WikiLeaks: multa di 14 milioni di euro a chi apre bocca
C’è una cosa che accomuna Assange e il Pentagono: il timore della fuga di notizie. Per questo il primo fa firmare ai suoi collaboratori un accordo che prevede una salatissima multa. Il motivo? Puramente commerciale
13 maggio 2011 di Tiziana MoriconiWikiLeaks
WikiLeaks
Pagina successiva“ Confidentiality Agreement” è il titolo. Poi segue il testo di un contratto, che si fa subito interessante quando appare il nome di una delle due persone coinvolte: Julian Assange. Sarebbe un documento riservato, ma non essendo firmato ed essendo il nome del secondo firmatario opportunamente cancellato, New Statesman non ha commesso illecito, quando ieri ha deciso di renderlo pubblico.
Si tratta di un accordo di non divulgazione che, a quanto pare, WikiLeaks chiede di firmare a coloro che vogliono avere accesso a parte del suo ghiotto database, ribadendo il concetto che le informazioni sono di sua esclusiva proprietà. Perché – si legge nel contratto – queste informazioni hanno, per loro natura, un elevato valore commerciale e l’uso improprio o la loro diffusione non autorizzata potrebbe causare a WikiLeaks dei danni considerevoli. Di immagine, certamente, ma soprattutto sotto forma di perdita di un’occasione: quella di vendere le informazioni, centellinandole, ad altri giornali, siti web, e così via.
Ovviamente i danni sono stati quantificati: 12 milioni di sterline (circa 14 milioni di euro) è la penale che dovrà pagare chiunque provochi una fuga di materiale inedito. Insomma, il trafugatore di informazioni per definizione si vuole tutelare contro gli altri rappresentanti della sua stessa specie.
Ma, mentre Assange cerca di difendersi dai giornalisti, il Pentagono cerca di difendersi da Assange. Da mesi e mesi sta cercando il modo di proteggere le sue informazioni riservate, e ora anche il Congresso sta intervenendo e chiede che il lavoro sia finito in un anno e mezzo.
Si sta preparando un progetto di legge di autorizzazione, passato proprio ieri a un primo scrutinio il Committee on Armed Services della Camera, in cui si chiede che il Dipartimento della Difesa metta in atto un sistema di insider-detection, per individuare in tempo reale ogni acquisizione sospetta di un’informazione sensibile.
A tal fine, si renderebbe necessario un monitoraggio centralizzato per rilevare tutte le azioni non autorizzate che riguardino il trasferimento di dati. La Darpa (Defense Advanced Research Projects Agency) ha cominciato a preoccuparsi già la scorsa estate, lanciando un programma e mettendovi a capo la star degli hacker Peiter Mudge Zatko. Il progetto si chiama Cyber Insider Threat (o Cinder) e l’intento è praticamente lo stesso del sistema di insider-detection che vorrebbe il Congresso. Anche in questo caso, si prevede di essere pronti per ottobre 2012.
E intanto? Al Pentagono si procede con misure restrittive da film di spionaggio: minacce al personale che consenta ai propri familiari di accedere a WikiLeaks, bando dei siti web che pubblichino informazioni provenienti dai cables. Queste misure sembrano però avere uno effetto boomerang.
via daily.wired.it
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