martedì 17 maggio 2011

Lago Morto. L’hardcore col marchio | Artribune

Lago Morto. L’hardcore col marchio

Momenti della performance alla Fondazione Remotti – Lago Morto from Vittorio Veneto + Lago Morto from Camogli

Martellante, accelerato, violento, graffiante. L’hardcore spezza in gola l’energia roca del suono e la contrae nello spazio rapido di un brano. Riff veloci e linee distorte, con la musica che corre felina, fra impertinenze underground.
Nico Vascellari
arriva da quel mondo lì: il punk rock dei sobborghi di Nordest; gli scantinati umidi, dove macinare suoni sgarbati e stridenti; i concerti nei locali di provincia; i circuiti indie lontani dal mainstream; la rabbia dell’anti-sistema, urlata a suon di decibel.
Decolla in fretta l’avventura con i With Love, pregevole realtà dell’hardcore nostrano. Tanti dischi, una sfilza di concerti e una nutrita fetta di fan. Tutto questo s’intreccia con l’arte contemporanea, altro terreno di ricerca, fino a raggiungere una sintesi fatta di voce, corpo, scena, presenza: eventi rituali e temporanei che lui ama definire, classicamente, “sculture”. La dimensione per eccellenza resta quella della performance, luogo fisico dello sconfinamento e del disequilibrio, della caduta e della corsa, della frammentazione e del crossing.

Nel 2009 s’inventa Lago Morto, progetto incluso nella mostra Rock – Paper – Scissors al Kunsthaus di Graz. In realtà Lago Morto è il nome di una band, fondata proprio da lui, Nico, frontman dall’ugola selvatica. Lo affiancano altri tre elementi, arrivati da gruppi della scena veneta, come A Flower Kollapsed o i Lucertulas. A breve termine il programma: vivere per il tempo esatto di una tournée. Cattivi e veloci come un pezzo punk. Sedici le date, tutte concentrate a Vittorio Veneto, città natale di Nico.
Le location dei concerti? Atipiche, a dir poco. Niente pub, piazze, ville, spazi autogestiti. Nei 15 days of struggle in cui si concentra il tour, i Lago Morto mettono a soqquadro, tra pogate e derive screamo, una pizzeria, un negozio dell’usato, una lavanderia a gettoni, un bar.

Il logo di Lago Morto

L’intenzione? Continuare ad aprire varchi dissonanti, contrapposti a quell’industria musicale che sforna band artificiali, lontane dalla verità dei luoghi e delle persone. Il piccolo dispositivo ruvido di Lago Morto punterebbe invece a una dimensione locale e autentica, fatta di gente comune, di incontri, di posti qualunque. Micro-aggressioni mirate, per confondere i contesti e restituire valore all’iniziativa dal basso.

A tre anni da quel movimentato tour, il progetto sbarca alla Fondazione Remotti di Camogli, mettendo insieme per la prima volta la miriade di materiali raccolti qui e là: foto dei concerti, video, poster, flyer, collage, disegni, scritti. Spostamento geografico e cambio di location sono le prime variazioni su tema che saltano agli occhi. Non più il Veneto, ma la Liguria; non più osterie e negozietti, ma un importante spazio per l’arte.
E non è tutto. Le performance, stavolta, sono due. Dopo gli or

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