giovedì 19 maggio 2011

Il potere rende insensibili - Wired.it

Il potere rende insensibili

Chi occupa posizioni importanti non riuscirebbe a vedere e rispettare i sentimenti altrui. Ecco cosa dicono gli psicologi dopo l'accusa di stupro all'ex presidente del Fondo monetario Dominique Strauss-Kahn

19 maggio 2011 di Martina Saporiti

strauss kahn

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    strauss kahn

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Tu non sai chi sono io”. Quante volte, nei film come nella vita reale, abbiamo sentito queste parole uscire dalla bocca di uomini importanti. Perché, se a rigor di logica chi riveste ruoli di potere dovrebbe dimostrare maggiore razionalità, onestà e capacità di autocontrollo,i fatti dimostrano il contrario. Le notizie che spopolano sulle prime pagine dei giornali, infatti, sono ben altre e ci raccontano sempre più spesso di scandali e accuse rivolte a uomini importanti. L’ultimo caso è sotto gli occhi di tutti. Dominique Strauss-Kahn, presidente del Fondo monetario internazionale, è stato accusato di brutale violenza da una cameriera. Kahn si è dimesso, ma continua a ribadire la sua innocenza. Spetterà ai giudici ricostruire i fatti per portare a galla la verità, ma intanto una domanda ci assilla: cosa fa il potere agli uomini?

Secondo un famoso politico italiano “ il potere logora chi non ce l’ha", ma a sentire il parere degli psicologi, invece, sembra che il potere sia una malattia che rende insensibili ai sentimenti altrui. In altre parole, un uomo potente (o donna, anche se a dire il vero gli scandali in rosa sono di ben altro tenore rispetto a quelli maschili) sarebbe meno propenso ad accorgersi e curarsi delle emozioni di chi gli sta accanto. Ci sono anche delle prove fisiche a dimostrarlo, per esempio il fatto che un uomo importante, quando parla con un’altra persona (soprattutto se non conta nulla), tende a non guardarla negli occhi. Ed è noto che il contatto visivo è il primo passo per stabilire un legame emotivo.

Lo psicologo della Northwestern University Adam Galinsky, che da anni si occupa dell’ etica e dei processi decisionali delle persone che rivestono ruoli di management, ha condotto numerosi studi per capire in che modo il potere influenzi il pensiero e il comportamento. In un esperimento, il ricercatore ha sollecitato alcuni volontari a descrivere un’esperienza in cui avevano avuto potere decisionale e una in cui si erano ritrovati a essere la cosiddetta ultima ruota del carro. Gli ha poi chiesto di disegnarsi in fronte la lettera " e". Ha così scoperto che, quando immersi nel racconto di potere, i volontari tendevano a disegnare la lettera al contrario rispetto al punto di vista di un esterno. Gli psicologi la chiamano miopia del potere, cioè il non curarsi del punto di vista altrui. Come dire, io sono al centro del mio mondo e il resto non conta.

Il paradosso della situazione è che gli uomini potenti non solo non si rendono conto della loro miopia, ma sono convinti di essere nel giusto. In un altro esperimento, Galinsky ha diviso i volontari in due gruppi, chiedendo al primo di pensare a un’esperienza di potere, al secondo di immaginare una situazione di impotenza. Li ha poi spinti a dare un giudizio morale (con un punteggio da 1 a 9) a un comportamento scorretto (aver gonfiato i rimborsi spese per viaggi di lavoro) e a giocare a dati.

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