione”. Nel film di Leprino non vedremo i segreti di fabbricazione, ma i tanti apporti alla comprensione del grande genio e della sua opera attraverso tutte le componenti del suo mondo, personale e artistico. C’è la biografia, l’ambiente che lo vide nascere e vivere, ci sono i testimoni a lui contemporanei e il suo mondo degli affetti, i testimoni di oggi. Di lui, subito dopo la morte, parlerà il figlio Carl Philip Emanuel; poi il suo primo biografo, Forkel. Alla moglie Anna Magdalena il film dedica un cammeo mentre le testimonianze di oggi sono quelle di personalità di fama internazionale non solo nel mondo della musica. Riuniti in un ideale consesso con musicisti e musicologi troviamo anche Douglas Hofstadter, logico cognitivo, il filosofo Salvatore Natoli e il matematico Benedetto Scimeni, perché Bach fu un autore poliedrico e poliedrico è il suo “prodotto”. Il suo mondo musicale è un mondo di simmetrie, di gusto per i giochi e le combinazioni numerici. La sua opera viene composta su un piano logico-matematico, spirituale, esoterico, magico-numerico. Le sue sono partiture che si aprono a scatole cinesi, fruibili da grandi platee ma che si aprono anche a fruizioni più sofisticate. Di nuovo vengono alla mente le parole di Quirino Principe: la superficie liscia, ingannevolmente semplice da comprendere, sotto la quale si apre un mondo di incastri e di profondità. Nella fuga e nel contrappunto il soggetto musicale viene invertito, rispecchiato, guardato al contrario come in un ologramma. Il tema è lo stesso, ma viene visto, secondo il paragone di Leprino, “come in uno specchio spezzato, da diverse angolazioni”. Su Bach si sarebbe potuto fare un’opera sul filo della Passione secondo San Matteo, più dinamica, con un forte climax di passione. Una musica più facile da rendere in un film. Si è invece scelto la distillazione della sua musica, prendendo a filo conduttore un lavoro più difficile, quello degli ultimi anni di vita del compositore, che non comprende più il suo mondo che sta cambiando, se ne sente estraneo e si rifugia in una musica di ispirazione rinascimentale, una musica intesa come “ars”, arte combinatoria. Racchiudere il gigantesco genio di Bach in un film è una sfida persa in partenza. Meglio, secondo l’intento di Leprino, coglierne solo “la sua decantazione e la sua astrazione. L’arte della fuga, senza apparente destinazione strumentale e senza un nome … è lasciata incompiuta da Bach e costituisce, insieme alle ultime, per certi versi enigmatiche, opere … un cosciente testamento per il futuro, per l’eternità. .. E si può racchiudere in quel picciol vaso che è la lanterna magica del cinema, in cui possono trovare posto anche le tante vicende e i tanti luoghi vissuti da Bach”. Il filo rosso che collega luoghi, vicende, personaggi è la figura stessa di Bach, una figura fantasmatica, che appare e scompare lungo la narrazione, impersonata da Sandro Boccardi, l’ideatore della fortunatissima rassegna milanese “Musica e Poesia a San Maurizio”. Un viaggio non solo nella musica, ma nella stessa esperienza di vita di Bach attraverso un fluire di musica e di immagini, di voci e di luoghi che ci fanno partecipi della fantastica avventura esistenziale del grande genio. Questa è la proposta del film, che si potrebbe intitolare “Bach e i suoi fantasmi” : un rapporto dinamico tra la realtà e le sue ricezioni, a cominciare dal nome stesso: Bach era il suo nome di famiglia, ma B.A.C.H. era la sua firma musicale, risultato dell’insieme delle lettere che nell’usanza tedesca rappresentavano le note 'Si bemolle, La, Do, Si naturale', componendo un tema che Bach usò anche nel quarto soggetto della fuga finale (Contrapunctus XIV) dell’incompiuta Arte della fuga. Inserita il 12 - 05 - 11

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